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Behind The Scenes | Tra Tolstoj e Siena: Michael Hoffman racconta The Last Station

Helen Mirren, il libro, il set, le scene a Mosca: il regista racconta come arrivò a girare il film

Michael Hoffman con Helen Mirren e Christopher Plummer sul set di The Last Station.

LA MADDALENA – Poco prima si aggira per i corridoi dell’hotel senza proferire parola, poi, d’improvviso, si accende per una Masterclass unica all’interno del Premio Solinas, qui a La Maddalena: classe 1956, Michael Hoffman ha avuto una carriera decisamente varia, dal lancio di Meg Ryan in Terra promessa nel 1987 al successo di Un giorno… per caso a metà anni Novanta grazie alla coppia George Clooney e Michelle Pfeiffer. Per la sua lezione, ha scelto però uno dei suoi film più recenti, The Last Station, girato nel 2009 e ispirato all’ultimo anno di vita di una leggenda: Lev Tolstoj. Ecco cosa ha raccontato.

Michael Hoffman sul set di The Last Station prima di girare una scena.

IL LIBRO – «The Last Station arrivò in un momento di stallo della mia carriera, quello in cui, dopo una serie di rifiuti, il mio agente mi guardò e mi disse: “No, non ci sono film adatti a te al momento in città”. Peccato che la città in questione fosse Los Angeles, la migliore piazza per il cinema al mondo. Un problema, quindi. Dove altro avrei trovato un ingaggio se non lì? Un giorno, però, mi capitò per caso un libro tra le mani: L’ultima stazione – Il romanzo degli ultimi giorni di Tolstoj (edito da Bompiani in Italia, nda) di Jay Parini. Lo avevo comprato qualche anno prima, in Italia, alla stazione di Siena. Era l’unico volume in inglese che avevano».

The Last Station
Christopher Plummer nel ruolo di Lev Tolstoj.

IL FILM – «Una volta finito di leggere il libro non ho minimamente pensato di farci un film. Mai pensato. Poi però, a un certo punto, ho avuto un’illuminazione improvvisa: ero sposato da quattordici anni e quel libro assunse una valenza completamente diversa, perché ora capivo che mi raccontava non tanto la vicenda dello scrittore Tolstoj, ma la storia di un matrimonio difficile. Esattamente come il mio. Così, quando ho ripensato a quei personaggi ho sentito la luce dentro e da lì ho cominciato a pensare a che tipo di film sarebbe potuto nascere…».

Helen Mirren e James McAvoy in una scena del film.

LA SCENEGGIATURA – «Come fare un film da un romanzo? Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, ma dopo un anno che ci lavoravo mi sembrava piatta, morta. Non potevo metterla in scena. Così mi sono fermato. A volte c’è bisogno di aspettare, stare in silenzio e ascoltarsi. Ho preso tempo. Ho cambiato prospettiva. Sono andato rileggermi Čechov. Da lì ho capito che il cuore di The Last Station doveva essere l’amore: la difficoltà di convivere con la sua presenza e la sua assenza. E l’opera ha preso vita. Christopher Plummer accettò il ruolo di Tolstoj e dalla produzione mi proposero addirittura Meryl Streep per la parte di Sofja, anche se poi abbiamo dovuto optare per Helen Mirren. Come diceva Walt Whitman: ogni cosa che ti succede di buono nella vita porta con sé qualcosa di più complicato».

The Last Station
Helen Mirren nel ruolo di Sofja Tolstoj, per quarantotto anni a fianco di Tolstoj.

IL SET – «Così finalmente comincio le riprese di The Last Station, giriamo due terzi del film, ma quando in pratica sto arrivare alla parte del film ambientata a Mosca i produttori mi dicono che non si può fare, che devo rivedere la sceneggiatura. Immediatamente. A quel punto per poterla mantenere viva ho dovuto fare una forzatura alla verità storica. Ho inserito un personaggio, quello del segretario personale di Tolstoj, interpretato da James McAvoy, che fa da voce narrante, da fil rouge degli eventi, anche se non era sempre presente realmente quando si svolsero».

Plummer con Jams McAvoy in una scena di The Last Station.

LA LEZIONE – «E dunque, cos’ho imparato da The Last Station? Molte cose. Ho imparato, per esempio, che non si può sempre rimanere fedeli alla verità e, nello stesso momento, ruscire a scrivere anche qualcosa di emozionante. Non sempre si può fare. Si può provare, certo, ma non sempre è possibile. Quando si scrive e si pensa ad un film ogni tanto si deve avere il coraggio di abbracciare l’ignoto e preoccuparsi di rimanere coerenti alla bellezza e alle emozioni del film, invece che al rigido rispetto dei fatti. Ecco, questa è la lezione…».

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