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The Midnight Sky | George Clooney, le stelle e un film che insegue la speranza

Oscurità, ghiaccio e rinascita. Il film, tratto dal romanzo sci-fi di Lily Brooks-Dalton, lo trovate su Netflix

The Midnight Sky
The Midnight Sky

ROMA – Mistero: quando George Clooney si mette dietro la macchina da presa non viene mai celebrato abbastanza. Good Night, and Good Luck, Le Idi di Marzo, addirittura l’ingiustamente bistrattato Monuments Men. Film che avrebbero meritato ben più attenzione, ma che invece – almeno nell’immediato – non hanno ottenuto il giusto apprezzamento. Il motivo? Azzardiamo: un attore bello e bravo, per la critica saccente e impostata, non può essere contemporaneamente un bravo regista. Così, a tre anni da Suburbicon, dove raccontava le macchie e l’unto dietro una tranquilla città americana del 1959, Clooney rivede il senso della distanza (e della speranza) in The Midnight Sky, tratto da Good Morning, Midnight di Lily Brooks-Dalton e distribuito da Netflix.

The Midnight Sky di George Clooney
George Clooney è Augustine Lofthouse

Il film, dietro la sua marcata impronta sci-fi, nasconde invece un dramma profondo, in cui in una Terra ormai infuocata dai cataclismi, l’unica ancora di salvezza è comunicare. Infatti, il protagonista, Augustine Lofthouse (Clooney), è un astronomo (e malato terminale) che vive in una stazione scientifica, al Polo Nord, angolo ancora abitabile. Siamo nel 2049 e, come detto, il mondo conosciuto ormai non esiste più. Per questo, ormai da anni, sono partite missioni di ricognizione che cercano nuovi pianeti abitali, come quella condotta dalla nave spaziale Aether, con cui Augustine non riesce a mettersi in contatto. Intanto, mentre Chris Stapleton suona la sua calda Tennessee Whiskey (e che bello l’ossimoro), l’acciaccato Lofthouse scopre che nella base è rimasta Iris (Caoilin Springall, rivelazione), una bambina che non ha preso parte all’evacuazione.

The Midnight Sky
The Midnight Sky: Clooney e Caoilin Springall

Ecco, gli ossimori. The Midnight Sky ne è pieno: una mezzanotte che nell’Artico non esiste. Il nome di una bambina, che ricorda un fiore ormai svanito, un brano country a tutto volume, nel bel mezzo di un ghiaccio perenne. E, se è vero che Clooney, partendo dal romanzo di Lily Brooks-Dalton non aggiunge certo nulla al genere, è invece forte l’anima che muove Augustine, percorrendo il dilaniante percorso che lo vuole solo e solitario, dilaniato da una malattia incurabile e, ancor peggio, divorato dai rimpianti. Così, in due ore, la piccola Iris potrebbe diventare la redenzione che cercava da una vita, mentre il filo narrativo svolta e alterna nell’abitacolo spaziale della Aether, unica possibilità per un mondo che ha drammaticamente sottovalutato il cambiamento climatico, puntualmente previsto e puntualmente arrivato.

The Midnight Sky
Sul set

Allora, le immagini di Clooney, rarefatte e immaginifiche, costruite sopra l’elegante e meravigliosa colonna sonora di Alexandre Desplat (come dubitarne?) diventano a loro modo un intimo sottotesto di speranza. Quella speranza che oggi è linfa vitale. Sostanza immateriale che rende il genere umano diverso e imperfetto, spingendolo alla rinascita e alla luce. Perché, ci dice The Midnight Sky, anche la notte più buia non è mai notte: lassù, immensamente lontani, ci sono gli astri e i pianeti, ovvero l’essenza madre che ha generato la vita e che, nonostante tutto, continua a generarla. Eccola la speranza, quella persa, inseguita (e forse ritrovata) da Augustine. Ed ecco quella universale, che Clooney ha provato a disegnare in The Midnight Sky: la nascita di un bambino, simbolo assoluto e, mai come adesso, decisamente potente.

Qui il trailer di The Midnight Sky:

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