MILANO – Abbiamo una notizia, buona o brutta lo deciderete voi: su Netflix è arrivato Tiger King, ovvero, la docuserie che ha mandato in tilt mezzo mondo e che in questi giorni sta facendo concorrenza alla sua rivale più “simile” ovvero La Casa di Carta. Se vi siete persi l’origine di quello che molti già etichettano come un fenomeno, niente paura: ora proviamo a capire perché tutti ne stanno parlando. Partiamo dalla storia. In sette episodi diretti da Rebecca Chaiklin e Eric Goode si racconta la folle, assurda, caotica vicenda di Joe Exotic.

Lui è il Tiger King in questione. Un personaggio che definiamo eccentrico per non dire grottesco, forse inquietante. «Gay fanatico, completamente pazzo, armato e drogato» è l’idilliaco ritratto che un suo ex collaboratore fa di lui. Capelli biondi improbabili, un culto della personalità esagerato, vanesio oltre ogni limite, il soggetto potrebbe tranquillamente candidarsi alla Casa Bianca, visto l’attuale inquilino (anzi, tecnicamente lo ha fatto, anche lui, nel 2016). E per anni Joe è stato il proprietario di uno zoo privato – in America ce ne sono a migliaia – dove ha gestito (anche) 187 felini, usati per intrattenere gli spettatori.

Così il nostro antieroe ha costruito uno sgangherato impero circondandosi di mariti, collaboratori e impiegati, quasi tutti con alle spalle un passato bordeline fra dipendenze, violenza e miseria. Aggiungete poi che questo incrocio fra Liberace e Mr. Crocodile Dundee ha avuto una sua web tv personale usata sia per promuovere le sue ballate molto country e molto gringe (vedere per credere qui), sia per lanciare violenti attacchi contro la sua più acerrima nemica, Carole Baskin. Personaggio altrettanto controverso, la donna è un’attivista che si batte per i diritti degli animali e gestisce, non senza fini di lucro, un rifugio per big cats.

Emerge però un dettaglio: l’ingente fortuna a disposizione della «Madre Teresa dei felini» è legata alla misteriosa scomparsa del marito milionario Don Lewis. Insomma fra Joe e Carole è guerra aperta per anni, fino a quando lui finisce in prigione con l’accusa di aver pianificato l’omicidio della Baskin. Così la faida fra i due personaggi, a dir poco ambigui, diventa la spina dorsale di Tiger King che, nel frattempo, porta in scena uno stravagante quanto diversificato numero di freaks secondari, coinvolti a vario titolo nella vicenda principale. Dunque come ha fatto Tiger King a trasformarsi in un fenomeno globale? Seguendo la stessa formula de La Casa di Carta: si lavora per accumulo, con personaggi esagerati che si muovono in situazioni spesso assurde fra un colpo di scena e l’altro.

Qui, certo, la realtà gioca un peso decisivo e rende tutto ancora più surreale. Di fondo c’è un sensazionalismo esasperato ed esasperante che potrebbe ipnotizzarvi, come è accaduto a molte star di Hollywood o a chi attribuisce un grande valore antropologico all’intera operazione, facendoci capire che una parte degli Stati Uniti non ce la farà mai ad evolversi. Oppure, Tiger King, potrebber scatenare in voi la sensazione opposta, suscitando un rigetto quasi immediato. Molto dipende dalla vostra soglia di sopportazione: se siete disposti a farvi selfie con tigri e giaguari, se amate gli show più assurdi o se, più semplicemente, vi siete stancati dei soliti docu-crime su qualche pazzo omicida. Ma, a chi ama veramente gli animali, consigliamo uno show di ben altra razza, Il nostro pianeta. Lì non ci sono gabbie, ma solo incondizionata e fondamentale libertà.
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Qui potete vedere il trailer di Tiger King:
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