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Hatari! | Howard Hawks, John Wayne e quel film per bambini nell’Africa selvaggia

L’eroico Dr Player, la sceneggiatura di Leigh Brackett, Elsa Martinelli, l’assenza di Clark Gable

Hatari!
Hatari!

ROMA – «Era la storia di un gruppo di persone che catturavano animali, e non avevo intenzione di metterci altro». Disse così Howard Hawks al giornalista e studioso di cinema Joseph McBride (Hawks on Hawks) a proposito dell’essenza filmica di Hatari!. Pellicola del 1962 da cui, a dire il vero, il maestro della linearità classica Hawks prese le distanze dal risultato finito. Un’opera ambigua Hatari!, bollata dai critici del tempo come «Una pigra vacanza africana», concepita per il pubblico adulto, ma resa grande dai bambini che lo elessero il film Paramount più profittevole di quell’annata cinematografica. Il motivo di una simile forbice valoriale? La sua impareggiabile inerzia narrativa, ma ci arriveremo. Tutto ciò che voleva Hawks da Hatari! era infatti un’avventura esotica. Un caustico safari ricco di scene al cardiopalma per un’opera dal concept tutto sommato originale liberamente ispirata alle gesta del Dr. Ian Player.

«Una pigra vacanza africana»

Un eroico ambientalista sudafricano che nel 1952 mise in salvo trecento rinoceronti bianchi dal sistematico massacro di animali selvatici ordito dal suo governo al fine di proteggere il bestiame dei contadini. Perfetta ispirazione caratteriale per il Sean Mercer di un John Wayne che dopo i fortunati Il fiume rosso e Un dollaro d’onore tornò a collaborare con quel Hawks che più di tutti (più di John Ford per certi aspetti) riuscì a valorizzarne il talento in valore assoluto: «John è sottovalutato. È un attore terribilmente bravo. Tiene insieme il film, gli conferisce solidità e onestà. Riesce con forza a rendere credibili molte cose, più di chiunque altro sullo schermo». Una suggestione avventurosa e ambiziosa Hatari! che all’inizio della lavorazione non prevedeva nemmeno una reale sceneggiatura: solo immagini di selvatiche catture sullo sfondo africano. E che immagini!

Le origini di Hatari!: l'eroico Dr. Player
Le origini di Hatari!: l’eroico Dr. Player

Non solo gli animali immortalati nelle sequenze erano appartenenti alla fauna del luogo/non addestrati, ma per mantenere vivido il realismo Hawks pretese che le sequenze fossero eseguite dagli attori stessi, non da stuntman/addestratori esperti (cosa oggi pressoché impossibile non fosse altro per gli onerosissimi rischi assicurativi). Soltanto in un secondo momento Hawks affidò il materiale girato fino a quel punto alla fidata sceneggiatrice Leigh Brackett (già firma dei precedenti Il grande sonno e Un dollaro d’onore) così da legarle ad uno script coerente e produttivamente spendibile. Un processo produttivo insolito dalla polarità invertita che nel passaggio dall’immagine alla carta e ancora all’immagine finì con il delineare la forma originale e magica di un Hatari! che come ogni opera filmica targata Hawks vive di una certa vacuità strutturale caratterizzata da semplicità e immediatezza su cui far germogliare solide e colorate relazioni sceniche nei ritmi dialogici netti e sferzanti.

