VENEZIA – Paura di morire. Niente di più, niente di meno. Se dovessimo sintetizzare con tre parole il sentimento che muove i protagonisti di Rumore Bianco (White Noise), film diretto da Noah Baumbach con cui ha aperto Venezia 79 e su Netflix dal 30 dicembre, non sarebbe altro che questo. Adattamento dell’omonimo romanzo del 1985 firmato da Don DeLillo – con cui vinse il National Book Award -, il film è ambientato nel Midwest e vede protagonista una famiglia borghese capitanata da Jack Gladney (Adam Driver), professore universitario massimo esperto della figura di Hitler, e Babette Gladney (Greta Gerwig), insegnante di ginnastica posturale con frequenti vuoti di memoria causati da una misteriosa pillola, la Dylar, non presente in commercio.

Il ritratto di una famiglia americana moderna analizzata con la lente acuta, sarcastica e talvolta dolorosa della letteratura postmoderna che la sceneggiatura di Baumbach riesce a catturare nella sua verbosità piena zeppa di ritmo, umorismo e disperazione. Quello di Rumore Bianco è un mondo stretto nella morsa dell’incertezza, la stessa che ci divora tutti e ci fa vivere con quel rumore bianco in sottofondo capace di anestetizzarci e distrarci dalla paura più grande di tutte, quella della morte. Come, ad esempio, con le corsie infinite e gli scaffali stracolmi dei supermercati, sinonimo di abbondanza e sicurezza che la cultura americana del consumismo ha eretto a suo credo.

Suddiviso in tre atti, Rumore Bianco si dipana tra sequenze di pura azione, ricche di folla e perfettamente orchestrate da Baumbach in quello che è un inedito della sua regia per poi regalarci momenti di pura intimità e confidenze a cui la sua filmografia ci ha abituati. Visivamente ambizioso per poter contenere tutti i generi che attraversano il romanzo di DeLillo, il film, tra flaconcini di farmaci, stanze di motel, suore che non credono nel Paradiso, Elvis e minacciose nubi nere ondeggianti, affronta temi universali e senza tempo, attuali negli anni Ottanta come oggi. Religione, guerra, moralità, famiglia («culla della disinformazione mondiale»), amore, isteria di massa.

Un film che contiene al suo interno una moltitudine di temi e storie muovendosi tra dramma e thriller, satira e commedia (amara). Moltitudine che si ritrova anche nella colonna sonora firmata da Danny Elfman, ricchissima di sfumature sonore, e nel montaggio di Matthew Hannam che gioca con immagini di repertorio e sequenze alternate (notevole quella che contrappone la lezione su Elvis e Hitler con l’incidente che scatena la nube tossica). Un concentrato di quello che è stata ed è la cultura americana dal dopoguerra ad oggi, ma anche una storia capace di trascendere il tempo e lo spazio. Una storia di vita e morte, la stessa che cerchiamo di allontanare il più possibile da noi. Inventandoci la speranza. Insieme.
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Qui sotto potete vedere il trailer di Rumore Bianco:
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