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Maestri d’Oriente | Da Takashi Miike a Kore’eda: il cinema asiatico in streaming

Su CHILI una speciale vetrina che celebra i grandi autori giapponesi, cinesi e thailandesi

Little Sister di Kore'eda Hirokazu

MILANO – Forse poco conosciuto ma di infinito valore. Nella sua storia il cinema asiatico ha prodotto grandi capolavori, premiati anche in Occidente, pur con una sensibilità assolutamente diversa e i ritmi di produzione molto più serrati. Anche nel nostro Secolo, la tradizione del cinema orientale è continuata, con titoli che non sempre hanno sfondato le barriere arrivando a tutti ma che meritano di certo la nostra attenzione. Questo l’obiettivo della sezione Maestri d’Oriente, disponibile su CHILI. Undici titoli che spaziano principalmente tra Cina e Giappone per dire, ancora una volta, la maestria (è il caso di dirlo) di quei registi che rappresentano un modo di fare poesia sullo schermo.

The Grandmaster
The Grandmaster

Troviamo così due opere del regista cinese Wong Kar-wai, Ashes of Time Redux (1994), un melodramma su un sicario che ripensa alle storie della sua vita, e The Grandmaster (2013), che si inserisce perfettamente nella lunga tradizione del kung-fu tracciandone la storia sommaria (con l’efficace tag line C’era una volta il kung-fu). Legato alle arti marziali è anche 13 assassini (2010) del giapponese Takashi Miike, che rielabora le vicende dei samurai con un evidente omaggio al genio di Kurosawa. Sempre in Giappone, uno dei temi più rappresentati da sempre è la famiglia, e così Hirokazu Kore’eda analizza sotto più aspetti la quotidianità familiare, le appartenenze e quei legami indissolubili in Un affare di famiglia (2018), Father and Son (2013), Little Sister (2015) e Le verità (2019).

Little Sister
Little Sister

Spostandoci ancora verso la Cina troviamo una serie di pellicole che fanno leva sulla Storia del Paese, che si intreccia con le vicende dei personaggi. Scopriremo allora Lussuria (2007) di Ang Lee, dove un racconto di spionaggio e passione si muove sullo sfondo della situazione politica della Cina alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Summer Palace (2006) di Lou Ye, in cui un’adolescente alle prese con le inibizioni sessuali si scontra con la tragedia – ancora sentita – di piazza Tienanmen, e dallo stesso regista dell’immenso Lanterne rosse, Zheng Yimou, La foresta dei pugnali volanti (2004), sul gruppo rivoluzionario omonimo che operava nella Cina dell’800 d.C.

Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti
Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti

Infine, una mina vagante direttamente dalla Thailandia con Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010) di Apichatpong Weerasethakul, un’opera visionaria su un uomo circondato da figure spettrali e inquietanti che sostiene di ricordare le sue precedenti esistenze. Film, questi, caratterizzati da un profondo senso dell’estetica, mai frivola o banale, dove si sente la mano del regista dietro le riprese e le inquadrature in un gioco di schemi e sguardi che mette a fuoco, allo stesso tempo, una delicatezza e una potenza fuori dal comune. Certo, ne è passato di tempo dai celebri nomi osannati dai grandi registi occidentali, da Kurosawa a Oshima e Tsukamoto per esempio. Ma il cinema asiatico reca in sé una particolare magia che coinvolge lo spettatore e che tutt’oggi, fortunatamente, non si è ancora esaurita. Vedi alla voce Parasite.

Volete riscoprire il cinema asiatico? Lo trovate su CHILI nella vetrina Maestri d’Oriente

La nostra intervista a Kore’eda:

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