in

Stranger In My Own Skin | Katia de Vidas e la resurrezione di Pete Doherty

200 ore di filmati, dieci anni di riprese e dipendenze, creatività e speranza. Ma perché vederlo?

Pete Doherty in un estratto della locandina ufficiale di Stranger In My Own Skin di Katia de Vidas
Pete Doherty in un estratto della locandina ufficiale di Stranger In My Own Skin di Katia de Vidas

FIRENZE – Pete Doherty, il cattivo ragazzo del rock britannico degli anni Novanta e Duemila, il frontman dei Libertines e dei Babyshambles, al Festival dei Popoli di Firenze per presentare il documentario Peter Doherty: Stranger In My Own Skin. La sua fulminea ascesa e la sua drammatica caduta nella dipendenza della droga e nella criminalità sono state ben documentate nei titoli dei tabloid inglesi. Ma a registrare i suoi alti e bassi dietro le quinte è stata Katia de Vidas che ha iniziato il progetto come regista, ma ora è sua moglie. Doherty ha avuto una vita caotica in compagnia di celebrità come la top model Kate Moss e la cantante Amy Winehouse. È stato dentro-e-fuori dal tribunale e dal carcere per reati di droga. Per molto tempo non ha pensato che fosse possibile liberarsi dalla dipendenza dalla droga, facendone uso per aiutarsi a superare gli attacchi di panico.

Pete Doherty in un momento di Stranger In My Own Skin, diretto da Katia de Vidas
Pete Doherty in un momento di Stranger In My Own Skin, diretto da Katia de Vidas

«Per un po’ sembrava che almeno mi aiutasse a farcela, ma in realtà puoi – cosa che mi ci è voluto molto tempo per realizzare – puoi farcela senza l’eroina. Non è una soluzione così semplice. Devi combattere ancora un po’ in quei momenti, sai, quei momenti quotidiani». Ora è pulito da quasi quattro anni, ma Stranger In My Own Skin ripercorre la sua vita attraverso la dipendenza, incluso un periodo di dieci mesi in riabilitazione in Thailandia. Ma non affronta una controversia: la morte dell’attore Mark Blanco caduto da un balcone durante una festa alla quale aveva partecipato Doherty a Londra nel 2006. Doherty è stato filmato dalle telecamere a circuito chiuso mentre fuggiva dalla scena, ma ha sempre sostenuto di non sapere cosa fosse successo.

Una scena di Stranger In My Own Skin
Una scena del film

Dice che è disposto a sedersi e a parlare con la mamma di Blanco, Sheila, «Uno a uno, lontano da tutto questo» se lei lo desidera e se questo la aiuterebbe. Doherty e la de Vidas ora vivono in Normandia con la loro figlia Billie-Mae di cinque mesi, un mondo lontano dalla sua precedente vita di dipendenza. Cosa vogliono ottenere con questo film? «Che la droga è una cosa cronica, non è un uso ricreativo, alla fine ti prenderà» dice Doherty in merito. Ma la soluzione non è secondo loro la riabilitazione/disintossicazione in carcere, perché la dipendenza dalla droga non è un crimine, è una malattia mentale e come tale va curata.

«Per un po' sembrava che almeno mi aiutasse a farcela, ma in realtà puoi – cosa che mi ci è voluto molto tempo per realizzare – puoi farcela senza l'eroina. Non è una soluzione così semplice. Devi combattere ancora un po’ in quei momenti, sai, quei momenti quotidiani»
«Non è una soluzione così semplice. Devi combattere ancora un po’ in quei momenti, sai, quei momenti quotidiani»

La fascinazione per il poeta maledetto è struggente per lo spettatore di Stranger In My Own Skin, perché è forte e ben presente in ogni anima sensibile, ma è lo stesso documentario a far capire che la creatività bohemien si paga a carissimo prezzo e che una vita sobria circondata dall’amore è molto più piena e felice, e sicuramente anche più creativa. Pete Doherty. Festival dei Popoli 2023.

  • ROCK CORN | I Am A Noise, il mito di Joan Baez in un documentario
  • VIDEO | Qui per il trailer ufficiale

Lascia un Commento

Il profeta del gol | Il calcio come filosofia di vita e un fuoriclasse di nome Johan Cruyff

Mariarosaria Mingione e Gaia Girace al centro di Girasoli, debutto alla regia di Catrinel Marlon, presentato al Torino Film Festival

VIDEO | Gaia Girace e il primo trailer di Girasoli, un film di Catrinel Marlon