ROMA – Era davvero necessario? Questa è la prima domanda che occorre porsi al termine della visione di Le Choix, sesto lungometraggio da regista di Gilles Bourdos. Ne aggiungiamo un’altra: qual è l’approccio realmente funzionale e convincente, alla pratica dei remake, rivisitarli maniacalmente o violentarli? Sarebbe interessante ottenere risposta proprio da Bourdos, che avendo diretto un film come Le Choix, dimostra ancor prima di svelarsi, una totale assenza d’opinione e così d’identità. Ecco dunque il remake di Locke, che a distanza di undici anni, viene riletto da uno sguardo tipicamente europeo, seppur inchinato dinanzi al suo predecessore dal respiro ambiziosamente internazionale e perciò infinitamente più solido e riuscito. Le premesse non erano buone, pur considerando la presenza di Steven Knight, regista e sceneggiatore di Locke, nel ruolo di produttore esecutivo. Gli esiti, occorre dirlo? Ancor meno. Ma non ne siamo sorpresi.

Nel lungometraggio originale di Knight, Tom Hardy guida nella notte, seguendo una linea retta, poiché ogni decisione è già stata presa e nessuno sente mai davvero il bisogno di tirare in ballo la scelta, qui invece tema portante. Poiché di scelte, il Locke di Hardy non ne ha mai avute e se ne avesse, tradirebbe l’etica e così la morale del suo personaggio, che Knight costruisce minuziosamente nel corso dell’intero film. Per farla breve, in presenza di una scelta vera e propria, Locke (il film, non il suo protagonista), per come lo conosciamo e per ciò che in definitiva è stato, perderebbe completamente di senso. Ecco dunque una terza domanda al termine della notte e del viaggio assai tedioso di Le Choix: L’impavido Gilles Bourdos, lo ha compreso a fondo il film originale o ne ha osservato esclusivamente la superficie? La risposta la conosciamo già, non necessitiamo di alcuna attesa.

Se è vero che ad Hollywood dal 2010 al 2015 una moltitudine di autori, registi e produttori, si è interrogata sulla possibilità di un cinema estremamente claustrofobico, a budget contenuto e centrato su un solo interprete, capace di reggere l’intera faccenda – ci ricordiamo di Buried con Ryan Reynolds? -, è altrettanto vero che il medesimo modello oggi, difficilmente possa risultare efficace e rivoluzionario come allora. Al contrario, incredibilmente monotono, poiché già visto, abusato e prevedibilmente superato. Poiché è cosa ben diversa dall’immortale ed eternamente efficace – dipende dai suoi autori – cinema da camera. Nel caso di Le Choix, ogni elemento e traccia narrativa propria del lungometraggio originale, resta inalterata. Ancora una volta un costruttore, che si fa demolitore. Colui che è riuscito a tirare su torri e palazzi, ma non la propria famiglia, quella sì complessa ed estremamente fragile.

Un solo errore può spezzarla infatti, può condurla alla fine, proprio come accade con il lavoro che Joseph (Vincent Lindon è un interprete di notevole carisma, ma è ben poca cosa rispetto a Tom Hardy, che in Locke si muove incessantemente tra rabbia sopita e fragilità ormai liberata) non riesce proprio a lasciar andare. Padri che hanno commesso errori, figli che hanno fatto altrettanto, pur convincendosi del contrario. Non è infatti eroico affrontarli, piuttosto doveroso e in linea con la propria idea di correttezza, disciplina e ancor prima umanità. Ecco perché tutti in linea telefonica, confessano a Joseph d’essere sorpresi, nessuno mai si sarebbe aspettato un crollo di questa natura, una crepa che improvvisamente lacera e muta per sempre, la facciata di perfezionismo, apparenza e ipocrisia, faticosamente costruita nel corso di un’intera vita.

Senz’altro Hardy si rivela capace di muoversi lungo i binari dell’ambiguità, assumendo su di sé rabbia, tristezza, malinconia e leggerezza – ci ricordiamo le risate spezzate dall’ormai drammatica consapevolezza di ciò che riserverà il futuro? -, tutto ciò che Lindon invece manca tragicamente, restando rigido e fastidiosamente concentrato sulla costruzione di un uomo ostile, che nemmeno prova a farsi benvolere, trovandosi addirittura a pregare chi giustamente sceglierà di allontanarlo una volta per tutte. Un pietismo che non meritava d’appartenere all’ottima intuizione di Steven Knight e che affossa completamente questo fiacco, dimenticabile e gemello – nelle intuizioni, ma non nel risultato finale – remake di Locke. La Choix. Scegliete di non vederlo.
- VIDEO | Qui per il trailer del film:
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