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The Creator | John David Washington e la grande odissea sci-fi di Gareth Edwards

Un grande cast, citazioni eccellenti e una regia di respiro. Perché vederlo? Perché è puro cinema

The Creator
John David Washington e Madeleine Yuna Voyles in The Creator.

ROMA – Dopo un olocausto nucleare a Los Angeles, scoppia la guerra tra la razza umana e le forze dell’intelligenza artificiale. Siamo nel 2054 e Joshua (John David Washington), un incallito ex-agente delle forze speciali in lutto per la scomparsa della moglie, viene reclutato dal Colonnello Howell e dal Generale Andrews per dare la caccia e uccidere il Creatore. Chi è il Creatore? L’inafferrabile architetto dell’intelligenza artificiale avanzata che sembra abbia sviluppato un’arma misteriosa con il potere di porre fine alla guerra e all’umanità. Joshua e la sua squadra di agenti viaggiano attraverso le linee nemiche verso New Asia, nel cuore di tenebra (non a caso) del territorio occupato dall’intelligenza artificiale, solo per scoprire che l’arma di fine mondo che gli è stato ordinato di distruggere è un’intelligenza artificiale con le forma di una bambina. Parte da qui il viaggio di The Creator, ambiziosa odissea fantascientifica a firma Gareth Edwards.

The Creator di Gareth Edwards, al cinema dal 28 settembre per 20th Century Studios
Uno dei soldati dell’AI in una scena di The Creator di Gareth Edwards

A tredici anni da quel piccolo capolavoro che fu Monsters (riscopritelo in streaming, lo trovate su AppleTV+ e Prime Video) e a sette dal pirotecnico Rogue One: A Star Wars Story, il quarto film del regista britannico è anche quello che lo vede maggiormente in gioco. Di The Creator è infatti produttore e co-firmatario dello script assieme a Chris Weitz. Per non parlare del cast che vede – accanto al capofila Washington – Allison Janney, Ken Watanabe, Gemma Chan, Sturgill Simpson, l’ex-The Office UK Ralph Ineson e la piccola Madeleine Yuna Voyles, all’esordio assoluto. Il film nasce nel lontano 2019 da una base decisamente artigianale: «Ho preso una macchina fotografica e un obiettivo anamorfico degli anni Settanta», ha spiegato Edwards, «e sono andato in esplorazione delle location in Vietnam, Cambogia, Giappone, Indonesia, Thailandia e Nepal. Il mio piano era semplicemente quello di andare nelle più grandi località del mondo e capire…».

John David Washington in un momento di The Creator
John David Washington in un momento di The Creator

Il motivo? Presto detto: «Il nostro piano era quello di andare nelle più grandi località del mondo, perché il costo di un volo è molto inferiore al costo di costruzione di un set. Avremmo fatto il giro del mondo e girato il film, per poi aggiungerci la fantascienza. Se The Creator cerca di ottenere qualcosa a livello visivo, cerca di sembrare reale in termini di fantascienza». Specie considerando le dichiarate ispirazioni eccellenti che vanno dal viaggio di Benjamin L. Willard in Apocalypse Now, al visivo esotico di Baraka, passando per le atmosfere urbane di Blade Runner e Akira, e le dinamiche di Paper Moon e Rain Man. Suggestioni e sapori filmici tutti incasellati in una narrazione dal ritmo vivace nello spirito e nelle intenzioni di un The Creator lasciato vivere in immagini dalla costruzione ad ampio respiro, ambiziosa, da kolossal fantascientifico.

Madeleine Yuna Voyles in una scena del film
Madeleine Yuna Voyles in una scena del film

Immagini di grandezza attraverso cui Edwards dà forma a una lezione di world-building magistrale dove nulla è lasciato al caso e ogni dettaglio conta. Qualcosa che nella fantascienza contemporanea abbiamo potuto vedere soltanto nello sfortunato e dimenticato (ma bellissimo!) Humandroid di Neil Blomkamp, qui citato e non a caso. Proprio come il film fantascientifico del 2015 del regista sudafricano, anche The Creator infatti ruota attorno ad un’acuta e incisiva riflessione sulla vita, il suo mistero e la sua dignità. Si, il rapporto uomo-macchina, l’incedere tecnologico galloppante e dispersivo e l’ipotesi su cosa accadrebbe se le macchine si ribellassero e prendessero il sopravvento sull’umanità, ma non nei termini di una dicotomia inquadrata, netta, fatta e finita. E questo ci porta ad un’ultima citazione di Edwards. Una citazione non-dichiarata, forse nemmeno intenzionale, eppure evidente e che traspare dalle immagini del racconto.

