ROMA – «Ho sempre pensato che fosse il miglior film che avessi mai fatto. Meglio ancora: ho sempre pensato fosse il miglior film che qualcuno avesse mai realizzato…». Parole di Frank Capra che, mettendo da parte la modestia in favore della pura e assoluta superbia, ci ricordano però anche una grande verità: no, non c’è mai stato e non ci sarà mai un film come La vita è meravigliosa. E no, non unicamente per il suo status di film natalizio definitivo. Il Natale venne dopo, molto dopo, ma perché – sempre riportando le parole del suo autore – quel film «Non venne girato per i critici annoiati o per stanchi letterati. Era il mio tipo di film per il mio tipo di persone…». Ovvero le persone comuni, i self-made-man, chi – come lui – credeva ancora nel sogno americano e nei sacrifici necessari ad un domani migliore. Per tutti.
Ai George Bailey di tutto il mondo in buona sostanza, a quelli che riescono sempre a fare la propria parte per la propria famiglia e per la comunità, nonostante le difficoltà che della vita: «Il tema del film? Rinvigorire la fiducia dell’individuo in sé stesso. E poi l’ho fatto per combattere una certa tendenza moderna verso l’ateismo». Ma in realtà di difficoltà La vita è meravigliosa ne riservò non poche a quel George Bailey (James Stewart) che si trovò costretto a mettere da parte il sogno di viaggiare nel mondo con una sola valigia come compagna di viaggio per portare avanti l’attività del padre. Intenti audaci portati avanti da una narrazione sentimentale dall’evidente sapore dickensiano (Canto di Natale) che – nell’evolvere dalla commedia al dramma, dalla favola all’incubo (e ritorno) – fa riflettere lo spettatore sul destino, il libero arbitrio e il proprio posto nel mondo.
Una fiaba per adulti insomma, che proprio come la vita stessa, muta in funzione degli eventi. Fino a quel climax commovente, nostalgico, dagli intenti puri e innocenti del buon agire comune che, sulle note della sempiterna Auld Lang Syne, ci ricorda una cosa, semplice ma fondamentale: «Nessun uomo è un fallito se ha degli amici». È la quintessenza del magico potere del cinema La vita è meravigliosa. Di sicuro fu così per Capra che vide nell’essenza filmica del suo capolavoro il manifesto della sua filosofia: «Un film deve innanzitutto esaltare il valore dell’individuo e drammatizzarne la vitalità, difendere l’uomo, perorare le sue cause e protestare contro qualsiasi attacco alla sua dignità e al suo spirito. Proprio come nel tema de La vita è meravigliosa c’è splendore e gloria nell’oscurità, se solo potessimo vederla». Ecco, se oggi parliamo di un classico, a quel tempo però in pochi videro la gloria.
Presentato a New York il 20 dicembre 1946 per poi arrivare nelle sale all’indomani dell’Epifania del 1947, incassò poco meno di 3 milioni di dollari al box-office. Sì, La vita è meravigliosa fu un flop e anche bello grosso. Alcune recensioni dell’epoca puntarono il dito sull’ontologico pessimismo che trasuda dalla narrazione nel mostrare quel mondo alternativo, estraneo a George Bailey, eppure tremendamente contemporaneo nel suo essere cinico e meschino, del tutto privo di bontà. Altri invece, come il critico Manny Farber del The New Yorker, sottolinearono: «È una storia terrificante e asfissiante sulla crescita e l’abbandono dei propri sogni. Capra sceglie un percorso facile e ingenuo che non dà credito all’intelligenza del pubblico per esprimere i suoi punti». Paradossale: quello che oggi è ritenuto essere uno dei punti di forza del cinema capriano, la semplicità, l’immediatezza d’intenti nel veicolare i propri temi, allora era un punto debole.
