MILANO – Se nell’aprile del 2001 le sale inglesi vennero assalite dalle turbolenze amorose di Bridget Jones, quelle francesi conoscevano invece la candida dolcezza di un’altra eroina moderna, Amélie Poulain, che però in Italia sarebbe arrivata solo molti mesi dopo, il 25 gennaio 2002. Ma la storia della cameriera del Café des 2 Moulins di Montmartre non è meno affascinante di quanto non fosse ventuno anni fa, anzi, oggi è addirittura necessaria per poesia e leggerezza, per la capacità di raccontare la vita di ogni giorno senza perdere la potenza del cinema. Per questo vi raccontiamo Il favoloso mondo di Amélie Poulain nel nuovo episodio della nostra rubrica dedicata al cinema francese, French Touch (qui le altre puntate) e anche per poter ritornare indietro e riscoprire il cult firmato da Jean-Pierre Jeunet, regista che allora era reduce da Hollywood e da un film (decisamentte) lontano dall’infinita grazia di Audrey Tautou: Alien – La clonazione.
Ma da dove arriva l’incredibile avventura di Amélie? Dovete sapere che correva addirittura l’anno 1974 quando Jeunet iniziò a collezionare quei momenti di trascurabile felicità dell’esistenza umana che resero poi Il favoloso mondo di Amélie un capolavoro, arrivando fino a cinque nomination all’Oscar (ma nessuna statuetta). Ma cosa rimane del film oggi? Molto: Amélie conserva il suo fascino perché non ha perso l’occhio sul mondo da profonda conoscitrice dell’animo umano e usa la poesia quotidiana per dare un senso all’esistenza, incredibile personaggio in bilico tra Truffaut e Prévert. Indagatrice discreta di ciò che piace o meno alla bizzarra umanità che incontra, ha deciso di rispondere alle poche attenzioni che il mondo le ha da sempre rivolto con la curiosità di un’anima buona. Di cui abbiamo tanto bisogno.
Lei che prova piacere nel far saltare i sassi sul Canal Saint Martin e nel guardare le facce degli spettatori nel buio di un cinema, deciderà di rivolgere la sua spinta verso l’esterno, diventando per gli altri un anonimo angelo custode. Così, saranno pure tempi duri per i sognatori, come afferma un disilluso personaggio del film, ma non per questo Amélie smette di sognare o di far sognare. Oggi come allora. Dopotutto, come si cantava in La La Land, anche Il favoloso mondo di Amélie rimane un film per tutti quelli che sognano, per quanto sciocchi possano apparire, e oggi serve soprattutto – aggiungiamo noi – a chi continua a sognare, nonostante tempi confusi e difficili come questi. «Strana la vita», dice ad un certo punto il personaggio di Dominique Bretodeau. «Quando uno è piccolo, il tempo non passa mai. Poi, da un giorno all’altro ti ritrovi a cinquant’anni, e l’infanzia o quel che ne resta è in una piccola scatola, che è pure arrugginita».
Una curiosità: Audrey Tautou durante le riprese non era affatto stata capace di far saltare i sassi sul canale e quindi si sono dovuti dunque adoperare effetti speciali (!) per ovviare al problema. Alla riuscita del capolavoro contribuirono in massima parte la fotografia di Bruno Delbonnel (ispirata ai quadri del pittore brasiliano Juarez Machado) e l’insostituibile colonna sonora di Yann Tiersen, tra i migliori regali in musica del nuovo secolo. E allora, dimenticate affanni e preoccupazioni e cogliete quest’occasione per immergervi nuovamente nel favoloso mondo di Amélie: non solo i vostri occhi e il vostro cuore ve ne saranno grati, ma tornerete (finalmente) a sognare.
- FRENCH TOUCH | Qui le altre puntate di French Touch
- IL TRAILER | Il favoloso mondo di Amelie
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