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Winning Time | Magic Johnson e l’ascesa dei Lakers in una serie da non perdere

Adam McKay e un’epica sportiva da leggenda. Targato HBO, lo show è su Sky e NOW dal 2 giugno

Winning Time, una serie da non perdere!
Winning Time, una serie da non perdere!

PALERMO – A partire dall’arrivo dell’imbattibile Earvin Magic Johnson (Quincy Isaiah) nel 1979, inizia Showtime, l’età dell’oro dell’NBA: i Los Angeles Lakers diventano leggende del basket, scatenando il loro famoso stile run-and-gun su una lega impreparata alla loro velocità e ferocia, diventando lo show più accattivante del mondo sportivo. Il decennio dei Lakers è spettacolare: la visione pionieristica del magnate Jerry Buss (John C. Reilly), i colpi di testa di Jerry West (Jason Clarke), le scelte tattiche di Pat Riley (Adrien Brody), lo stile di Kareem Abdul-Jabbar (Solomon Hughes), la nascita di una sacra dinastia sportiva: è tempo di vincere! Disponibile su Sky Atlantic (e in streaming su NOW) a partire dal 2 giugno, in concomitanza con l’inizio delle NBA Finals, Winning Time: L’ascesa della dinastia dei Lakers è quello che si dice uno spettacolo imperdibile.

Magic Johnson e Kareem Abdul-Jabbar

Dieci episodi con cui Winning Time va ad addentrarsi negli anni d’oro della dinastia dei Lakers, quella in cui Johnson e il suo cuore d’oro da Erving, indossò il costume dell’esplosivo Magic per trascinare i gialloviola losangelini in quel decennio da sogno dei 5 anelli grazie alle sue 874 partite e oltre 17.000 punti totalizzati tra Regular Season e Finals. Ma quel soprannome, Magic, gli fu cucito addosso molti anni prima. Precisamente ai tempi della Everett High School quando, dopo una partita mostruosa in cui mise a reperto una tripla doppia da 36 punti, 16 assist e ben 18 rimbalzi, Fred Stabley Jr., cronista del Lansing State Journal, gli disse: «Figliolo, credo che tu debba avere un soprannome. Stavo pensando di chiamarti Dr. J. ma è già usato, che ne pensi se ti chiamo Magic?».

Quincy Isaiah in una scena di Winning Time: L'ascesa della dinastia dei Lakers
L’inizio del viaggio: lo spogliatoio dei Los Angeles Lakers

Del resto una serie come Winning Time non è poi una sorpresa visto il recente trend produttivo: la docuserie Netflix The Last Dance di Jason Heir (di cui potete leggere qui) sul mito dei Chicago Bulls di Phil Jackson e della triade Michael Jordan (che di Magic Johnson è un po’ il figlio spirituale), Scottie Pippen, Dennis Rodman, ha alzato l’asticella nel raccontare la narrazione sportiva, They Call Me Magic di Rick Famuyiwa – la controrisposta targata Apple Tv+ – ha proseguito il trend senza però quel ritmo incalzante che ha reso invece grande le gesta eroiche di The Last Dance. L’occasione era quindi delle più ghiotte per Adam McKay. Uno che di recente, in quanto a serialità televisiva, ha dimostrato di saperla lunghissima come firma produttiva eccellente dietro a quel capolavoro di Succession.

John C. Reilly in una scena di Winning Time: L'ascesa della dinastia dei Lakers
John C. Reilly è Jerry Buss

Tratto dal bestseller del giornalista sportivo Jeff Pearlman (Showtime: Magic, Kareem, Riley e la dinastia dei Los Angeles Lakers) i cui diritti di sfruttamento furono concessi nel 2014 dopo una sobria trattativa con lo sceneggiatore Jim Hecht in cambio di una bottiglia di vino analcolico, una tavoletta di cioccolata e un pomodoro, la produzione di Winning Time ha rappresentato per McKay un importante punto di svolta nel suo percorso artistico. È infatti la prima volta dopo oltre venticinque anni (Ricky Bobby – La storia di un uomo che sapeva contare fino a uno) che non firma una co-produzione con Will Ferrell. Il motivo? Il casting di Jerry Buss. A pre-produzione avviata il ruolo era in mano a Ferrell – dichiarato fan sfegatato dei Lakers al pari di Jack Nicholson – prima che McKay cambiasse idea scegliendo il suo partner scenico Reilly (autore di una performance maiuscola) al suo posto.

Quincy Isaiah in una scena di Winning Time: L'ascesa della dinastia dei Lakers
Quincy Isaiah in una scena di Winning Time: L’ascesa della dinastia dei Lakers

Aspramente criticata dagli originali Johnson e Abdul-Jabbar per la poca accuratezza, con tanto di Jerry West che ha promesso di portare HBO sino alla Corte Suprema per la rappresentazione «Crudele e deliberatamente falsa» della sua controparte televisiva (un sensazionale Clarke), Winning Time è in realtà puro concentrato McKay e della sua rilettura dramedy accesa e incisiva del genere biopic (La grande scommessa, Vice – L’uomo nell’ombra). Un’opera che nel porsi come naturale evoluzione del concept delle docu-serie The Last Dance/They Call Me Magic ricalibra il racconto della grande epica sportiva nella forma magica della fiction grazie alle tante anime umane che vanno a comporre quel mosaico di colori che è la narrazione di Winning Time. Uno spettacolo in cui scena e retroscena si intrecciano tra gioco, sieropositività, fama e discriminazione razziale. Molto più che una miniserie sui Lakers: è ascesa, sacrificio, rivalità, consacrazione, caduta, rinascita. In una parola: leggenda!

Qui il trailer di Winning Time – L’ascesa della dinastia dei Lakers:

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