Per Gemma Chan siamo dalle parti della consacrazione con The Creator
Per Gemma Chan siamo dalle parti della consacrazione

Parliamo di Avatar. Se ai nastri di partenza appare tutto chiaro, limpido, con la razza umana tra i buoni e l’intelligenza artificiale come i cattivi, o perlomeno la minaccia da scongiurare, il dispiego dell’intreccio di The Creator ci porta a rimescolare le carte narrative, perdere convinzione delle certezze, aprirci al nuovo e accettare come la storia che ci viene raccontata vada affrontata da un’altra prospettiva. Un agire emotivo che Edwards cuce addosso all’arco di trasformazione del Joshua di un Washington straordinario, intenso, spiritoso, tremendamente carismatico, che – proprio come in Avatar – da soldato fedele alla missione passa dall’altra parte della barricata accettando le ragioni del nemico finendo con l’assurgere a simbolo di speranza e libertà. Alla sua evoluzione corrisponde quella dei personaggi a lui vicini con gli alleati riscoperti come nemici e viceversa.

Allison Janney in un momento di The Creator
Allison Janney in un momento di The Creator

E in questo una doppia nota di merito a Allison Janney cinica, machiavellica e crudele, e un Ken Watanabe sempre prezioso come attore di supporto (che forse avrebbe meritato maggior screen time). Non ultima Gemma Chan in un ruolo piccolo ma intenso – da consacrazione istantanea – che lascia strascichi su tutta la narrazione. Tornando a noi, l’intelligenza di Edwards come autore si evince proprio dal modo in cui riflette in modo lucido, limpido e analiticamente efficace, le ragioni del conflitto di The Creator e la profonda natura delle parti in causa. Per gli uomini – proprio perché corrotti – l’obiettivo è sterminare l’intelligenza artificiale in ogni sua espressione. Per i robot, quasi come a seguire i dettami delle famose Tre leggi della robotica formulate da Isaac Asimov, l’unico obiettivo per cui lottare è il raggiungimento della pace.

Ken Watanabe come sempre diligente e inoppugnabile, anche in The Creator
Ken Watanabe come sempre diligente e inoppugnabile

Però la guerra c’è – eccome – in The Creator e qualunque siano le ragioni, la si vede e si sente in tutto il suo orrore. Come un moto perpetuo che annienta tutto ciò che si avvicina a Joshua rendendolo immediatamente sacrificabile per la giusta causa. Di contro c’è l’amore che si oppone ai mali del mondo. L’unica legge universale di cui Edwards ha bisogno per spingere un uomo estinto nell’animo – annientato – come Joshua, a riaccendersi e imbastire una caccia all’uomo (o per meglio dire alla donna) sulla base del dolore e di un’intuizione frutto di un semplice ologramma. Ma d’altronde, e non è di certo il compito di The Creator quello di insegnarcelo – al più ricordarcelo – è l’amore, quello vero, il motore dell’universo.

John David Washington al suo secondo sci-fi d'autore dopo TENET
John David Washington al suo secondo sci-fi d’autore dopo TENET

Cos’è The Creator quindi? Un instant cult del genere fantascientifico? Sì. Forse perfino il film più importante del decennio del genere di riferimento per tematiche, performance in scena e sua realizzazione. Di sicuro è l’opera con cui, non solo Edwards ha compiuto il definitivo salto di qualità entrando in una dimensione altra, più ambiziosa (e va da sé impegnativa) del suo ruolo, ma anche quella per cui, un domani, sarà ricordato come uno dei più grandi registi della sua epoca. Un grande film dalla portata universale (e kolossale) da vedere a ogni costo.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

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