«Il più geniale film del mondo. Inizia come un film d’avventura, si trasforma in un film d’amore, e termina come film per bambini»

In Hatari! però, proprio per via delle mature atmosfere africane alla base, la strutturalità hawksiana determina come un dislivello cognitivo fiabesco tra le caustiche sequenze avventurose e il garbo e l’ironia delle vicende personali dei protagonisti – tutti facenti parte di un utopico microcosmo multiculturale dall’agire coeso – la cui impossibile e stridente unione filmica lungo il dispiego dell’intreccio arricchisce la creatura narrativa Hatari! di vivaci sfumature umoristiche e romantiche che finiscono con il mutarne l’inerzia con grazia così da rendendolo – almeno a detta del biografo ufficiale di Hawks/Todd McCarthy – «Il più geniale film del mondo. Inizia come un film d’avventura, si trasforma in un film d’amore, e termina come film per bambini». Già, l’amore! In Hatari! è tutto cucito addosso alla dinamica relazionale John Wayne/Elsa Martinelli. Probabilmente la più improbabile coppia del cinema moderno, eppure preziosa per gli equilibri del racconto perché traslato motore della sopracitata transizione.

Elsa Martinelli e John Wayne in una scena di Hatari!
Elsa Martinelli e John Wayne

Hatari! si consegnò alla storia del cinema anche per ragioni extra-schermo. Risultò essere infatti l’ultimo lungometraggio girato in Tanganica (oggi Tanzania) prima che questa raggiungesse l’indipendenza dall’Impero Britannico nel dicembre del 1961. Al tempo della lavorazione il Tanganica era la più ricca e meglio gestita tra le tre nazioni britanniche dell’Africa orientale (Kenya e Uganda). Il suo primo presidente da Repubblica indipendente, Julius Nyrere, viveva di ideali patriottici elevati e credeva nello spirito di squadra tra la gente. Come spesso capitato nelle giovani repubbliche africane però fu impopolare. Introdusse infatti un sistema di forte nazionalizzazione caratterizzato da una forte tassazione e una marcata svalutazione della moneta estera nel tasso di cambio che finì con il causare gravi (e irrimediabili) problemi economici alla nazione: di lì in avanti sarebbe stato praticamente impossibile vedere una grossa produzione interessarsi al Tanganica/Tanzania come meta appetibile del location scouting.

L’ultimo film girato in Tanganica

Eppure Hatari! sarebbe potuto essere ancora più grande della sua fama e del suo già immenso retaggio sessantennale. È noto infatti come in origine ci sarebbe dovuto essere anche Clark Gable nel cast. Sarebbe dovuto essere lui volto e corpo del Dr. Sanderson (ruolo poi andato ad Eduard Franz). Nel 1960 aveva accettato di recitare al fianco di John Wayne dettando una duplice condizione: che fosse suo il primo nome ad apparire nei titoli di testa/manifesti e che ricevesse un milione di dollari di stipendio più il 10% degli incassi. Richiesta tuttavia respinta dalla Paramount che piuttosto che aumentare il budget per assicurarsi Gable, incaricò la Brackett di modificare la sceneggiatura in modo da ridimensionare fortemente il ruolo di Sanderson. Non un ingaggio esorbitante comunque. Basti pensare che per il film precedente, Gli spostati di John Huston, Gable fu pagato 750.000 dollari più il “solito” 10% degli incassi.

L’ultimo film di Clark Gable, almeno nelle intenzioni…

Un po’ tristemente, pure che la Paramount avesse accettato le sue richieste, non sarebbe comunque riuscito a prendere parte ad Hatari!. All’indomani dalla fine della faticosa lavorazione de Gli spostati dove l’ex-Rhett Butler si distinse per aver eseguito da sé tutti gli stunt – quindi in piena linea con la realistica ratio filmica di Hatari! – Gable morì di infarto a 59 anni dopo una vita intera carburata da alcool e fumo. Non gli riuscì mai di collaborare sullo schermo con Hawks a cui era pure legato da un’amicizia trentennale. Celebre, in tal senso, un gustoso aneddoto datato 1932 che racconta di una battuta di caccia tra Hawks, Gable, e lo scrittore/sceneggiatore/giornalista William Faulkner. Gable, dopo un paio d’ore, chiese quasi ingenuamente a Faulkner: «Lei scrive?». Domanda a cui lo scrittore rispose piccato: «E lei di cosa si occupa signor Gable?», un’altra storia del nostro amato cinema.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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