ROMA – Trent’anni dopo, Jesse e Celine sono ancora qui, tra Vienna e il futuro, due anime perse e ritrovate quasi per caso su un treno che arrivava da Budapest. Prima dell’Alba, il primo film di quella che sarebbe diventata poi una trilogia, venne presentato al Sundance il 19 gennaio 1995, quasi un’era geologica fa, prima di Internet e dei social, quando musica e cinema erano ancora rilevanti e la cultura pop non era tutta in superficie. Sarebbe uscito poi in Italia ad aprile dello stesso anno, in sordina, perché nessuno aveva compreso che quella era una storia destinata a durare nel tempo. Una scommessa cinematografica firmata Richard Linklater che era reduce da Slacker e da La vita è un sogno, un altro piccolo film uscito nel 1993 e che aveva nel cast tre futuri premi Oscar: Matthew McConaughey, Ben Affleck e Renée Zellweger.

Per Prima dell’alba però Richard Linklater cambia punto di vista, scrive la sceneggiatura con Kim Krizan ispirandosi ad un incontro simile fatto con una ragazza anni prima. A metterlo in scena chiama Ethan Hawke, che aveva già girato L’attimo fuggente e a Hollywood era un volto noto, e Julie Delpy che invece era reduce da un capolavoro chiamato Tre colori – Film bianco diretto da Krzysztof Kieślowski, girato solo un anno prima. Ma Ethan e Julie non interpretano solo i ruoli, diventano i loro personaggi, si mescolano con Jesse e Celine, che si incontrano per caso su un treno proveniente da Budapest e decidono di cambiare per sempre le loro vite come poi vedremo in Before Sunset – Prima del tramonto nel 2004 e poi nel 2013 in Before Midnight.

Linklater – per sua stessa ammissione – non voleva girare l’ennesima commedia romantica sulla Generazione X (due anni prima era uscito Singles di Cameron Crowe) voleva realizzare un film che fermasse la vita, il momento. Insomma, quasi cinéma vérité, prendendo spunto più dai racconti del cinema francese e da quel tipo di approccio che non dal cinema americano. E ci è riuscito se è vero che, a trent’anni di distanza, di Prima dell’Alba rimangono proprio i momenti, gli istanti di quella coppia improvvisata, con la scenografia di Vienna (città sempre usata poco dal cinema) a fare da cornice perfetta ad un film che sembra una ballata folk: semplice, lineare eppure tanto efficace da rimanere addosso a chiunque la ascolti.

Il treno alla fine ripartirà, ma nulla sarà più come prima e ritroveremo poi Jesse e Celine a Parigi, dieci anni dopo (e lei canterà per lui) e ancora in Grecia, questa volta con i figli. Rivisto oggi, forse Prima dell’alba risulta ingenuo in qualche passaggio, eppure è proprio quella sincerità ad averlo reso immortale, un piccolo grande film sulle piccole cose della vita che diventano eterne anche se noi non lo sappiamo (e non dobbiamo saperlo). E alcune frasi risuonano oggi più vere che in quel lontano 1995: «Sai cosa mi manda in bestia?», dice ad un certo punto Jesse, «La gente che parla e parla dell’importanza della tecnologia e del tempo che ti fa risparmiare. Ma a che serve il tempo risparmiato se nessuno lo usa? Se poi si trasforma solo in un maggiore lavoro?». Appunto.
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