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Cate Blanchett: «Io, Cannes, Godard e la giuria. E pensare che odio i premi»

L’attrice inaugura Cannes parlando di politica e cinema. E di cosa serve per vincere la Palma d’oro

Cate Blanchett, Presidente della Giuria, a Cannes.

CANNES – Non fidatevi della mise rosa confetto di Cate Blanchett: il look sfoggiato dalla presidentessa di giuria del 71° edizione del Festival di Cannes è in delizioso contrasto con la grinta dimostrata alla stampa durante la conferenza d’apertura. Ha avvicinato l’indice alle labbra mimando il gesto del silenzio, ma ha intenzioni “bellicose”, soprattutto quando un giornalista chiede un commento sullo stato del cinema, ma solo ai film maker in giuria. L’attrice non si lascia scappare l’occasione per commentare: «Noi attrici, invece, dovremmo starcene zitte perché sulla questione non abbiamo voce in capitolo». Sorride, complice, alle colleghe Kristen Stewart e Léa Seydoux, e tace, ma non certo perché sia stata zittita. Un’inizio che promette scintille.

Cate Blanchett a Cannes con Kristen Stewart e Ava DuVernay.

I PREMI «Mi sembra un fantastico paradosso che, proprio io, sia stata scelta come presidente di giuria in un festival tanto prestigioso. Odio i premi. Lo dico perché non li sopporto proprio e non mi piacciono. Ciò che mi interessa è il processo creativo di un progetto. Ecco perché considero quest’avventura come una sfida enorme ma anche come compito ingrato: non mi piace giudicare gli altri artisti, ma coglierò quest’occasione per aprire i miei orizzonti».

LA PALMA «Nei festival – come nella vita – bisogna puntare su quello che unisce piuttosto che concentrarsi su cosa divide. Non mi piace l’individualismo, mi piace sentirmi coinvolta in un dialogo, anche se fosse una discussione. Il mondo sarebbe noioso se fossimo sempre tutti in armonia, quindi che Cannes scateni dibattiti e polemiche, va bene. La Palma d’oro? Deve eccellere per il film nel suo insieme, dalla sceneggiatura al cast. Mi piacerebbe che fosse una pellicola capace di sfidare il tempo».

La giuria al completo: da Léa Seydoux a Denis Villeneuve.

LE REGISTE «Credo che i film siano stati selezionati in base al talento e non al genere o alla nazionalità di appartenenza. Certo vorrei che ci fossero più donne registe in concorso e mi auguro che accada presto, ma i cambiamenti non avvengono in una notte, hanno bisogno di stadi e processi. Per esempio quest’anno non abbiamo alcun regista transgender in competizione ma il panorama della selezione potrebbe essere diverso in futuro».

JEAN-LUC GODARD «Mi si chiede della presenza di questo grande regista (in concorso e sul manifesto nel bacio de Il bandito delle 11 tra Jean-Paul Belmondo e Anna Karina, nda). Ne sono contenta perché è un artista che continua a sperimentare. Lo dico a prescindere da premi e riconoscimenti. Doverlo giudicare è una missione complessa e per farlo ho deciso di concentrarmi sull’opera cercando di svincolarmi da passato e condizionamenti».

La Blanchett in posa per i fotografi.

LA GIURIA «Siamo quattro uomini e quattro donne – esclusa la sottoscritta – quindi Cannes ha raggiunto una rappresentazione paritaria del panorama attuale, puntando su parità ed equilibrio. Non mi piace pontificare né generalizzare, sono una donna d’azione, mi attengo ai fatti. Se vuoi che qualcosa cambi devi agire. Un principio che non vale solo per il cinema».

IL GLAMOUR «Glamour addio?Assolutamente no, è una delle facce di Cannes. Si può essere attraenti senza che questo significhi mancanza d’intelligenza. Ti puoi godere sia l’aspetto glamour che i film di Cannes, in maniera diversa ma sempre gratificante. Ricordiamoci però che siamo a Cannes e non al Pulitzer, quindi non aspettiamoci un festival politico in senso stretto, anche se mi auguro che le ripercussioni politiche ci siano e aprano gli orizzonti al pubblico».

 

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