ROMA – Quando, Margaret, una giovane novizia americana viene mandata a Roma per iniziare una vita al servizio della chiesa, incontra un’oscurità che la porta a mettere in discussione la sua stessa fede e a scoprire una terrificante cospirazione che spera di far nascere l’incarnazione del male. Parte da qui Omen – L’Origine del Presagio, un film di Arkasha Stevenson prequel diretto del cult Il Presagio di Richard Donner del 1976, con protagonisti Nell Tiger Free, Sonia Braga, Ralph Ineson, Nicole Sorace, Andrea Arcangeli, Bill Nighy e Charles Dance, ora al cinema con 20th Century Studios. Un film parecchio chiacchierato a partire dal fatto che negli Stati Uniti s’è beccato il visto censura R, che prevede che i minori di 17 anni siano accompagnati in sala da un adulto.
Una medaglia al valore per la stessa Stevenson e per chiunque viva di cinema horror, specie perché la Stevenson e l’executive Keith Devine hanno dovuto lottare per mesi contro la MPA – Motion Pictures Association che per poco non affibbiava a Omen il visto censura NC-17, vale a dire per soli adulti. Il motivo? L’inquadratura esplicita di una vagina: «Quella scena era l’unica cosa che manteneva il rating R. Non erano le morti sanguinose. Non erano gli uomini tagliati in due, era, letteralmente, solo la scena della vagina. Non era ciò che stava accadendo a quella parte del corpo che era offensivo, ma la parte del corpo a esserlo. È il 2024, dobbiamo smettere di considerare il corpo femminile come oggetto di fascino dell’orrore. Ecco perché abbiamo combattuto così duramente».
Da qui la scelta del taglio dato a Omen da parte della regista: «Abbiamo riflettuto sullo spirito delle immagini del capostipite e a come abbiano spinto così tanto il limite in modi davvero unici. Non erano modi gratuiti, riflettevano ciò che le persone sentivano culturalmente all’epoca. Come possiamo dare forma a qualcosa che regga il paragone con quello che è stato fatto in passato che non finisca per essere gratuito, feticista o disumanizzante? Raccontare una storia attraverso la prospettiva femminile era davvero importante per me, e raccontarla mediante la lente del body horror – e l’esplorazione della prospettiva femminile e la guerra stessa del corpo – era un po’ inquietante per via delle tempistiche, ma era fondamentale che non ci tirassimo indietro da quelle immagini».
E infatti non si risparmia minimamente Omen. Nel raccontare dell’eterna dicotomia bene-male come tipico delle produzioni di genere horror esoterico, le immagini incise dalla Stevenson non lesinano affatto in sangue, jump-scare calcolati al momento giusto, orrore grafico e sottopelle, e violenza esplicita e più latente, inserendosi perfettamente nella tradizione della gloriosa saga orrorifica inaugurata da Il Prescelto sino a rievocarne le atmosfere, ora nello spirito filmico e nel sapore scenico, ora, perfino, nell’avvolgere le immagini di una sottile e quasi impercettibile grana come fosse stato girato in pellicola in quegli anni. A volervi cercare un difetto, però, vi è forse un’eccessiva macchinosità nello sviluppo del corposo secondo atto, indebolito da svolte narrative incoerenti e forzate. Ciò che però Omen perde in spontaneità lo guadagna in suggestione.
Certe sequenze imbastite dalla Stevenson lasciano davvero a bocca aperta e mani sugli occhi per intensità orrorifica. Oltre al fatto, poi, che tutta la narrazione è come percorsa dalla presenza silenziosa del Maligno un po’ alla maniera di Rosemary’s Baby (ma con molta meno grazia registica). La grande riuscita di Omen passa soprattutto dalle performance, e qui vi diciamo che se Nell Tiger Free conferma quanto di buono fatto vedere in Servant, e Bill Nighy e Sonia Braga sembrano andare a nozze in ruoli ambigui, è la giovane Nicole Sorace a rubare la scena a tutti per intensità e mimica. Ad Andrea Arcangeli, invece, il merito di essere protagonista di una delle sequenze più forti di tutto il film. E tanto basta per regalarsi una visione da brivido che lascerà il segno.
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Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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