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Amarcord | Federico Fellini e i cinquant’anni di un ricordo fatto di cinema

La scelta del titolo, il fraintendimento critico, l’anima politica. Riscoprire un’opera straordinaria

Un estratto della locandina di Amarcord di Federico Fellini
Un estratto della locandina di Amarcord di Federico Fellini

ROMA – Partiamo dal titolo, perché delle ragioni di Amarcord di Federico Fellini si è scritto tanto e provato ad interpretare di più. Tra le pagine autobiografiche di Fare un Film, l’Autore volle finalmente fare chiarezza in merito: «Da subito un titolo, una mezza bestemmia, che scritta tutta di seguito nascondeva forse le proprie origini blasfeme, poteva sembrare una parola esotica, uno scioglilingua, una frase magica da Mille e una Notte: Osciadlamadona. Fui anche tanto da una paroletta più corta, ‘Nteblig! Lo diceva sempre mio nonno – il padre di mio padre – in qualunque occasione, qualunque domanda gli rivolgessero, qualsiasi commento venisse invitato a fare. Lo diceva a tutti, a uomini, donne, alla pioggia, al vento, ai creditori e ai funerali e ai battesimi. Ogni volta sembrava che acquistasse il significato giusto».

Bruno Zanin e Magali Noël in un momento di Amarcord
Bruno Zanin e Magali Noël in un momento del film

A un certo punto sembrò perfino palesarsi un’ipotesi sarcastica: «Volevo intitolare il film Viva l’Italia ma il tipo di sarcasmo ingeneroso snobistico troppo rozzamente liquidatorio che sembrava suggerirlo, rischiava di essere esteso e frainteso con il film. Un altro titolo mi ha tentato per un po’ di tempo ed era Il Borgo, inteso nel senso di chiusura medievale la provincia vissuta come isolamento separazione tedio abdicazione decomposizione e morte». E questo ci porta un po’ al cuore narrativo del film. Perché se è vero che da cinquant’anni (Amarcord fu presentato in anteprima il 18 dicembre 1973) se ne parla come il più personale, evocativo e intimo film di Fellini in un ricordo nostalgico e affettuoso del passato fatto di amicizia, scherzi, prime volte e personaggi pittoreschi, la verità è (anche) un’altra: Amarcord è un anche e soprattutto un affresco politico.

Amarcord di Federico Fellini fu presentato in anteprima il 18 dicembre 1973
Amarcord di Federico Fellini fu presentato in anteprima il 18 dicembre 1973

Non ha mai nascosto Fellini una certa soddisfazione in chi riusciva ad andare oltre la patina nostalgica del film per andare ad analizzare il contesto: «Mi ha fatto piacere leggere in qualche critica che raramente il fascismo era stato rappresentato con tanta verità come in Amarcord. Tanto più che qualche volta mi capitava di sentirmi obbligato a provare un vaghissimo senso di emarginazione a proposito dei cosiddetti film politici. Non capivo, per esempio, perché un film dal contenuto politico debba essere considerato a priori un bel film. L’eterna premessa del fascismo mi pare ravvisabile nell’essere provinciali, nella mancanza di conoscenza dei problemi concretamente reali, nel rifiuto ad approfondire per pigrizia, pregiudizio, comodità, presunzione».

«Siamo tutti riconoscibili in Amarcord e con questo non voglio minimizzare le cause economiche e sociali del fascismo. Quello che mi interessa è la maniera psicologica ed emotiva di essere fascisti»
«Siamo tutti riconoscibili in Amarcord e con questo non voglio minimizzare le cause economiche e sociali del fascismo. Quello che mi interessa è la maniera psicologica ed emotiva di essere fascisti»

Da qui il come tutto questo andava a ricollegarsi ad Amarcord e ai suoi uomini e alla provincia, fatta di semplicità ma anche ignoranza e confusione: «Siamo tutti riconoscibili in Amarcord e con questo non voglio minimizzare le cause economiche e sociali del fascismo. Quello che mi interessa è la maniera psicologica ed emotiva di essere fascisti. Una sorta di blocco alla fase dell’adolescenza. Tale repressione del naturale sviluppo di un individuo credo che debba scatenare per forza dei grovigli compensatori, e forse per questo che la crescita si risolve in un’evoluzione». Fellini va oltre però riconducendo la compensazione del non essere mai cresciuti con l’essere fascisti: «Il fascismo per taluni aspetti può perfino sembrare un’alternativa della delusione. Una specie di velleitaria sgangherata riscossa in cui restare eternamente bambini e scaricare la responsabilità sugli altri».

Magali Noël nei panni dell'intramontabile Gradisca
Magali Noël nei panni dell’intramontabile Gradisca

Volendo andare nello specifico: «Vivere, insomma, con la confortante sensazione che c’è qualcuno che pensa per te. Una volta è la mamma, una volta è il papà, un’altra volta il sindaco o il duce, e poi il vescovo, la Madonna, la televisione, o al limite anche i terroristi». O più semplicemente dell’assenza di spirito critico, di prendere una posizione con convinzione. Ed ecco l’insita ratio di Amarcord: «Voleva essere l’addio a una certa stagione della vita. Quell’inguaribile adolescenza che rischia di possederci per sempre e con la quale io non ho ancora capito bene cosa si debba fare». Un addio consumato da Fellini per forza di cose: «Continuavo a sentirmi ingombrato e infastidito da una serie di personaggi, situazioni, atmosfere e ricordi che avevano a che fare con la mia Rimini, così, per liberarmene definitivamente, sono stato costretto a sistemarli in un film».

Maria Antonietta Beluzzi è La Tabaccaia in una scena del film
Maria Antonietta Beluzzi è La Tabaccaia

Infine la necessità di una separazione da un passato che ha condizionato il Fellini uomo-e-autore: «Qualcosa che ti ha condizionato, ammalato, ammaccato e dove tutto si confonde emozionalmente e pericolosamente in un passato che non deve avvelenarci, in modo da conservare la più limpida nozione di noi stessi e della nostra storia». Ma quindi perché proprio Amarcord? Il motivo è presto detto: «Un giorno, al ristorante, mentre scrivevo a chiave dei segni sul tovagliolo, è venuta fuori la parola amarcord. Ecco – mi sono detto – questa verrà immediatamente identificata nel Io Mi Ricordo in dialetto romagnolo, mentre ciò che bisognava accuratamente evitare era una lettura in chiave autobiografica del film. Amarcord è una paroletta bizzarra, un carillon, una capriola fonetica, un suono cabalistico, la marca di un aperitivo, qualunque cosa insomma».

Josiane Tanzilli è La Volpina
Josiane Tanzilli è La Volpina in Amarcord

Nonostante tutto Amarcord finì con l’essere inesorabilmente associato proprio a ciò che Fellini non avrebbe voluto, al romagnolo «Io Mi Ricordo» in quanto tale, senza quello scarto interpretativo-tematico necessario a comprenderne il senso fino in fondo, tanto da essere spesso considerato come il sequel spirituale – ma precursore tematico – de I Vitelloni e dei suoi protagonisti solo apparentemente leggeri e scapestrati. Poco importa. Qualunque fosse la ragione e il senso, tra la Gradisca desiderata da tutto il borgo, la prorompente Tabaccaia, la frizzante Volpina, il disperato zio Teo («Voglio una donna!») e i turbamenti del giovane Titta, Amarcord resta una delle più incredibili pagine di cinema che il genio di Fellini abbia mai realizzato. Un capolavoro, un film da analizzare, interpretare, ma soprattutto da amare, nel vero senso della parola.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film 

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