MILANO – «L’amore è una forza della natura». Potevano scegliere una tagline più banale e già sentita per lanciare I segreti di Brokeback Mountain? Forse no, eppure gli dei del cinema hanno voluto che gli spettatori andassero oltre questo slogan piuttosto scadente, per scoprire la vicenda di Ennis Del Mar e Jack Twist. Certo, il fatto che si trattasse di una complessa storia d’amore fra due cowboy potrebbe avere influito sui risultati al botteghino, trasformando un film a basso budget in un vero fenomeno da 178.062.759 milioni di dollari, ma sarebbe decisamente limitante pensarla così. Pochi però conoscono il travagliato viaggio che Brokeback Mountain – questo il titolo originale, senza alcun segreto – ha dovuto affrontare per arrivare sul grande schermo e far diventare un cult assoluto la pellicola diretta da Ang Lee – reduce dal flop di Hulk con Eric Bana – e con la coppia formata da Heath Ledger e Jake Gyllenhaal.
Ma andiamo con ordine e per raccontare questa storia di cinema partiamo da un dato reale: la drammatica quanto romantica relazione fra Ennis e Jack non è una storia vera e no, non esiste nemmeno un posto che si chiama Brokeback Mountain, in Wyoming. Anzi, a dirla tutta, le riprese del film si sono svolte fra la regione dell’Alberta, in Canada, e l’area dell’altopiano Big Horn negli Stati Uniti, quindi nemmeno vicino al Wyoming. La vicenda tormentata di Jack e Ennis risale a otto anni prima del film, al 1997 quando, sulle pagine del New Yorker, un autrice premio Pulitzer come Annie Proulx pubblica un racconto intitolato Gente del Wyoming. L’effetto è dirompente perché la storia fa a pezzi l’icona ipervirile del cowboy per raccontare una storia d’amore che da quelle pagine inizia il suo viaggio, un viaggio che in nemmeno dieci anni porterà poi il film a vincere un Leone d’oro, quattro Golden Globe e tre Oscar.
Brokeback Mountain diventa subito un caso letterario in quel 1997 e attira l’attenzione di Hollywood. Ed è a questo punto che entrano in scena Diana Ossana e Larry McMurtry, anche lui vincitore di un Pulitzer e autore di fortunati di script per film come Hud il selvaggio e Voglia di tenerezza. Nel 1999 quindi la coppia di sceneggiatori mette a punto il copione di quello che poi conosceremo come I segreti di Brokeback Mountain. Peccato però che da qui in poi la strada del film sia piena di ostacoli, ma perfettamente in linea con la vicenda di Ennis e Jack: costretti a vivere una tormentata relazione per più di vent’anni, sempre di nascosto, lontani dagli occhi del mondo che non potrebbe mai accettarli, mentre loro stessi faticano a gestire i loro sentimenti e le loro esistenze di facciata, con mogli e figli al seguito.
Chi potrebbe quindi dirigere un film così rivoluzionario? Prima si pensa a Gus Van Sant, che abbandona però l’impresa dopo il no di Matt Damon per il ruolo da protagonista. A quel punto il testimone passa a Pedro Almodóvar che, seppur lusingato, rifiuta il progetto non senza qualche futuro rimpianto che lo porterà poi a dirigere il primo film in inglese quasi vent’anni dopo. Quindi arriva l’intuizione giusta: si punta tutto su Ang Lee, un azzardo totale visto che è reduce da un cinecomic fallito come Hulk. Il regista taiwanese accetta senza pensarci due volte, salvo poi scoprire che il cammino è tutto in salita. Perché? Pare che nessuno sia disposto a interpretare i protagonisti. Anche Mark Wahlberg e Joaquin Phoenix si tirano indietro. Fino a quando qualcuno ha un’idea: perché non chiamare Heath Ledger e Jake Gyllenhaal? Sono entrambi dei giovani talenti, popolari ma non ancora celeberrimi, alla ricerca della vera consacrazione.
Si fanno le prime prove e la coppia di attori funziona perfettamente: c’è la giusta alchimia, ma anche l’imbarazzo che gli stessi personaggi provano. Per interpretare le mogli di Ennis e Jack vengono chiamate Michelle Williams e Anne Hathaway. E qui il destino gioca le sue carte perché Michelle e Heath diventano una coppia anche nella realtà, hanno una figlia e Jake viene scelto come padrino. Ma tutto questo accade molto tempo dopo la fine delle riprese. Sul set, oltre al poker di attori, ecco anche Kate Mara e Randy Quaid, mentre la colonna sonora viene affidata a un compositore argentino come Gustavo Santaolalla, che per questo score vincerà il suo primo Oscar, seguito un anno dopo da quello vinto per Babel di Alejandro González Iñárritu.
Quando si arriva invece al debutto de I segreti di Brokeback Mountain alla Mostra di Venezia è un trionfo anche se, insieme al Leone d’oro e ai tre Oscar (colonna sonora, regia e sceneggiatura non originale) non mancano le polemiche. Come se vivessimo ancora nel Wyoming del 1963, alcuni etichettano il film come osceno, per non dire blasfemo. C’è chi lo censura e chi lo boicotta. Tutti gli altri invece – quelli capaci di andare oltre il perbenismo, lo scandalo e il voyerismo – lo apprezzano per quello che è: un romantico e tragico racconto di una relazione tormentata, fatta di passione, rimpianti e sentimenti profondi. Perché, alla fine, aveva ragione chi diceva: «Accettiamo solo l’amore che pensiamo di meritare…».
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