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Vite vendute | Henri-Georges Clouzot, William Friedkin e un capolavoro da riscoprire

Yves Montand e Véra Clouzot, il rifiuto di Jean Gabin e quel remake: perché riscoprirlo in streaming?

Vite Vendute.
Yves Montand in una scena de Vite Vendute.

ROMA – Quando nel 1977 William Friedkin si affacciò al romanzo Il salario della paura pubblicato nel 1950 da Georges Arnaud lo fece con un certo timore reverenziale. Perché? Perché il suo Sorcerer – Il salario della paura era null’altro che «un piccolo film intermedio da 2 milioni e mezzo», un trampolino di lancio verso Il triangolo del diavolo: il seguito pianificato e mai realizzato (in questa veste perlomeno) de L’Esorcista. Ma no, non doveva e non voleva essere un remake di Vite vendute di Henri-Georges Clouzot del 1953, ma un film che differisse anche narrativamente dall’opera francese. A fronte di una certa linearità nell’opera clouzotiana, Friedkin scelse l’impropria episodicità dividendo Il salario della paura in parti e vignette. La ratio invece era la stessa: raccontare di uomini al limite, disperati, corrosi dall’avidità e disposti a tutto.

Vite vendute fu presentato in concorso a Cannes6 il 15 aprile 1953
Vite vendute fu presentato in concorso a Cannes il 15 aprile del 1953.

Prima che la produzione de Il salario della paura – presentato negli Stati Uniti il il 24 giugno 1977 – potesse aver luogo però, Friedkin dovette risolvere un piccola questione di diritti perché, incredibile ma vero, non era Clouzot il detentore dei diritti di Vite vendute, ma l’autore del romanzo originario, Arnaud, o per dirla con le parole di Friedkin: «Prima dovevamo acquisire i diritti e questo si è rivelato complicato. Vite vendute è di statura iconica ma Clouzot non ne possedeva i diritti. Arnaud, che ha scritto il romanzo originale, li controllava e aveva una faida di lunga data con Clouzot». Poi il colpo di scena: «Fu felice di venderci i diritti. Non gli era mai piaciuto il film di Clouzot. Ma ho sentito che dovevo incontrarmi con Clouzot a Parigi e ottenere prima la sua benedizione».

Yves Montand nel ruolo di Mario

Rivelate le sue intenzioni, Clouzot rimase sorpreso al sentire che Friedkin volesse reinventare Vite vendute. Il motivo? L’enorme peso di un’opera dal retaggio impressionante e non solo per essere stato il primo film della storia del cinema ad aver vinto Palma d’Oro e Orso d’Oro nella stessa annata tra Cannes e Berlino, ma per quel tipico tocco Clouzot senza tempo, oggi come ieri, settant’anni dopo. Se lo rivedete oggi – lo trovate su Prime Video incluso nell’abbonamento – colpisce la lucidità con cui il regista francese riusciva a raccontare della mutevolezza dell’animo umano nelle sue mirabolanti e pirotecniche evoluzioni in quel viaggio della morte venezuelano fatto di nitroglicerina e petrolio. Un viaggio dove l’amicizia, la fratellanza e lo spirito di cameratismo lasciano progressivamente il passo all’invidia, alla cupidigia e alla brama di potere (e di guadagno) sublimata, infine, da Clouzot nella scena madre.

La scena madre di Vite vendute
La scena madre di Vite vendute

Ecco allora Mario (Yves Montand) disposto a tutto pur di portare a destinazione il carico che, dinanzi al lago di petrolio – a bordo dell’infernale camion – schiaccia con una ruota la gamba di Jo (Charles Vanel), spappolandogliela, per poi minimizzare l’evento disastroso, negandolo, azzerandolo, prendendosi ridicolmente cura di un Jo moribondo per il resto del (breve) viaggio. Una scena grande, dalla ferocia di intenti, di quelle che si insinuano dentro lo spettatore incastonandosi tra le sinapsi, per poi crescere alla distanza. Sino a quel climax prodigioso e netto in cui Clouzot fa pagare a Mario le pene del suo gesto negandogli per sempre l’amore della dolce Linda (Véra Clouzot) alla fine del viaggio di Vite vendute che – alla maniera del cinema di John Ford – diventa esplicitazione degli archi di trasformazione dei suoi protagonisti.

Véra Clouzot è Linda in una scena di Vite vendute
Véra Clouzot è Linda

Ecco, sì, è un capolavoro Vite vendute, di quelli veri. Per cui è comprensibile la perplessità di Clouzot dinanzi alla richiesta di Friedkin. Un imbarazzo artistico reso dall’offerta del regista americano di una percentuale della azioni de Il salario della paura, cosa di cui Clouzot gli fu sempre grato. A Friedkin non andrà bene in termini di incassi, a fronte di 22 milioni di dollari di budget infatti (altro che «Piccolo film intermedio») ne guadagnerà appena 12. Uno di quei tanti, troppi, flop commerciali (ma non artistici) di quel periodo che spingerà il cinema hollywoodiano ad abbandonare la creatività assoluta dei registi a favore di un nuovo paradigma industriale di riferimento dalle basi certamente più solide. Ma poco importa, è un’opera inestimabile e coraggiosa Il salario della paura, il cui retaggio si lega a doppio filo all’opera di Clouzot accrescendone, a dismisura l’aura filmica.

Vite vendute e le geometrie registiche di Henri-Georges Clouzot
Vite vendute e le geometrie registiche di Henri-Georges Clouzot

E ne sono successe di cose incredibili sul set di Vite vendute. Avviate le riprese il 27 agosto 1951, in origine la lavorazione del film sarebbe dovuta durare nove settimane: divennero presto quasi cinquantadue (praticamente un anno). Il motivo? I problemi che afflissero la produzione furono molteplici e dei più disparati, nell’ordine: impantanamento di veicoli a causa di una stagione insolitamente piovosa, caduta di gru, set da ricostruire, budget che schizzò a oltre 50 milioni di franchi, Véra Gibson Amado, in arte Clouzot – moglie del regista, si conobbero su questo set – ebbe un febbrone da cavallo per settimane, Montand e Vanel soffrirono entrambi di congiuntivite e Clouzot, Henri-George si ruppe una caviglia. Entro la fine di novembre solo la metà di Vite vendute fu completata e con le giornate accorciatesi per via della stagione invernale, la produzione fu congelata per sei mesi.

In origine il Jo di Charles Vanel sarebbe dovuto essere interpretato da Jean Gabin

Un’ultima manciata di curiosità. Il film di Clouzot fu accusato di antiamericanismo, cosa che portò il censore statunitense a tagliare diverse scene chiave. Contro ogni pronostico Vite vendute fu un successo incontrastato al botteghino con oltre 7 milioni di dollari. Un film essenziale, rigoroso, grande e per certi versi lo sarebbe potuto essere molto di più. In origine infatti il personaggio di Jo era destinato all’aura attoriale dello strepitoso Jean Gabin che dalla sua però rifiutò: «No, il pubblico non paga per vedermi fare il codardo». Come dargli torto…

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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