ROMA – Più del sacrosanto Oscar, più della scena a petto nudo sotto il sole della California, ancor di più dell’impatto prorompente che ha avuto nella narrazione di un film subito cult. Il fattore Brad Pitt, in C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino, è stato ciò che ha spostato l’ago della bilancia, facendoci amare totalmente il suo Cliff Booth. Guascone dal cuore d’oro, stuntman, chauffeur e amico sincero dell'(ex) star Rick Dalton, aka Leonardo DiCaprio. In più se ci mettiamo, il suo amore per Brandy, la pitbull resa da Tarantino una sorta di deus ex machina (con tanto di Palm Dog a Cannes), possiamo sottoscrivere che Cliff è uno dei migliori personaggi cinematografici degli ultimi anni.
E, così come la storia rivista da Tarantino è in parte vera e in parte, purtroppo, no, pure il Cliff Booth, stando a quanto raccontato dal regista, è ispirato a diverse figure realmente esistite nel sottobosco del cinema hollywoodiano anni Sessanta e Settanta. Per esempio, il rapporto quasi fraterno tra Cliff e Rick somiglia molto a quello tra Burt Reynolds e il suo stunt, Hal Needham che fianco a fianco hanno girato insieme numerosi spaghetti-western diretti da Sergio Corbucci. Una relazione, la loro, durata anni, tant’è che Needham ha anche diretto l’amico Burt in Una Canaglia a Tutto Gas, nel 1980. Non solo, poco prima di morire Reynolds era stato scritturato da Tarantino per C’era una volta a… Hollywood, lasciando però in eredità al film una battuta chiave – “Sei troppo bello per essere uno stuntman” – pronunciata da Bruce Lee poco prima del chiacchierato (e strumentalizzato…) scontro con lo stesso Booth.
E qui, ci riallacciamo proprio a quella scena, aspramente criticata da Shannon Lee, figlia di Bruce, per come Tarantino abbia – a detta sua – ridicolizzato il padre. Eppure, l’amore del regista per l’icona Bruce è ben radicata, fin dalla dichiarata citazione in Kill Bill, che vuole Uma Thurman vestirsi della mitica tuta gialla, come fece Lee in L’ultimo combattimento di Chen. Ma, polemica a parte (ve la spieghiamo qui), pare che uno scontro simile a quello che vediamo nel film si sia tenuto davvero tra Bruce Lee e lo stuntman, sul set de Il Calabrone Verde. E, tra cronaca e leggenda, ecco arrivare un’altra sequenza importante del film, ovvero quella di Cliff Booth nella Manson Family.
Tarantino, infatti, è rimasto folgorato dal racconto di Gary Kent (attore, stunt e regista di molti film grindhouse Anni Sessanta) che ebbe a che fare proprio con l’emblematico Spahn Movie Ranch, conquistato dalla Manson Family quando George Spahn (nel film con il volto di Bruce Dern), il proprietario, era ormai vecchio e cieco, lasciando il posto in balia di quella comunità hippy che, ben presto, sarebbe diventata iper violenta, assassina e satanista. Kent, in un’intervista, raccontò che, per riparare un trattore, chiese aiuto ad un membro della Family, che lo accompagnò nientemeno che da Charlie. Pagata la riparazione in anticipo, Manson scappò via, venendo poi ritrovato da Kent che lo minacciò, costringendolo a portare a termine l’impegno preso.
Da qui, la sequenza di Cliff Booth nello Spahn Ranch quando, con estrema goduria cinematografica, picchia a sangue uno degli adepti di Manson, facendogli poi cambiare la gomma della macchina bucata con un coltello. Dunque, tra miti, fatti e pura immaginazione cinematografica, la domanda che sorge a fine film è parallela al fatto se Cliff Booth sia esistito o no: che fine ha fatto sua moglie? Tarantino non risponde, interrompe il flashback e non capiamo effettivamente come siano andate le cose: il mondo del cinema, dopo l’uscita, si è spaccato in due. Tra chi propendeva verso l’incidente e chi, invece, pensa più ad un omicidio intenzionale. Pitt, interrogato sulla vicenda, ha detto di conoscere la verità ma che non la dirà mai. Comunque una cosa sembra chiara: l’episodio ricorda per certe sfumature la morte misteriosa di Natalie Wood. La nostra lettura? Probabilmente, quell’onda in arrivo che si nota nell’inquadratura ha fatto sobbalzare l’imbarcazione, e…
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C’era una volta a… Hollywood: la recensione
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