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Il Dottor Stranamore | Peter Sellers, Stanley Kubrick e la paura dell’atomica

George C. Scott, Sterling Hayden, il sottotesto sessuale e la modernità di un classico da riscoprire

Il Dottor Stranamore
Il Dottor Stranamore

ROMA – Oltre che da una perfezione registica maniacale, il cinema di Stanley Kubrick s’è da sempre distinto per il suo eclettismo: noir, peplum, horror, sci-fi, bellico/anti-bellico, tutti generi affrontati con disarmante naturalezza. In questo non fa eccezione Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (Dr. Strangelove) del 1964 liberamente ispirato dal romanzo Red Alert di Peter George che, sullo sfondo di un’America traumatizzata dalla Crisi missilistica cubana e dall’attentato a JFK, assurge al cinema di guerra nella forma di una black comedy coinvolgente tra il surreale e il grottesco con cui affrontare l’attualità della Guerra Fredda. È una mera cornice di genere però. Perché in ogni sua opera Kubrick aggiungeva un tassello in più a quel mosaico di colori filmici che è stata la sua filmografia da cui far emergere, sottotraccia, una riflessione comune sulla ragione e sul rapporto degli uomini con essa.

Sterling Hayden è il Generale Jack D. Ripper in una scena de Il dottor Stranamore
Sterling Hayden è il Generale Jack D. Ripper

Che fosse il rapporto tra la sovrarazionalità e la subrazionalità (Shining), la presa di coscienza di uomini e macchine (2001: Odissea nello spazio) o dell’annichilimento dell’io in una società distopica (Arancia meccanica), Kubrick ne arrivava sempre a definire le implicazioni morali e filosofiche tra le maglie narrative. In questo non fa eccezione Il dottor Stranamore a partire proprio dalla pietra narrativa da cui crescerà poi l’escalation di eventi che porteranno a squarciare in due il mondo civilizzato: la perdita di senno di quel Generale Jack D. Ripper (Sterling Hayden) dal gioco di parole cacofonicamente anglofono con Jack-the-ripper/Lo Squartatore da desiderio sessuale inappagabile, che piuttosto che ammettere l’impotenza dà la colpa di tutto ai Comunisti e alla fluoro-contaminazione dell’acqua. Personaggio di finzione che a detta di Kubrick: «Non sono assolutamente sicuro che non esista ai piani alti di Pentagono (o dell’Armata Rossa) un simile archetipo».

Peter Sellers è il dottor Stranamore
Peter Sellers è il dottor Stranamore

E non solo, perché un po’ tutto Il dottor Stranamore (lo trovate su Prime Video e CHILI) è come pervaso di doppi sensi sessuali. Come nel caso della scena d’apertura dove il rifornimento in volo di due B-52 in linea parallela viene colorato da Kubrick di un certo sapore sessuale tra il lavoro di montaggio e Try a Little Tenderness di Otis Redding in sottofondo, o nel cognome stesso del Generale Turgidson (George C. Scott) dall’inevitabile rimando all’elemento fallico, il rapporto poligamico 10:1 per preservare la specie umana in caso di olocausto nucleare, perfino lo stesso climax con la cavalcata della bomba in chiusura di racconto. Poi c’è la tipica astuzia kubrickiana, quella simbolica e ambiziosa. Come l’aspetto semantico e simbolico della copertina del (fittizio) Playboy del giugno 1962 letto dal comandante King Kong (Slim Pickens).

Tracy Reed e Foreign Affairs

Oltre a mettervi in bella mostra la playmate Tracy Reed/Miss Scott, sceglie di vestirla soltanto di una rivista: un numero di Foreign Affairs (stavolta reale) tra i cui inserti c’era un articolo di Henry Kissinger sulle alleanze in piena Guerra Fredda (Strains on the Alliance). Del resto sono altissimi gli intenti dissacranti de Il dottor Stranamore, a partire da quell’impareggiabile contrasto tra la scritta che campeggia in quell’insegna nel pieno di un’esercitazione «Peace is our profession» e l’effettivo non-mantenimento dello stessa a opera del dissennato Generale Ripper. D’altronde tutti i militari de Il dottor Stranamore sono tutt’altro che eroici ed elevati, piuttosto da intendersi come pasticcioni, patriottici ma ingenui, paranoici, ignoranti e bifolchi, sempre con il dito sul bottone nucleare con cui disegnare un prodigioso atto di denuncia degli effetti politico-sociali del maccartismo e la sua (inutile) caccia alle streghe di infiltrazione comunista.

