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Bussano Alla Porta. O l’Apocalisse secondo M. Night Shyamalan, tra tensione e speranza

Un film sulla paura e le sue conseguenze dall’impianto teatrale e con un grande Dave Bautista

Bussano Alla Porta
I protagonisti di Bussano Alla Porta

ROMA – Dubbio. Fede. Sacrificio. Tre parole ma anche tre temi che tornano a più riprese nella filmografia di M. Night Shyamalan. Basti pensare, in ordine di tempo, a Servant, la serie targata Apple TV+ di cui è produttore esecutivo e regista. Temi al centro anche del suo nuovo film, Bussano Alla Porta, thriller psicologico apocalittico adattamento de La casa alla fine del mondo di Paul G. Tremblay. Scritto a sei mani con Steve Desmond e Michael Sherman, il film inizialmente doveva solo essere prodotto da Shyamalan attraverso la sua Blinding Edge Pictures ma la tentazione di poter tornare a indagare quei concetti a lui così familiari è stata più forte. Il risultato? Cento minuti di tensione accompagnati da domande che non possono lasciare indifferenti gli spettatori.

Bussano Alla Porta
Una scena di Bussano Alla Porta

Il film si concentra su una coppia gay, Andrew (Jonathan Groff) e Eric (Ben Aldridge) e sulla loro figlia adottiva Wen (Kristen Cui). I tre sono in vacanza in uno chalet isolato quando dal bosco appaiono quattro sconosciuti armati e intenzionati ad entrare in casa: Leonard (Dave Bautista, incredibile la sua interpretazione, un vero spartiacque per la sua carriera), Sabrina (Nikki Amuka-Bird), Adrianne (Abby Quinn) e Redmond (Rupert Grint). Una volta fatta irruzione e presa in ostaggio la famiglia, i quattro sconosciuti – che non si conoscono tra loro – confidano di essere perseguitati da una visione comune: il mondo finirà a meno che uno di loro non si sacrificherà evitando l’Apocalisse. Una scelta impossibile da prendere in 24 ore e con un accesso limitato al mondo esterno. Cosa fare? Credere ai quattro sconosciuti o provare a combatterli?

Un’immagine del film

Impostato come un’opera teatrale – solo sette personaggi in scena che si muovono prevalentemente all’interno di uno spazio chiuso – Bussano Alla Porta affronta temi enormi ma lo fa attraverso una realtà piccola come quella di una famiglia. Altro elemento caro al cinema di M. Night Shyamalan qui al centro della scena. Notevole il lavoro fatto sugli spazi e sulle luci a firma di Lowell A. Meyer e Jarin Blaschke che seguono il naturale mutare delle ore del giorno. Il risultato, grazie anche all’uso di primi piani strettissimi, è quello di immagini vivide, immersive che amplificano le emozioni dei suoi protagonisti e quel senso di tensione costante – sottolineato anche dalle musiche originali di Herdis Stefandottir – che attraversa il film.

Bussano Alla Porta
Kristen Cui e Dave Bautista in una scena di Bussano Alla Porta

Bussano Alla Porta è un film sulla paura e le sue conseguenze, un racconto che parla di scelte e di come queste possano determinare il futuro nostro e di chi ci è attorno (le catastrofi di cui si parla sono anche metafore di ciò che l’uomo ha fatto al pianeta). Andrew e Eric rappresentano due modi di guardare al mondo e a quei quattro sconosciuti piombati nelle loro vite con una richiesta impossibile. Sacrificarsi per qualcosa più grande di noi o tenersi stretto ciò che si ha senza curarsi delle ripercussioni e del prossimo. M. Night Shyamalan ci costringe a prendere una posizione che, durante la visione del film, potrebbe addirittura cambiare più di una volta. Una pellicola che parla di Apocalisse ma che, nonostante tutto, ha al suo interno un seme di speranza e ottimismo per il futuro. Perché la bellezza e il buono sono ovunque. Anche alla fine del mondo.

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L’intervista a M. Night Shyamalan è a cura di Manuela Santacatterina:

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