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Caro Diario #12: La fine del festival e la maledizione di Don Chisciotte

In cui l’inviata di Hot Corn comincia a fare il bilancio di chiusura e pensa al ritorno

CANNES – Caro Diario, la folla del Palais si sta assottigliando e la maggior parte degli ospiti del Festival di Cannes hanno già abbandonato gli alloggi da favola, tra cui l’oasi felice – e blindatissima – dell’Hotel du Cap-Eden-Roc, una specie di scioglilingua nel nome ma un vero e proprio miraggio per i pochi eletti che ne possono varcare i confini. Si trova ad Antibes ed è più sorvegliato dello Studio Ovale. Oltre ai consueti controlli di sicurezza in voga al Festival, che vanno dalla dissezione del contenuto delle tasche nelle borse alla perquisizione corporale, ci sono vari “paggetti” (non ci viene in mente la versione francese ufficiale del loro ruolo) che ci scortano fino al luogo delle interviste.

Il blindatissimo Hotel du Cap-Eden-Roc.

Ovviamente non siamo stati invitati al party dove John Travolta si è scatenato in pista in stile Tony Manero, ci siamo accontentati di vederlo muoversi sul palco in spiaggia per la proiezione di Grease. Per i 40 anni del film si è portato dietro l’intera famiglia (moglie, figli, sorella, nipote ed entourage vario e chissà se ha guidato lui l’aereo, come fa spesso). Questi luoghi sacri e mitologici stanno per diventare deserti nel giro di poche ore. Ecco perché si moltiplicano le corse prenotate con UberCOPTER in occasione della kermesse (per chi ci stesse facendo un pensierino, il costo di un volo è 160 euro, ogni bagaglio 50 euro, che include auto privata fino all’eliporto).

Selfie con John Travolta in spiaggia. Pas mal…

Il finto trenino che scorrazza per le vie della città ne costa 10 per gli adulti e 5 per i bambini, nel caso l’avvilimento delle tariffe aeree vi facesse venir voglia di un’alternativa meno esosa ma pur sempre divertente e surreale come solo la Croisette sa essere. Noi di Hot Corn saremo in viaggio sulla tradizionale navetta alla volta del viaggio low cost da Nizza, ma già pregustiamo le scene degne di Totò e Peppino per salire. Il conducente, ovviamente, ignora gli astanti e si rifiuta di aiutare con la valigia così si crea un caos degno dell’ora di punta sul Raccordo Anulare di Roma. E, con la suprema indifferenza che regna sovrana qui, stacca i biglietti tipo bradipo di Zootropolis.

Sì, più o meno così lenti.

Sono ormai due giorni che ci prepariamo all’assalto della diligenza per guadagnarci un posto a sedere sul suddetto shuttle. Sperando che non ci venga risposto con l’ennesimo “Desolèe” che tanto ci è stato vicino in queste settimane di festival. In compenso ci siamo specializzati nella sottile arte del depistaggio. Ieri una collega libanese ci ha avvicinato con la scusa più vecchia del mondo qui a Cannes («Ma anche a te i bodyguard hanno tolto l’acqua?») per capirci informazioni sui party («Sai dove si fa la festa di Garrone?») e sugli alloggi dei vip («Dove dorme Joel Kinnaman?»).

No, Joel Kinnaman non vi dice dove dorme.

Abbiamo sfoggiato la migliore poker face possibile e risposto: “Je ne sais pa”. Che praticamente poi è la frase-jolly, quella che ti salva dal diffondere informazioni. L’abitudine è così radicata che se qualcuno ci chiede dove sia il bagno al Palais lo mandiamo da McDonald’s. L’ultima grande sorpresa di quest’edizione sta però per fare capolino con The Man Who Killed Don Quixote di Terry Gilliam. Dopo le vicende di produzione e l’ictus del regista, non stupisce che un collega abbia detto ad Adam Driver che sembra un film maledetto. Lui ha scrollato le sue larghe spalle con fare rassegnato, come a dire: «Fratello, ne so quanto te». Amen.

«Film maledetto? Mah».

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