«Peace is our profession»

Il cuore del racconto de Il dottor Stranamore però è senz’altro la macro-sequenza nella Centrale Operativa reso da Kubrick nella forma di un raffinato kammerspiel su di una partita a scacchi tra agenti scenici in un’escalation progressiva e rapida della posta in gioco da punto della situazione a catastrofica ed irrimediabile fatta di dialoghi calzanti, incisivi, netti, con cui far crescere e prosperare la caratterizzazione dei personaggi. Sino al punto finale del deus ex-machina del deterrente nucleare: l’Ordigno di fine di mondo e le implicazioni filosofico-etiche di cui si fa portatore. A quel punto la sgangherata fantapolitica kubrickiana sfocia in un’acuta e dolorosa riflessione su come la guerra sia meno meno costosa della pace e di come, in fin dei conti, la Corsa allo Spazio e quella agli Armamenti hanno prodotto uno sforzo economico superiore di quello che potrebbe avere una semplice arma di distruzione di massa in scala.

«Signori, non potete fare a botte in Centrale Operativa»

Un Ordigno di fine di mondo come di fine narrazione il cui funzionamento perfetto e irreversibile all’azione umana serra le fila di un Il dottor Stranamore dai catastrofici effetti paralizzanti dentro e fuori dallo schermo. La risoluzione del conflitto scenico porta in seno due grandi verità: l’incomunicabilità politica tra nazioni dovuta dai muri posti dalla Guerra Fredda e la depersonalizzazione del soldato nel conflitto bellico del tutto sprovvisto di autocoscienza e spinto nell’agire dagli ordini assegnati per quanto assurdi possano risultare. Nel mezzo di questa folle e incisiva baraonda narrativa c’è Peter Sellers che dopo lo sdoppiamento Clare Qulty/Dr. Zempf di Lolita vede qui triplicarsi tra il Capitano Lionel Mandrake (l’eroe buono), il Presidente Merkin Muffley (rilettura dissacrante e inerme del due volte candidato presidenziale Adlai Stevenson II) e l’impareggiabile pseudo-nazista falsamente paraplegico che dà il titolo al racconto (liberamente ispirato allo scienziato Wernher von Braun).

Peter Sellers è il Presidente Merkin Muffley in una scena de Il dottor Stranamore
Peter Sellers è il Presidente Merkin Muffley

Fu un diktat della Columbia Pictures che accettò di finanziare il progetto solo se Sellers si fosse moltiplicato in quattro. Il quarto personaggio sarebbe dovuto essere il comandante Kong (poi reso grande da Slim Pickens), ma dopo essersi rotto la gamba cadendo a cavallo della bomba dovette rinunciarvi. Un’anima attoriale una e (solamente) trina di pura improvvisazione quindi, a cui Kubrick affidò le chiavi della narrazione trovando l’apice in uno dei momenti chiave in chiusura di terzo atto. Quello scambio dialogico da leggenda Muffley/Stranamore in un continuo campo/controcampo tra incarnazioni sceniche sellersiane che vive di pura opposizione recitativa tra la sottrazione del decorato e (ormai) rassegnato Presidente e quella folle, fisica e sopra le righe del caotico Dottore, senza per questo perdere mai un grammo di intensità. Al punto che, poco dopo la fine delle riprese, Sellers ebbe un infarto che lo lasciò clinicamente morto per un paio di minuti.

«Mein Führer, io cammino!»

Da quel momento scelse di non prodursi più in performance multiple. Ne il dottor Stranamore però finì con l’amplificare gli effetti di un’opera paradossale fortemente anticipatrice di ciò che sarà poi MASH di Robert Altman. Un opera che vive dell’aspro e vivido contrasto tra la sua natura black comedy e l’inerzia di un finale strutturalmente aperto ma emotivamente chiuso nel lasciarci senza speranza e/o possibilità di un reale cambiamento. E qui c’è la nota poetica. Kubrick ci spazza via in un susseguirsi di funghi nucleari in origine anticipati da una grottesca battaglia a torte in faccia per decidere il destino del mondo (mai realizzata) la cui assenza dal girato definitivo fu ritenuta da Kubrick: «Un disastro di proporzioni omeriche». Scelse meglio, scelse bene, per un frastuono millenario che pose i sigilli su di un’opera da fiction dolorosamente reale chiusa, infine, dal suono ovattato della voce di Vera Lynn.

Slim Pickens e il quarto ruolo (mancato) di Peter Sellers in una scena de Il dottor Stranamore
Slim Pickens e il quarto ruolo (mancato) di Peter Sellers

We’ll Meet Again canta il finale de Il dottor Stranamore e poco importa se non avverrà mai. Kubrick ci ha insegnato a non preoccuparci e ad amare la bomba qualunque cosa ci farà, nell’attesa, meglio consolarsi con quest’ennesima grande pagina di cinema. Pagina che, a dire il vero, a un certo punto si sarebbe dovuta raddoppiare. Nel 1995 infatti Kubrick diede mandato a Terry Southern (sceneggiatore dell’originale), di scrivere un sequel dal titolo Son of Strangelove con Terry Gilliam alla regia. Lo script avrebbe raccontato dell’indomani dell’Olocausto nucleare con il dottor Stranamore rifugiato in un bunker sotterraneo assieme a un gruppo di donne. Accettata l’assenza di Sellers, il progetto restò a metà del guado dopo la morte di Kubrick, privandoci di un sequel insolito e suggestivo già al solo pensiero delle menti creative coinvolte.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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