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Emily Blunt: «The English, il mio viaggio nel West e la mia nuova vita da produttrice»

I western, il set, il suo ruolo, la serie su Paramount +. Abbiamo incontrato l’attrice a Los Angeles

The English.
Emily Blunt in una scena di The English, ora su Paramount +.

LOS ANGELES – In attesa di vedere Emily Blunt in Oppenheimer di Christopher Nolan (in uscita il 23 luglio) e A Quiet Place: Day One insieme al marito John Krasinski (nel 2024), questa volta la incontriamo alla nuova sede degli Amazon Studios a Culver City, in California, per parlare con lei di un ruolo che, seppure quasi passato inosservato – per usare le sue parole – le ha rubato l’anima. Stiamo parlando di The English, serie in di sei episodi scritta e diretta da Hugo Blick uscita su Prime Video in America e in Italia su Paramount +. Dopo quindici anni di film per il cinema, la Blunt torna a un ruolo TV dopo La Figlia di Gideon, del 2006. In The English, interpreta Cornelia Locke, un’aristocratica britannica che arriva nel Nuovo Mondo nel 1890, carica di bauli e abiti eleganti, valigie di denaro e un solo obiettivo: vendicare la morte del figlio.

The English
Abito, guanti e cappello: la Cornelia Locke di Emily Blunt in The English.

La vediamo poco dopo il suo arrivo, quando si imbatte in Eli Whipp (interpretato da Chaske Spencer, attore che ha un mix di sangue Sioux, Nez Perce, Cherokee, Creek, francese e olandese), personaggio ispirato agli esploratori della cavalleria Pawnee realmente esistiti e impiegati dall’esercito degli Stati Uniti nella seconda metà del XIX secolo con il compito di aiutare nei conflitti in corso tra i coloni e i nativi. Nel cast, oltre a Toby Jones, Ralf Spall, Nichola McAuliffe e Ciarán Hinds, anche attori nativi-americani come Gary Farmer, Kimberly Guerrero e Tonantzin Carmelo. The English, co-prodotto dalla BBC e Amazon Studios, vede l’attrice per la prima volta nel ruolo di produttrice esecutiva. Ecco cosa ci ha raccontato.

La metamorfosi di Cornelia nel West. Qui è con Chaske Spencer.

IL PROGETTO – «Come sono stata coinvolta? Hugo Blick, sceneggiatore e regista della serie, mi ha mandato lo script del pilota. Credo volesse solo vedere cosa ne pensassi della storia. Me ne sono innamorata. Mi ha rubato l’anima. L’ho detto chiaro e tondo: ho firmato alla seconda pagina della sceneggiatura. Poi mi hanno chiesto di produrlo e da lì ogni passo è stata una gioia. Per quanto riguarda la produzione, probabilmente sono stata più utile nella fase di post-produzione, inizialmente ero immersa nella recitazione. Cercavo un tipo di narrazione a lungo termine in cui è possibile intraprendere un viaggio. Tutti i progetti e i personaggi migliori sono in TV, storie che non devono piegarsi alla necessità di fare bene nella prima settimana di botteghino; in un certo senso, le serie non si preoccupano di essere appetibili. E poi mi interessava avere la reazione non solo da parte di amici, ma anche di colleghi e sconosciuti che ora mi fermano per strada per dirmi che hanno visto The English in un weekend. Era da un po’ che non sperimentavo una reazione così».

The English
Emily Blunt in un’altra scena.

LA PRODUZIONE – «Voler produrre può sembrare vanità. Ma in questo caso non è stato così. È stata una storia d’amore e ogni aspetto di questo lavoro mi ha appassionato. Ho amato il montaggio, il sudarsi ogni fotogramma. Quindi, sì, mi piacerebbe produrre di nuovo se mi venisse offerto un progetto ancora in fase embrionale come questo. Devo essere sfidata quando lo leggo per la prima volta. Voglio sentirmi coinvolta ma anche scoprire il mio personaggio fino a conoscerlo profondamente. Non sono mai stata così innamorato di un personaggio che ho interpretato prima d’ora: penso che Cornelia sia straordinaria e difficile da decifrare, come lo sono tutti gli esseri umani in momenti di difficoltà. Per me è stato divertente, umano e reale. Lei non è conforme a nessun tipo di ideale di personaggio femminile forte».

Il West visto da Hugo Blick.

IL WEST –  «Sono cresciuta guardando western. Uno dei primi? Zanna Gialla di Robert Stevenson, ricordo della mia infanzia, seguito da Il cavaliere della valle solitaria di George Stevens. Più avanti ho amato Gli Spietati di Clint Eastwood. Di solito nei western ci sono personaggi che cercano di ristabilire una sorta di giustizia e credo che la gente ami questo aspetto: l’avere una missione, il voler ripristinare una rivincita. Inoltre credo che la natura robusta di un western sia quella di avere una natura teatrale. Ci si trova al di fuori di una realtà rigida. In questo caso la preparazione non è stata lunga, abbiamo avuto una settimana per discutere le scene. Io e Chaske abbiamo parlato a lungo con Hugo. Poi ci siamo seduti in una stanza e abbiamo letto il copione. Lì credo di aver percepito cosa stava nascendo e come si stava costruendo dato che Hugo ci dava la libertà di abbandonare la prudenza e di proporre idee su idee….».

The English
Un suggestivo scatto di un episodio di The English.

IL SET – «Credo che la scelta di girare in Spagna sia stata ottima per diversi motivi. Innanzitutto per le agevolazioni fiscali, che sono preziose. E poi era il luogo in cui si giravano i vecchi spaghetti western. Offre un paesaggio mitico, somiglia alle pianure del Kansas e poi, verso Nord, al Wyoming. Avevamo una troupe quasi interamente spagnola che è stata sorprendente, con ottimi maestri di cavalli. Tra l’altro faceva un caldo infernale e lo scintillio del sudore è decisamente una cosa che vuoi che si veda sullo schermo. C’è un’atmosfera che si crea sul set di un film quando si è in un luogo inaccessibile a chiunque non faccia parte di quel mondo. E mi piace che ci sia quella pressione, quando le persone non possono tornare a casa ogni sera. Alloggiavamo in posti in mezzo al nulla. Abbiamo trascorso una settimana a Madrid, il resto del tempo lo abbiamo trascorso all’aperto, totalmente isolati…».

The English
Chaske Spencer, uno dei molti nativi rivisti da The English.

I NATIVI – «Sul set abbiamo lavorato a stretto contatto con IllumiNative, un’organizzazione di giustizia sociale e razziale guidata da nativi e con i membri della Nazione Pawnee dell’Oklahoma che ci hanno affiancato come consulenti culturali. Alla fine delle riprese mi hanno detto che di solito venivano interpellati per film o serie dopo che erano ormai concluse e non si erano mai sentiti apprezzati. Inoltre Hugo, la cui ricerca è stata molto approfondita, mi ha detto: “Posso fare tutta la ricerca intellettuale che voglio, ma ho bisogno di arrivare ad una prospettiva e ad un’esperienza viscerale e questo lo si ottiene solo parlando con i consulenti di Wilmington che abbiamo avuto”. Da quello che ci hanno detto è stata un’esperienza rara per loro. Quindi sì, in The English l’autenticità è stata un aspetto fondamentale…». 

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  • PREVIEW | The English, il western all’inglese di Emily Blunt
  • VIDEO | Qui il trailer di The English:

 

 

 

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