ROMA – Nell’inarrestabile marea (per restare in tema lunare…) in cui galleggia l’offerta streaming non è facile individuare una serie tv che meriti la giusta attenzione. Come un romanzo letto svogliatamente e poi mollato a metà, lo stesso discorso vale per la serialità. Quante serie iniziate e mai terminate? Quante serie proposte in base ad un algoritmo che non ne azzecca una? Troppi prodotti che si accavallano, ma pochi quelli che valgono la nostra attenzione. Ma, tra le serie che meritano la visione, prodotta dall’australiana Stan con NBCUniversal e Peacock (in Italia su Prime Video), c’è la sorpresa Wolf Like Me. Un’alternativa inconsueta e irregolare da divorare – letteralmente – in una serata.
Il motivo? Dietro una love story disfunzionale (ora vi spiegheremo il motivo) c’è una profonda riflessione sull’incomunicabilità e sul bisogno sempre più necessario di accantonare il consumo di carne. Come si legano i tre elementi? Facile, grazie ad un… lupo mannaro. Scritta da Abe Forsythe (lo stesso dell’ottimo Little Monsters con Lupita Nyong’o), Wolf Like Me ci porta ad Adelaide dove c’è Gary (Josh Gad, finalmente un ruolo centrale per un attore molto sottovalutato), vedovo e padre dell’undicenne Emma (Ariel Donoghue). I due hanno un rapporto decisamente complicato, nonché essiccato da una cortina di incomprensioni scaturite dall’assenza, rispettivamente, di una moglie e di una madre. Almeno fino a quando il destino ci mette lo zampino (anzi, la zampa): nelle loro vite piomba Mary (Isla Fisher), insolita editorialista che prova una sincera attrazione verso Gary.
Non solo, Mary sembra proprio andare d’accordo con Emma, riuscendo a capire quelle sfumature incomprensibili al papà, fin troppo ripiegato sulle sue paturnie. Il problema, però, è che Mary nasconde un segreto: fa scorte di galline, non mangia carne, pare essere avvezza ai ristoranti italiani e, cosa ancora più strana, quando c’è la luna piena deve tornare casa prima del tramonto. Già, avete capito bene: nonostante la presenza di un licantropo, meravigliosamente delineato dalle caratteristiche di Isla Fisher, Wolf Like Me non vuole essere (e infatti non è) una serie creepy, bensì sfrutta la figura del lupo mannaro per tratteggiare, con una buona dose di dramma mischiato all’umorismo, una storia in grado di raccontare la complicatissima dimensione umana che attanaglia i protagonisti e, di riflesso, gli spettatori.
Sei puntate da circa venticinque minuti (sì, è perfetta per il binge-watching) in cui l’espediente della licantropia nasconde la necessità di riappropriarsi delle emozioni (e la “vera” Mary di Isla Fisher potrebbe non essere tanto diversa rispetto alla controparte “pelosa”), di comunicare i propri sentimenti e di liberarsi dai fardelli di un passato che può essere, almeno, smussato. In mezzo una riuscita e non scontata disamina sul veganismo e su cosa vuol dire rispettare il mondo animale (del resto Mary è tormentata dal dover uccidere degli animali per placare il lupo notturno, portando con sé un rimorso atroce), di cui – sembra strano ma tant’è – anche l’uomo ne fa effettivamente parte. E Wolf Like Me, per merito di una scrittura efficente e grazie a due grandi interpreti, ce lo spiega maledettamente bene.
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Qui il trailer di Wolf Like Me:
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