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Guerra, filosofia e vita | Terrence Malick e La sottile linea rossa rivisto oggi

Dalla storia vera di James Jones a quella potenza visiva immutata. Venticinque anni dopo. Su Disney+

MILANO – Gli spari, la natura, la luce. L’orrore del fuoco e della morte, in contrapposizione alla temporanea permanenza dell’uomo sulla Terra e alla granitica maestosità del creato. Può un solo film esprimere tutto questo? Ne abbiamo avuto prova più di vent’anni fa quando uscì in Italia il 19 febbraio del 1999, dopo la vittoria al Festival di Berlino un anno prima, il terzo lungometraggio in venticinque anni diretto da Terrence Malick: La sottile linea rossa (lo trovate in streaming su Disney+). Pellicola ispirata all’omonimo romanzo di James Jones del 1962 e vincitrice dell’Orso d’Oro alla Berlinale 1999, fu una delle rare visioni capaci di diventare un termine di paragone per il futuro e di reinventare un genere come il war movie facendolo dialogare con il linguaggio filosofico, la metafisica, la spiritualità.

La sottile linea rossa, una scena del film.
Jim Caviezel in una scena de La sottile linea rossa

Nel cinema di guerra non esiste nulla di paragonabile al capolavoro malickiano: la macchina da presa fluttua nella giungla di Guadalcanal, nel 1942, quando un gruppo di militari americani viene mandato alla conquista di un campo d’aviazione giapponese. Tra di loro, c’è il soldato Witt (Jim Caviezel), dapprima disertore affascinato dalla vita degli indigeni e poi combattente che si sacrifica per i suoi compagni. E poi il paterno e assennato capitano Staros (Elias Koteas), che rifiuta di spedire i suoi uomini all’inferno, e il bellicoso e incauto colonnello Tall (Nick Nolte).

La sottile linea rossa, una scena del film
Sul set del film di Terrence Malick.

Un cast fluviale di star hollywoodiane (George Clooney, Woody Harrelson, Sean Penn, John Travolta, per citare soltanto i nomi più clamorosi) e di grandi attori compongono un mosaico di personaggi che s’interrogano sul significato del tempo e dell’esistenza, mentre attraversano in prima persona l’insensatezza del conflitto e la caducità dell’essere umano. Una pellicola diventata mitica anche perché arrivò a distanza di ben due decenni dall’opera precedente di Malick, il bellissimo I giorni del cielo. Un silenzio ventennale su cui ancora si consumano teorie e speculazioni dovute alla radicale riservatezza del regista, un professore universitario che vive nascosto e si espone al pubblico comunicando solo attraverso il suo sguardo.

La Sottile Linea Rossa, una scena del film.
Un altro momento de de La Sottile Linea Rossa.

L’influenza de La sottile linea rossa e dello stile di Malick, percorso da ellissi temporali, voice over e sinuosi movimenti di macchina, sui giovani cineasti d’inizio terzo millennio è incalcolabile: in qualsiasi festival di emergenti troverete qualche nuovo autore che cita apertamente il regista tra i maggiori punti di riferimento. Il trionfo a Berlino, però, non portò Malick alla vittoria dell’Oscar per il miglior film, nonostante le sette candidature. L’Academy, infatti, gli preferì il rassicurante romanzetto rosa Shakespeare in Love di John Madden. Un’altra storia…

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