ROMA – A Napoli con il termine Femmenèlla o Femminiello ci si riferisce ad un maschio omosessuale con espressività marcatamente femminili. Nelle generazioni più giovani però si assiste oggi al doppio fenomeno dell’inculturazione, per il quale alcuni di coloro che in passato si sarebbero definiti Femminielli oggi si definiscono semmai Trans. Mancando un supporto ideologico all’interno della comunità, si crea terreno fertile per la nascita di incomprensioni in ambito familiare e i trans napoletani si vedono spesso emarginati all’interno delle loro stesse famiglie. Un paradosso che è anche la sinossi di Nata Femmena, docu-film del 2018 firmato da Elisabetta Rasicci e Pasquale Formicola e al centro della nostra nuova puntata di Doc Corn (trovate le altre qui).
A partire dal folklore partenopeo, perché la figura del Femminiello è radicata nel tessuto sociale dei quartieri popolari, simbolo di fortuna e fecondità, portatore di una carica magica. Celebre in tal senso il rito della Figliata dei Femminielli, una simulazione, dietro un velo, dell’atto della nascita da parte dei Femminielli. Un rito antichissimo dal retaggio secolare, apotropaico, di buon auspicio, che ha trovato nel cinema affettuosi omaggi tra La pelle di Liliana Cavani, Il giovane favoloso di Mario Martone e Napoli velata di Ferzan Özpetek. E poi c’è la tombolata dove il Femminiello tiene banco e dove la Smorfia permette alla casualità dell’uscita dei numeri di creare narrazione e suggestione. Da qui prende forma il viaggio di Nata Femmena, un viaggio socio-linguistico, ideologico e culturale in una realtà complessa e stratificata tra tradizione e contemporaneità.
Sullo sfondo una Napoli barocca e coloratissima, laboratorio di tolleranza e accoglienza che – come certifica il rapporto dell’Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere – ancora oggi ospita la più grande comunità transgender del Mediterraneo, prende forma una narrazione sviluppata su due strade parallele e compenetranti concepite come flussi di coscienza, fiumi in piena. Da una parte Alessia Cinquegrana, nata Giovanni, 29 anni, balzata agli onori della cronaca nel 2017 come prima sposa trans in Italia. Una donna a tutti gli effetti per lo Stato pur non essendosi mai sottoposta all’operazione chirurgica. Dall’altra Alessandro Saggiomo, 25 anni, attore e drag queen (Mamy O’Hara il suo nome), attivista del mondo LGBT napoletano, che non vuole compiere la transizione perché si sente un uomo a pieno titolo.
Storie, quelle di Nata Femmena, talmente forti che meriterebbero, ognuna, un lungometraggio, che raccolgono al suo interno desiderio, identità e trasformazione, comunità e discriminazione, ma anche sogni e speranze di farcela, di amore, di vita. Nel mezzo c’è Enzo Moscato, uno dei più influenti drammaturghi napoletani, che negli anni Ottanta ha raccontato del Femminiello nel dramma Scannasurice come simbolo di globalizzazione e progresso. Tutto racchiuso nei 57 minuti di un documentario di buon ritmo, intenso, straripante di vitalità e colore, testimonianza preziosa di tempi in continuo mutamento. Recuperatelo.
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