E non solo! Il culmine fu raggiunto il 26 maggio 1947, giorno in cui l’FBI emise una nota ufficiale in cui affermava: «Screditare il ruolo dei banchieri scegliendo di caratterizzare Henry Potter (interpretato da Lionel Barrymore, nda) come uno Scrooge, in modo da risultare automaticamente come il più odiato, è un trucco comune usato dai comunisti nell’attaccare la classe dirigente». Ci vollero anni se non decadi prima che il mondo comprendesse realmente il purissimo valore de La vita è meravigliosa. Nello specifico? Trent’anni. Siamo nel 1976, l’anno in cui il film diventa improvvisamente un punto fermo del palinsesto televisivo nel periodo natalizio. La cosa sorprese parecchio Capra che anni dopo commentò, in un’intervista al Wall Street Journal del 1984: «È qualcosa di incredibile. Il film ha una vita propria ormai adesso e ora, si, posso guardarlo come se non avessi niente a che fare con me».
«Quando incominciai a lavorarci a dire il vero non pensai nemmeno a una storia natalizia. Mi piaceva semplicemente l’idea». Facciamo un passo indietro. Prima ancora che (in)successo cinematografico infatti La vita è meravigliosa è stato un’opera letteraria infelice. Il motivo? La storia originale, The Greatest Gift, scritta da Philip Van Doren Stern nel novembre 1939 non fu mai pubblicata nel vero senso della parola. Dopo essere stata rifiutata da diversi editori, Van Doren Stern la stampò da sé come un opuscolo di 24 pagine (!) spedito a circa duecento persone tra familiari e amici come augurio di Natale nel 1943. Tra questi: Cary Grant e il produttore David Hempstead della RKO Pictures. Già nell’aprile dell’anno successivo la RKO acquistò da Van Doren Stern i diritti di utilizzazione economica per diecimila dollari per poi ingaggiare gli sceneggiatori Dalton Trumbo, Clifford Odets e Marc Connelly per adattarlo.
Nessuno dei loro draft però sembrò cogliere l’essenza dell’opera. In quello di Trumbo, addirittura, George Bailey era un politico idealista che diventava più cinico man mano che l’intreccio si dispiegava – non dissimile dal concept de Tutti gli uomini del Re di Robert Rossen del 1949 in buona sostanza – quindi cerca di suicidarsi dopo aver perso un’elezione. La RKO si trovò così costretta a cestinare La vita è meravigliosa con il futuro Roger Thornhill de Intrigo internazionale (di cui potete leggere qui) che dirottò le sue attenzioni su un altro classico di Natale: La moglie del vescovo. Pochi mesi dopo, l’allora capo della RKO, Charles Koerner, esortò Capra a leggere The Greatest Gift. Credeva potesse essere un progetto perfetto per il suo cinema e per la sua neonata Liberty Films che con la RKO sottoscrisse un accordo di distribuzione di nove film.
Capra colse immediatamente il potenziale de La vita è meravigliosa puntandoci come primo progetto hollywoodiano dopo i documentari bellici di propaganda (Preludio alla guerra, Conosci il tuo nemico – Giappone, ecc.). RKO gli cedette i diritti The Greatest Gift alla stessa cifra da cui li acquistarono da Van Doren Stern offrendogli gratuitamente i tre draft firmati Trumbo, Odets, Connelly. Furono saccheggiati da Capra che, contemporaneamente, ingaggiò gli sceneggiatori Frances Goodrich, Albert Hackett e Jo Swerling per la stesura dello script con Michael Wilson e Dorothy Parker per (eventuali) rifiniture. Da quanto risulta non fu affatto una collaborazione armoniosa: Goodrich arrivò a definire Capra così: «Un uomo orribile. Non vedeva l’ora di scriverlo da sé. Ci stavamo avvicinando alla fine e volle sapere quanto presto avremmo finito. Scrivemmo rapidamente l’ultima scena e dopo non l’abbiamo più visto. Un bastardo arrogante».
