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Caro Diario #8: Carla Bruni, il temporale e l’Apocalisse in arrivo

In cui la nostra inviata racconta di strani incontri, acquazzoni primaverili e un futuro incerto

CANNES – Caro Diario, qui a Cannes si sta scatenando l’Apocalisse. No, niente a che fare con Il settimo sigillo di Bergman… ci stiamo riferendo più banalmente a quella atmosferica: eh sì, perché con lo strascico e i tacchi a spillo (non i nostri, sia chiaro, abbiamo abbracciato il partito delle pianelle) persino due gocce di pioggia fanno più danni di un Geostorm. L’effetto? Tutt’altro che armonioso, la folla assomiglia ad un banco di tonni spinto dalla corrente, ma in versione Croisette. In mezzo a quest’oceano di stramberie spunta un tizio che si è truccato da scimmia, con tanto di protesi facciale da far invidia a Andy Serkis. Mah.

«Ma dai, saranno le solite due gocce…»

Tra spintoni e accidenti vari, arriviamo alla meta: l’Hotel Majestic. Un buttadentro (brusco, come da copione) ci spinge nella hall, ma è talmente stipata di gente che è impossibile muoversi. Meglio godersi lo spettacolo: una donna dal fascino orientale mette like e cuoricini sui social mentre si spara i selfie con un abito-meringa che occupa tutto il divano (in bocca al lupo al compagno di poltrona in sala!). Guardiamo l’orologio con un moto d’orrore: è la “rush hour” del traffico, l’ora di punta del festival, il momento in cui i vip si agghindano di tutto punto e sfilano al gala serale sulla Montée des marches. Sembra di essere sul Raccordo Anulare in versione Costa Azzurra. Siamo letteralmente bloccati.

L’ora di punta sul red carpet.

Vorremmo un Ryan Gosling in versione La La Land che ci facesse piroettare sul cofano delle limousine in attese all’ingresso, ma l’effetto balena spiaggiata (sempre per rimanere in tema ittico) lo rimandiamo a tempi migliori. Fradici di pioggia, spostiamo la frangia appiccosa dalla fronte per risalire all’origine di un improvviso boato alzatosi tra gli astanti. Un coro di “ohhhh” e, proprio come nelle scene delle favole, dagli scalini scende con passo felino e in abito bianco tempestato di ogni pietra preziosa conosciuta sulla Terra, arriva lei: la divina Carlà Bruni. E subito sfata il mito d’algida snob, concedendosi alle foto di rito a chiunque. Animali domestici inclusi. Mah.

Carlà e i selfie.

Nell’attesa – che pare durare in eterno – pensiamo di aver proprio tutto. E poi, come un’epifania improvvisa, ci ricordiamo che c’è stato di peggio, come la volta in cui alla conferenza stampa romana di Richard Gere un’adorabile vecchina ha tirato fuori dalla borsa la foto delle nozze, in bianco e nero. «Che tenerezza», penserete voi. Sbagliato. Un attimo dopo agguantò dalla tasca un pennarello gigante per fare autografare la foto (del matrimonio) al divo. No, non ci è riuscita. Ha vinto l’artrosi e nulla hanno potuto le urla d’incoraggiamento del figlio (campione mondiale in carica di assalto al buffet).

«No, signora, la rosa non è per lei. E la foto non la firmo».

Mentre lasciamo la reception per prendere una boccata d’aria confidando nella provvidenza, sentiamo un fischio. Un treno: finto, ovviamente, come la maggior parte delle situazioni qui a Cannes, che per dieci euro offre un tour delle location più glamour. Uno di quelli dei parchi-divertimenti, con tanto di controllore in costume d’epoca. Stipato di turisti e curiosi, lo guardiamo allontanarsi mentre sfogliamo Hollywood Reporter.

«No, scusa, Orlando chi?».

Il magazine annuncia un altro tipo di Apocalisse, quella che starebbe per decretare il declino di Cannes: poche star della A-list, zero anteprime spettacolari (se non si considera quella di Solo, già presentato a Los Angeles) e, ça va sans dire, feste sottotono. Ridateci la coppia Kate Perry & Orlando Bloom spalmati sulle scale in un dopo-sbornia epico, Jennifer Lawrence nell’era pre Hunger Games o Julia Roberts a piedi nudi sul red carpet. Spike Lee, salvaci tu!

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