MILANO – La relazione tra Thomas Harris e il cinema ha inizio nel 1976 con Black Sunday, adattamento realizzato da John Frankenheimer del suo primo romanzo pubblicato un anno prima. Un blockbuster in piena regola, figlio delle tensioni politiche degli Anni Settanta: una terrorista palestinese appartenente al gruppo Settembre Nero ha il compito di far esplodere un dirigibile della GoodYear, sopra lo stadio di Miami – nel romanzo era New Orleans – durante il Super Bowl, tra gli eventi sportivi, mediaticamente, più importanti del mondo. Sulle sue tracce, ci sono l’FBI e il comandante israeliano di un esercito speciale.

Insomma, prima di plasmare Hannibal Lecter, Harris ha debuttato così, con un romanzo ad alta tensione, un thriller politico che la sapienza registica di Frankenheimer ha saputo tradurre con una messinscena tesissima, nella quale si è ritagliata un posto importante nella storia del cinema la mezz’ora finale ambientata allo stadio, capace di influenzare anche Christopher Nolan nel suo Il cavaliere oscuro – Il ritorno. In pochi immaginerebbero che lo scrittore che ha dato vita artistica allo psichiatra cannibale Hannibal Lecter, è in realtà un uomo riservatissimo, schivo, timido, al punto da tutelare la sua privacy in maniera ferrea e non voler (quasi mai) rilasciare interviste.

Il personaggio di Lecter fa la sua prima apparizione ne Il delitto della terza luna (1982), da cui sono stati tratti Manhunter – Frammenti di un omicidio (1986) di Michael Mann e Red Dragon (2002) di Brett Ratner. Il primo ha rivelato tutta la poesia allucinata del cineasta che ha ideato Miami Vice, mentre il secondo è un solido film di genere in cui spicca l’intensa interpretazione di Edward Norton nei panni dell’agente dell’FBI Will Graham. Il cattivo è sempre lo stesso, Francis Dollarhyde, ma nei due film ha due soprannomi diversi: nel primo si chiama Dente di Fata, per la sua abitudine di mordere le vittime con una protesi dentaria armata di zanne appuntite; nel secondo è Lupo Mannaro, dato che uccide nelle notti di luna piena.
Sarà diverso anche il soprannome del serial killer de Il silenzio degli innocenti (1988), tradotto in immagini da Jonathan Demme tre anni più tardi, che vede di nuovo Hannibal Lecter nel ruolo di consulente psicologico. La caccia della protagonista Clarice Starling (una splendida Jodie Foster) è nei confronti di un certo Buffalo Bill, chiamato così perché ama scuoiare le sue vittime. Hannibal (1999) e Hannibal Lecter – Le origini del male (2006) sono gli ultimi due libri di Thomas Harris, in attesa di leggere il suo sesto sigillo, Cari Mora, nelle librerie dal 21 maggio, sempre grazie a Mondadori.

Il primo è stato portato al cinema da Ridley Scott nel film omonimo del 2001, che ne ha modificato però alcuni punti salienti. La più clamorosa? L’assenza del ricordo di Hannibal Lecter della traumatica morte della sorella durante la Seconda Guerra Mondiale. Hannibal Lecter – Le origini del male (2007) di Peter Webber, invece, è un B-movie che approfondisce l’infanzia e l’adolescenza dell’antropofago più iconico della storia del cinema, senza mantenere, però, la complessità e la poesia dei film di Michael Mann e Jonathan Demme. E, data l’influenza che le parole di Harris hanno avuto sul cinema, non rimane che fantasticare su chi potrebbe essere il regista del prossimo Cari Mora, portandoci a Miami Beach, inseguendo il tesoro nascosto (e maledetto) di Pablo Escobar.
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