CANNES – Caro Diario, le nostre preghiere sono state esaudite e ci ha pensato Spike Lee a risollevare le sorti di questo red carpet grazie a guest star del calibro di Naomi Campbell. Certo, accanto a lei ha sfilato anche Chiara Ferragni (in un abito-omaggio a Belen ma senza farfallina a vista), ma per fortuna Kristen Stewart ha sviato l’attenzione togliendosi le Louboutin prima di salire il Montée des Marches. Qui a Cannes siamo ormai ben oltre il fatidico giro di boa e dobbiamo ammettere che le emozioni maggiori ci sono arrivate finora guardando l’Eurovision Song Contest. Ogni tano veniva voglia di gridare: «Croisette, e fattela una risata». Che volgarité, diranno certi.
E poi per fortuna è piovuto – è il caso di dirlo – dal cielo Spike Lee e ha riportato la kermesse sul giusto binario: con BlacKkKlansman punta i riflettori sull’America di Trump con tagliente ironia e diverte moltissimo il pubblico senza soffocarlo con tirate da pseudo-intellettuali da strapazzo. A dimostrazione del fatto che il cinema può divertire e far riflettere allo stesso tempo. Gli stessi francesi – almeno sullo schermo – sono riusciti a prendersi poco sul serio con due comedy deliziose: Le Monde Este Toi (con un inedito Vincent Cassel cospirazionista) e Le Grand Bain (su una squadra di nuoto sincronizzato maschile capitanata da Guillaume Canet).
Per dovere di cronaca va ammesso che, apprezzamenti cinefili a parte, la giornata non è iniziata sotto i migliori auspici. Per la fretta di scampare alla pioggia abbiamo attraversato il metal detector nel bel mezzo di una conversazione telefonica. Se gli addetti alla security (tutti delle dimensioni di armadi a due ante) fossero stati anche dotati di sguardo inceneritore saremmo finiti come polli allo spiedo in un secondo. Ci sono venuti incontro urlando scompostamente ordini nella loro lingua madre come se stessero salvando il mondo dall’alieno invasore.
Abbiamo iniziato a farfugliare scuse indietreggiando con il passo del gambero. Niente da fare: il dannato sensore ha iniziato a fischiare e a colorarsi di rosso. Di nuovo. E, come nel peggiore dei deja-vu, la security ha continuato ad agitarsi. Già ce li immaginavamo, schierati come un plotone d’esecuzione, a scortarci fuori dal Palais e ad affidarci ai servizi segreti del Festival per essere buttati in qualche segreta senza cibo né acqua (un po’ come accade tutti i giorni in fila) fino alla cerimonia di premiazione della Palma d’oro.
Mentre il panico si diffondeva come un virus abbiamo capito che era stato l’iPod a scatenare il pandemonio. Ci siamo profuse in una nuova sequela di scuse e, tra lo sdegno generale, abbiamo attraversato la nostra quotidiana walk of shame fino alla sala. Je suis dèsolè?. Non ci resta che chiedere perdono al sindaco di Cannes quando lo incontreremo oggi a pranzo alla presenza della giuria nella parte vecchia della città. Detto tra noi, “l’ebbrezza del pericolo” e quell’attimo d’involontaria trasgressione ci hanno fatto di nuovo sentire nel bel mezzo dell’Arena degli Hunger Games festivalieri e quindi: «Sorry but not sorry».
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