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The Village | M. Night Shyamalan e la paura, l’amore e la fine del sogno

Bryce Dallas Howard, William Hurt, Joaquin Phoenix e l’America post-9/11. Ma perché rivederlo?

Bryce Dallas Howard al centro della scena di The Village, un film di M. Night Shyamalan del 2004
Bryce Dallas Howard al centro della scena di The Village, un film di M. Night Shyamalan del 2004

MILANO – Bauli neri, colori del male, cappucci gialli e creature innominabili. Quattro gli elementi cardine di uno dei titoli più rappresentativi della filmografia di M. Night Shyamalan, oltre che vero e proprio caso cinematografico – The Village (lo trovate su Disney+) – capace di riflettere attraverso gli stilemi narrativi dello small-town-mistery, declinati qui in chiave drammatico/orrorifica, sulla condizione di autoisolamento paranoica, vissuta dagli Stati Uniti d’America appena dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.

The Village di M. Night Shyamalan fu presentato in terra statunitense il 26 luglio 2004
The Village di M. Night Shyamalan fu presentato in terra statunitense il 26 luglio 2004

A due anni di distanza da La 25ª ora, riflessione notturna, amara ed inevitabilmente malinconica di Spike Lee, sullo spaesamento e la perdizione del cittadino americano di fronte al vuoto ed il silenzio lacerante che segue l’11 settembre, dunque il Ground Zero fantasmatico e desertico, che Frank e Monty osservano in quell’ultima notte, al termine della quale una volta per tutte, i loro destini muteranno, anche Shyamalan, giunto ormai al sesto lungometraggio di carriera e forte di una produzione che vede coinvolti due nomi e marchi dello scenario Hollywoodiano di notevole peso, quali Scott Rudin e Touchstone Pictures, presenta al pubblico americano ed internazionale la sua personalissima riflessione sul tema The Village.

William Hurt in un momento di The Village
William Hurt in un momento del film

Laddove Spike Lee mostra la fine, tanto dell’American Way of Life, quanto della libertà dell’individuo nella società, servendosi di un racconto criminale che guarda a Carlito’s Way e all’immaginario scorsesiano, M. Night Shyamalan, restando fedele ad una dimensione narrativa ancora una volta legata all’horror e più in generale ad un certo realismo magico, o sovrannaturale denunciato solo a metà, come accaduto per titoli precedenti come Ad occhi aperti e Unbreakable – Il predestinato, riflette sulla questioni dello spaesamento e della fine del sogno americano attraverso un atipico modello di folk horror, che concentrando gran parte del suo racconto sul protagonismo cupo, evocativo e simbolico delle ambientazioni boschive, pone ai margini l’individuo e ancora oltre, ciò che gli è estraneo, dunque il mondo e con esso, i suoi mostri.

Bryce Dallas Howard al centro della scena di The Village
Bryce Dallas Howard al centro della scena di The Village

È infatti nella riserva naturale di Covington, Pennsylvania che Shyamalan ambienta The Woods, titolo di lavorazione del successivo e definitivo The Village. Un cambiamento questo da non sottovalutare, che già di per sé sottolinea l’elemento di interesse del film, ossia gli uomini e la loro nuova idea di società, in costante dialogo con l’elemento di natura e tutto ciò che la circonda. Quest’ultima infatti, pur nascendo al centro di una fitta boscaglia, se ne dichiara estranea, tanto da non poterla attraversare mai, dando vita fin da subito ad una netta distinzione tra loro – gli abitanti del villaggio – e gli altri – le temute creature innominabili che popolano i boschi circostanti -, da qui l’evidente riflessione di Shyamalan sul popolo del villaggio, in quanto riflesso diretto del cittadino americano post 11 settembre.

