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The Terrorizers | Edward Yang, Taipei e il sottile confine tra realtà e finzione…

Nel 1986 il regista sconvolse tutti con un’opera unica. Ma perché riscoprirla oggi in streaming?

The Terrorizers
An Wang in una scena di The Terrorizers di Edward Yang.

MILANO – Il click di una macchina fotografica. Lo stridio di una penna che cancella le parole di un libro incompleto. Un coltello che entra nella carne. La pistola che spara il colpo in canna. The Terrorizers è pervaso da rumori fugaci, suoni eterei capaci di far traballare il chiaro confine tra realtà e finzione dentro una Taipei confusa e senza una bussola. Perché? Perché a volte mostrare non basta per raccontare un presente magmatico, uno stato conoscitivo senza appigli. E allora Edward Yang – uno degli esponenti del Nuovo Cinema Taiwanese assieme a autori come Hou Hsiao-hsien e Tsai Ming-liang – fa arrivare prima il suono, lo fa rimanere impresso, lo scolpisce nella memoria per poi costruirci intorno l’intera narrazione e la struttura filmica.

The Terrorizers di Edward Yang è stato presentato in Taiwan il 19 dicembre 1986
The Terrorizers di Edward Yang venne presentato in Taiwan il 19 dicembre 1986.

The Terrorizers, una delle opere fondamentali del cinema orientale degli anni Ottanta – oggi la ritrovate in streaming su MUBI – oltrepassa la modernità frammentando la storia in piccole schegge che si sfiorano e si intersecano creando materiale postmoderno capace di racchiudere al suo interno la vera essenza di un momento che non sembra trascorrere mai. Un giovane fotografo che insegue con i suoi scatti una ragazza sempre in fuga, una scrittrice consumata dalle parole di un romanzo sposata con un uomo che la umilia e la spinge a scappare da quella realtà. Due linee narrative che procedono parallelamente fino a un preciso momento in cui toccano, una semplice telefonata e un incontro fugace che disallineano gli equilibri e spostano i personaggi verso percorsi non ancora tracciati.

Shao-Chun Ma in un momento di The Terrorizers
Shao-Chun Ma in un momento di The Terrorizers

Dopo l’unione, Edward Yang torna alla separazione in The Terrorizers, e le storie riprendono a viaggiare senza toccarsi, ma le maschere dei protagonisti assumono forme diverse e si muovono con nuove consapevolezze e ulteriori necessità. Il fotografo, dopo aver provato a racchiudere la ragazza nella relativa realtà delle sue fotografie, torna a strisciare e sguazzare nell’inettitudine di chi non riesce più a comprendere il confine tra verità e bugia; la scrittrice completa il romanzo ma quello che ha impresso nella finzione della pagina è sempre più coincidente alla realtà. Una sovrapposizione continua di dicotomie spiazzanti, di piani conoscitivi così labili che collimano in un finale spiazzante che mette in discussione ogni fotogramma apparso sullo schermo.

Uno dei tanti shot evocativi del film
Uno dei tanti shot evocativi del film

In The Terrorizers il regista inganna, gioca, confonde, tradisce, esplora il pericolo intrinseco che realtà e finzione diventino indistinguibili. A collimare per poi rimbalzare lontano non sono solo i personaggi che si muovono all’interno della storia ma anche i concetti di realtà e immaginazione, che abbandonano il recinto dove si muovono per unirsi e allontanarsi come una molla capace di mostrare le reciproche influenze. Edward Yang – scomparso nel 2007 a nemmeno sessant’anni – costruisce The Terrorizers in questo modo per urlare al mondo l’oppressione propagandistica e le farse politiche subite da Taiwan per l’intero secolo, come l’inganno e la bugia abbiano sempre sovrastato la verità. Ma non è solo questo, non ragiona solo tra queste sottili distinzioni.

An Wang in una scena di The Terrorizers
An Wang in una scena del film

Al suo interno The Terrorizers è capace di essere una storia sul valore delle proprie scelte, sul rimorso, su come l’apparenza sociale in una società specchio che riflette soltanto l’esterno riesca a divorare l’animo umano. Il terzo lungometraggio del regista taiwanese è una matrioska di ragionamenti, un caleidoscopio di significati che si intrecciano in un mosaico capace di scandagliare le proprie convinzioni e far porre le domande giuste per raggiungere una consapevolezza diversa. Perché poi alla fine – quando lo schermo diventa nero e scorrono i titoli di coda – per Yang l’interrogativo giusto da porsi non è se quello che si è visto sia reale o meno, ma che cosa sia realmente la realtà.

Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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