ROMA – Nel 1973 John Lennon e Yoko Ono fondarono Nutopia, una micronazione concettuale e indipendente. Una risposta ai problemi dell’ex Beatle riscontrati per ottenere la Green Card che diede il via a uno stato senza confini e senza leggi. Qualche anno prima, più precisamente il primo maggio 1968, mentre l’Europa era attraversata dall’onda delle manifestazioni studentesche, l’ingegnere Giorgio Rosa anticipava la coppia di artisti e proclamava l’indipendenza della sua Isola delle Rose. Cos’era? Una costruzione in acciaio eretta a largo di Rimini, fuori dalle acque territoriali, in cui la libertà individuale era il valore assoluto e in cui valeva una sola regola: niente regole. Una storia raccontata nel 2020 da Sydney Sibilia in un film, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, che trovate in streaming su Netflix.

A dare voce e corpo al genio visionario di Giorgio Rosa ecco una garanzia: Elio Germano, che incarna sogni e utopie dell’uromo in una storia scritta da Sibilia insieme a Francesca Manieri (già nome dietro Veloce come il vento e poi anche su We Are Who We Are) che celebra il coraggio e la forza del singolo. Lì dove gli altri vedono solo tubi di acciaio, Rosa immagina infatti un mondo nuovo per sovvertire una società votata all’omologazione – e chissà cosa avrebbe pensato dei nostri tempi ossessionati dai like e dai social – diventando lo strumento per Sibilia di raccontare cosa accede quando si prova a volare più in alto dei limiti imposti.

Quando può essere pericolosa un’idea? E quanto può far paura una libertà non concessa dall’alto? Da queste domande L’incredibile storia dell’Isola delle Rose parte per raccontare un pezzo d’Italia di fine anni Sessanta, tra la voglia di affrancarsi dalla generazione precedente e l’ombra di una politica incapace di confrontarsi con il nuovo. Divertente e leggero eppure capace di aprire ad una riflessione profonda schierando da un lato Giorgio Rosa e la sua banda di amici – su tutti un’eccezionale e inedito Tom Wlaschiha – e dall’altro la classe dirigente rappresentata dal Presidente del Consiglio Leone (Luca Zingaretti) e dal ministro degli Interni Restivo (Fabrizio Bentivoglio).

Proprio quest’ultimo, uno dei padri della Costituzione e dell’articolo 11 – “L’Italia ripudia la guerra” –, spingerà affinché il nostro Paese dichiari guerra a quell’isola, simbolo di un pericoloso precedente da (letteralmente) affondare. In mezzo a queste due realtà così polarizzate c’è Gabriella (Matilda de Angelis), personaggio ponte tra l’Isola e le stanze del Quirinale, dalle sfumature necessarie per mostrare le ragioni dell’una e dell’altra parte. Un film che per molte cose ricorda anche un piccolo cult inglese come, I love Radio Rock (ve lo abbiamo raccontato qui) dove avevamo invece un grigio Kenneth Branagh a offuscare i sogni di libertà di un gruppo di folli e la loro radio libera in mezzo al mare. Infatti la micronazione avrà vita breve: il 25 giugno 1968 fu sottoposta a blocco navale, e fu demolita da sommozzatori della Marina Militare.

Giorgio Rosa sarebbe poi morto nel 2017, oggi è sepolto alla Certosa di Bologna, ma grazie a L’incredibile storia dell’Isola delle Rose è più vivo che mai. Un film che con le scenografie di Tonino Zera e la fotografia e i costumi, rispettivamente di Valerio Azzali e Nicoletta Taranta, ci fa immergere in un 1968 pastello e spensierato, lontano dalla rappresentazione del ’68 al cinema. Lo zampino di Groenlandia c’è e si vede nell’ambizione del progetto e nella cura ai dettagli – dagli effetti speciali al cast – e la colonna sonora di Michele Braga, alternata a canzoni che spaziano da Jimi Hendrix ai Mama & Papas, fa il resto. E così come Rosa si costruì il suo mondo, Sydney Sibilia ha creato il suo 1968. Un inno al coraggio di andare in un’altra direzione, ai sogni e a un’utopia che diventa realtà. In tempi come questi non è poco…
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- VIDEO | L’Intervista de L’Isola delle Rose:
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