Joaquin Phoenix in un momento del film
Joaquin Phoenix in un momento di The Village

Perduto, angosciato e sempre più privo di fiducia, tanto nei confronti dello straniero, quanto di quelle istituzioni fino ad un momento prima glorificate ed ora guardate con sospetto, quest’ultimo non può far altro che ripartire, appellandosi unicamente alle proprie forze, idee e valori, disegnando così un progetto di vita idilliaco e potenzialmente concreto, ai margini della società moderna e del mondo. Lontana dunque dai pericoli, dalla violenza, dalla corruzione, dalle dipendenze e più in generale dalla paura. Eppure, The Village è proprio lì che ha inizio, dalla paura e dall’impossibilità di sfuggirle che ogni uomo quotidianamente vive, divenendone l’artefice e conseguentemente, perfino la vittima: «Non bisogna scappare dal dolore. Il dolore è inevitabile, ora lo sappiamo».

Nel cast anche Adrien Brody
Nel cast anche Adrien Brody

La causa di tale impossibilità, Shyamalan sembra rilevarla nel modo in cui qualsiasi società inevitabilmente si struttura, a partire da quella potenzialmente idilliaca ed infine spaventosamente ingenua del suo The Village, retta da una scala gerarchica traballante, che vede però ben distinti, sia in termini di importanza, che di ruolo, gli anziani – membri e attori di un consiglio o tribunale, cui spetta il giudizio nient’affatto imparziale su ciò che è lecito fare e ciò che invece non lo è, all’interno del villaggio – dai giovani – spettatori (e non partecipanti) passivi di una ideale e limitata società, capace perfino di perdonare o giustificare l’omicidio, in nome di una sicurezza collettiva da non sacrificare mai – fino ai bambini e ai più sfortunati, dunque i malati o i presunti tali.

Adrien Brody e Judy Greer in una scena di The Village
Adrien Brody e Judy Greer in una scena di The Village

Proprio in funzione di una riflessione sulla paura, che si accompagna ad un’altra decisamente più dolce, sulla fiducia, The Village fin dalle primissime sequenze, fa propri gli stilemi dell’horror, sfruttando il potenziale simbolico delle atmosfere boschive, producendo una solidissima ed evocativa suggestione, figlia d’un immaginario cinematografico Hitchcockiano che ancor prima di mostrare, suggerisce, coinvolgendo lo spettatore in un sinistro gioco di luci ed ombre, così come di rapide e inquietanti apparizioni e infine dubbi, destinati a svanire, come sempre accade nel cinema di Shyamalan, al sopraggiungere del celebre plot twist narrativo, destinato come nel caso de Il Sesto Senso, a stravolgere ogni logica, mutandola per sempre.

Nei cinema italiani il film fu distribuito il 29 ottobre 2004
Nei cinema italiani il film fu distribuito il 29 ottobre 2004

Paura e fiducia, cui ben presto si aggiunge l’amore, quello delle mani che si stringono e degli occhi che vedono, nonostante la cecità, nonostante il buio. Se in senso stretto The Village è cinema horror, osservandolo da una prospettiva differente, non può che apparire come una riflessione incredibilmente matura, dolorosa – basti pensare al tema dell’elaborazione del lutto, che coinvolge tutti noi e così anche loro – e inaspettatamente gentile, sul concetto di superamento del terrore, in nome di una ricerca di libertà, speranza e bellezza, altrettanto spaventosa, eppure attraente e nient’affatto sacrificabile, nemmeno di fronte al pericolo, nemmeno di fronte alla caduta.

Una scena del film
Una scena del film

Sono diversi gli anni che separano The Village di M. Night Shyamalan da Interstellar di Christopher Nolan, eppure è proprio dall’ Edward Walker di William Hurt – uno dei leader del villaggio – che scaturisce pressocché il medesimo pensiero del Cooper di Matthew McConaughey di Interstellar, ossia: «Il mondo si muove per amore. Si inginocchia ammirato davanti ad esso». Un film minore, The Village, ma non per questo meno memorabile, che ancora oggi, dimostra di possedere molte più di chiavi di lettura, di quanto chiunque possa aspettarsi, e così riflessioni e legami con il mondo che attualmente ci circonda. Sull’innocenza perduta, la fiducia, l’amore e la speranza.

  • FRESHLY POPPED | Glass, o dell’eterno dilemma sull’autore Shyamalan
  • LONGFORM | Carlito’s Way, De Palma e il secondo tempo di Carlito Brigante
  • REVISIONI | La 25° Ora, l’abisso dopo l’11 Settembre

Qui sotto potete vedere il trailer del film

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