MILANO – No, quella di Silvio Soldini in Pane e Tulipani (lo trovate su RaiPlay) non è solo la storia di una donna alla scoperta di sé. È molto di più. È una fessura che improvvisamente spalanca all’anima un infinito mondo di alternative. Ma andiamo con ordine: tutto nasce con Rosalba, interpretata dalla strepitosa Licia Maglietta, moglie e madre scordata all’autogrill dai compagni di viaggio e di vita, tra cui i figli e il marito. Golfino verde pastello, occhiali gialli e una nuova carta da giocare, all’improvviso. «Stai ferma li e non ti muovere», le dicono, ma, si sa, le donne non si fermano mai, sempre pronte a sterzare e cambiare la propria strada per volare via. Questa volta verso una città mai vista, a conoscere la versione di sé che forse avevano sempre sognato.

La meta? Venezia, un teatro appoggiato sul mare, che scopre agli spettatori antri così intimi e inediti, alieni ai turisti e alla loro confusionaria velocità. Le cose belle sono lente, suggerisce il film di Soldini, e la città diventa così palcoscenico di una serie di incontri. Tra cui un cameriere islandese, che ha la maschera di Bruno Ganz, che torna quasi angelo à la Wenders in questa Venezia così onirica e nostalgica. Poi c’è una massaggiatrice olistica, a cui presta il volto Marina Massironi e un fiorista burbero e anarchico, interpretato da Felice Andreasi. Personalità che sono piccoli mondi satelliti che ruotano intorno al pianeta Rosalba, un universo fiducioso e aperto all’incontro, che senza forzature o crisi di nervi, trova una risoluzione e un nuovo ordine a tutto ciò che sfiora.

In Pane e Tulipani – che nel 2000 vinse David di Donatello e fu uno dei casi di quella stagione cinematografica – la rinascita di Rosalba inizia alla Pensione Mirandolina, che diventa un sogno che si può affittare per una notte, un sogno dove vale tutto. Anche prendere una vecchia macchina fotografica per immortalare la propria libertà – diritto inviolabile – allo specchio, con le mutandine di pizzo rosse stese ad asciugare che fanno da sfondo. E che nostalgia degli anni Novanta, dunque quando ancora si poteva scappare senza un telefono a cui non rispondere, senza minacce imploranti una doppia spunta blu. Che nostalgia, rivisto oggi, Pane e Tulipani, inno a quando si era liberi di lasciare agli altri il dubbio in un’Italia semplicemente entusiasta, come Rosalba, dove tutto era possibile. Anche credere in un mondo che alla fine poi non era così tanto cattivo.

Soldini nel film non ha paura di mostrare il miracolo di una donna che ricomincia a ballare, cambiando, muovendo e spostando, riscoprendo le passioni, spiccando il volo come un uccello di fuoco. Pane e Tulipani (su RaiPlay) rimane forse il suo film più riuscito, perché marca un volo con accostamenti di colori che sfociano nel kitsch, da poltrone rosse Almodóvar a soffitti azzurro libertà. La leggenda di Rosalba casalinga viene sfatata come quella dei tulipani, che non vengono dall’Olanda come tutti pensano, ma dalla Persia.

Se da molti Rosalba è creduta pazza, non tanto per la fuga quanto per l’assenza di sensi di colpa verso la famiglia, Soldini la accompagna teneramente, affidandole il privilegio di guidarci verso la via del futuro. E rivisto oggi – in un 2024 di ansie e voglie di fuga – Pane e tulipani diventa allora un vizio che possiamo concederci, una vacanza lunga due ore, o magari qualche giorno in più, per visitare nuovi spazi di noi. Anche solo di passaggio.
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