ROMA – «Vedi Lelaina, non ci serve altro: un paio di sigarette, una tazza di caffè e un po’ di conversazione. Io, te e cinque dollari…». Era il 18 febbraio 1994, praticamente un’era geologica fa, quando Giovani, carini e disoccupati uscì nelle sale americane. Donald Trump era solo un miliardario senza ambizioni politiche, i Green Day avevano appena pubblicato Dookie e Kurt Cobain non aveva ancora esploso quel maledetto colpo di fucile che avrebbe chiuso l’epoca del grunge nemmeno due mesi dopo. Qualche settimana, prima la pellicola era stata presentata al Sundance dal regista, lo sconosciuto Ben Stiller (!), per poi diventare un piccolo caso grazie all’ottima accoglienza al botteghino, incassando – solo sul mercato americano – oltre 20 milioni di dollari, ovvero il doppio rispetto al budget di produzione.

Ma com’era stato possibile? Principalmente grazie alla protagonista, una radiosa Winona Ryder, reduce dai successi e dai set diretti da Tim Burton, Francis Ford Coppola, Jim Jarmusch e Martin Scorsese, che volle fortemente al suo fianco Ethan Hawke (che cinque anni prima aveva girato L’attimo fuggente), tanto da mettere una clausola vincolante nel suo contratto. O con lui oppure niente film. A posteriori, una scelta più che azzeccata. Oggi ritrovate il film in streaming a noleggio su Prime Video e AppleTV+ con dentro ancora loro, le due icone del cinema anni ’90 (un anno dopo lui avrebbe girato Prima dell’alba), in un piccolo film manifesto proprio di quella generazione, disorientata e confusa, “adottata” dall’Amministrazione Clinton. Al centro della storia quattro amici che hanno appena concluso – o abbandonato – i rispettivi studi universitari.

Lelaina Pierce (Ryder), aspirante regista con una tazza di caffè fumante a farle compagnia tra un montaggio e l’altro, Troy Dyer (Hawke), mente brillante e rocker tormentato, Vickie Miner (Jeneane Garolalo), una Betty Page grunge, e Sammy Gray (Steve Zahn), giovane gay con il terrore del coming out. Il film ne immortala l’imprescindibile crisi post-laurea, il passaggio incerto nel mondo del lavoro fatto di «troppe qualifiche» o «poca esperienza» e la confusione identitaria tipica di quella stagione della vita. Una sceneggiatura firmata da Helen Childress che, senza troppi aggiustamenti, potrebbe in fondo sovrapporsi a qualsiasi generazione successiva. Forse anche per questo il film è diventato un cult che, a distanza di oltre trent’anni dal debutto, continua ad accrescere il suo pubblico.

Ben Stiller, che si ritaglia il ruolo dello yuppie Michael Grates, opta per un taglio da commedia romantica – con tanto di triangolo amoroso in cui l’alchimia tra Ryder e Hawke fa scintille – inserendo però anche tematiche sociali come l’ombra dell’AIDS o l’accettazione della propria sessualità. Prodotto da Danny De Vito e primo film americano per il direttore della fotografia futuro Oscar, Emmanuel Lubezki (!!), Giovani, carini e disoccupati è un ritratto irresistibile dei vent’anni, tra aspirazioni sbiadite e conversazioni consumate in un diner in piena notte davanti una coppa di gelato. La colonna sonora, sintesi degli anni Novanta, fa il resto. Dal debutto di Lisa Loeb con Stay ai Dinosaur Jr. con Turnip Farm fino a Lenny Kravitz con Spinning aroud over you per arrivare alla sequenza conclusiva del film, letteralmente costruita da Stiller su All I Want Is You degli U2 (qui trovate la scena), nota per nota.

La Leleina di Winona Ryder è la perfetta rappresentante, divisa tra personali obiettivi e fallimenti, dello smarrimento generazionale. Ambiziosa e idealista, prima della classe che dal palco della cerimonia universitaria finisce per ritrovarsi a passare le giornate sul divano, sotto la campana di vetro descritta da Sylvia Plath, sconsolata dopo l’ennesimo colloquio andato a vuoto. Delusioni sfumate magari alzando il volume di una radio di un Food Mart, in una stazione di benzina qualunque, ballando My Sharona dei The Knack con i tuoi migliori amici. Il cuore del film è tutto qui. Rispondere agli intoppi non preventivati della vita con un pizzico di leggera noncuranza.
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