Si giunse infine a un arbitrato per porre fine a una penosa (soprattutto da parte di Capra) disputa sui crediti di scrittura dello script, che vide la paternità attribuita a Goodrich, Hackett e Capra in prima battuta con il contributo della Sterling riconosciuto in minor misura (scene aggiuntive reciteranno i titoli di coda). Fortunatamente ebbe vita breve la Liberty Films. Capra infatti non riuscì mai ad onorare i nove titoli previsti dall’accordo con RKO. Dopo La vita è meravigliosa – per cui chiese alla Bank of America un prestito di un milione e mezzo di dollari per realizzarlo – produsse soltanto un altro film nel 1951 (Lo stato dell’unione), poi dovette chiudere i battenti. Nulla che possa scalfire, in qualche modo, il glorioso retaggio di La vita è meravigliosa, pellicola per cui Capra aveva le idee molto chiare sin dal principio.
Come ricordato nella sua autobiografia: «Di tutti i ruoli possibili per un attore credo che il più difficile sia quello di un buon samaritano che non sa di esserlo. Conoscevo un solo uomo che poteva interpretare George Bailey. Era James Stewart». Poi, la rivelazione dello stesso Capra: «Parlai con Lew Wasserman, l’agente della MCA che si era occupato di Jimmy, e gli volevo raccontare La vita è meravigliosa. Wasserman mi rispose che Jimmy avrebbe accettato la parte senza nemmeno sapere di che avrebbe parlato la storia». Del resto lui e Capra erano in ottimi rapporti dopo i precedenti de L’eterna illusione e Mr. Smith va a Washington e di ritorno dall’impegno bellico – proprio come Capra – era intimorito dall’idea di tornare a fare cinema. Si credeva arrugginito. L’alternativa a Stewart corrispondeva al nome di Henry Fonda che però preferì accettare l’offerta di John Ford per Sfida infernale.
Il risultato? Quello che Capra definì del futuro Ransom Stoddard del fordiano Liberty Valance (di cui potete leggere qui) come «Il fascino nell’essere insolitamente usuale davanti alla macchina da presa» si tradusse in una performance intensa, mutevole, in grado di passare attraverso una mimica sincera dall’ottimismo più puro al pessimismo più cupo. Insomma, dalla commedia all’incubo, senza per questo venir meno all’intrinseca umanità del personaggio George Bailey. Lo stesso Stewart, pur dopo un iniziale scetticismo, dirà dopo i magri risultati al box-office: «Ma è un film puro. Non è stato tratto da un romanzo o da una commedia, ma da un opuscolo. La storia? Molto semplice: nessun messaggio, nessuna violenza, nessuna scena di massa». La magia natalizia de La vita è meravigliosa crebbe da sé, spontaneamente, anche in modi incredibili.
Di anno in anno, Capra si sorprese nel ricevere migliaia di migliaia di lettere di fan che volevano condividere con lui l’impatto che il film ebbe sulle loro vite. Una volta se ne contarono solo 1.500 dai detenuti del carcere di San Quintino. L’apice fu raggiunto nel 1987 quando un giudice dello Stato della Florida ne ordinò la visione ad un imputato come parte della condanna per aver ucciso la moglie ammalata al fine di comprendere la dignità della natura umana. E poco tempo dopo, Robert C. McFarlane, allora Consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’Amministrazione Reagan, rivelò al The New York Times che la visione de La vita è meravigliosa gli diede la forza di andare avanti dopo aver tentato il suicidio pochi mesi prima. L’ultimo grande sostenitore del film non ha bisogno di presentazioni: Steven Spielberg.
«La vita è meravigliosa? Credo che dimostri che ogni essere umano su questa Terra è importante e questo è un messaggio molto forte» disse il regista di E.T. – L’extra-terrestre (di cui potete leggere qui). Chi invece proprio non riuscì a creare alcun legame con l’opera di Capra fu nientemeno che Woody Allen che, tra le righe autobiografiche del suo A proposito di niente, si è lasciato andare a un commento che non lascia spazio a fantasiose interpretazioni: «Non mi piace La vita è meravigliosa che mi fa venire voglia di strozzare quel melenso angelo di seconda classe (Clarence ndr)». Punti di vista. Per quanto ci riguarda, qui ad Hot Corn non è veramente Natale fino a quando non si rivede La vita è meravigliosa…
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Qui sotto potete vedere il trailer del film:
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