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Caro Diario #3: la rockstar Scorsese e quegli incontri imprevisti in fila

File interminabili, digiuni obbligati e litigi davanti alla sala: anche questo è Cannes

CANNES – Caro diario, la maggior parte delle avventure al Festival di Cannes si svolge in quel non-posto cruciale che è la fila. Qui alla Croisette sono tutti affezionatissimi all’idea di creare code. Per qualsiasi motivo. È lì che nascono nuovi amori, tresche, collaborazioni di lavoro e persino amicizie durature. Il motivo? Molto semplice: sotto il sole cocente o sommersi dalla pioggia, nei pressi del Palais si spende la giornata aspettando Godot. In effetti l’attesa spesso si conclude con un big man della security che scuote la testa, fingendo dispiacere annunciando che la sala è piena, oppure che esiste uno di quegli “impedimenti dirimenti” di cui don Abbondio si era fornito per rifiutare un certo matrimonio.

«La fila? Mai. Piuttosto l’accattonaggio».

Facciamo un esempio: ieri Martin Scorsese ha presenziato ad un incontro alla sezione Quinzaine des Réalisateurs dopo la proiezione di Mean Streets (lo potete leggere qui), che proprio qui portò nel 1974. Per assistere all’incontro la gente ha iniziato a distendersi per terra di fronte all’ingresso nel cunicolo coperto con la funzione di anticamera (dell’inferno o del paradiso, a seconda del successo o della sconfitta nell’eterna lotta per conquistare un posto in sala). Il risultato di questa missione? Determinato dal colore del badge di ciascuno, un sistema di caste che classifica i partecipanti.

«Scusate, chi è l’ultimo della fila?».

In un’atmosfera che aveva poco da invidiare all’accoglienza delle rockstar prima dei concerti, si è formata una serpentina di vari isolati che ha deliziato gli astanti con scene di ordinaria isteria, compresa quella delle insegnanti francesi di un’annoiata scolaresca. Le signore cotonate, con occhialoni da diva ma animo da borgatare, hanno pensato bene di mostrare agli studenti come si sopravvive nella giungla di questi Hunger Games cinefili saltando la fila a pie’ pari con disinvoltura.

«Coraggio, c’è ancora l’incontro con Nolan. Possiamo farcela».

Bene, immaginate la scena: munite di bibite, panini e macedonia take away, si sono beffate dei vicini di fila che, pur di vedere il Maestro, avevano rinunciato persino alla pausa bagno. Praticamente un atto di fede à la Silence, visto che cibi e bevande sono severamente vietati negli ambienti delle proiezioni, quindi, ad un rapido conto, la somma delle ore devolute a Scorsese ammonta a quasi sei (oltre due di fila, due di film e poco più di una di incontro).

«Hey Martin, temo siano qui tutti per te…».

Il cinema è più di un’arte, quasi una religione. Per questo si sfidano intemperie meteo e creature urbane di ogni forma e dimensione, oltre ad offrire una cospicua porzione della giornata nonché della propria vita (c’è la spiaggia laggiù, da qualche parte). Scorsese ha raccontato di aver fatto vedere all’ultimogenita, oggi diciottenne, oltre 3000 film nei primi anni di vita: già a due anni era al cinema a vedere i cartoon, passando subito dopo a Chaplin. Ne vale la pena, assicura lui con un sorriso contagioso e – nonostante tutto – alla fine pare impossibile dargli torto. D’altronde siamo pur fatti della stessa materia dei sogni. Anche quando siamo in fila.

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