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Roan Johnson: «I delitti del BarLume? Credo nel potere di una risata»

Tra coralità e provincia, femminile e pandemia: il regista racconta la nuova stagione della serie Sky

Roan Johnson
Roan Johnson sul set de I delitti del BarLume. Photo credit: Paolo Ciriello

ROMA – L’11 e il 18 gennaio su Sky si torna (finalmente) a Pineta con due nuovi episodi de I delitti del BarLume (in streaming su NOW TV). E anche l’immaginaria cittadina toscana, ambientazione dei romanzi di Marco Malvaldi da cui la serie trae ispirazione, è chiamata a fare i conti con la pandemia che condizionerà la vita di tutti i suoi abitanti, da Massimo Viviani interpretato da Filippo Timi al Commissario Fusco di Lucia Mascino, passando per la Tizi (Enrica Guidi), Beppe (Stefano Fresi), Paolo (Corrado Guzzanti) e gli immancabili bimbi: Emo (Alessandro Benvenuti), Pilade (Atos Davini), Gino (Marcello Marziali) e Aldo (Massimo Paganelli). I due nuovi capitoli, Mare forza quattro e Tana liberi tutti, sono diretti ancora una volta dall’ormai inconfondibile tocco di Roan Johnson e scritti insieme a Davide Lantieri, Ottavia Madeddu e Carlotta Massimi. Abbiamo contattato telefonicamente il regista per parlare della sfida di tenere le fila di un racconto sempre più corale, delle paure e difficoltà di realizzare una stagione in piena pandemia ma anche della forza dei personaggi femminili e della magia che può scaturire da un’idea.

L’OTTAVA STAGIONE «Crediamo che esorcizzare questo periodo con una risata sia una forma terapeutica importante. C’è stato un momento in cui abbiamo pensato che non avremmo potuto girare tra le varie difficoltà e l’età avanzata dei nostri bimbi. Ma quando abbiamo pensato che non avremmo dato ai nostri spettatori, ormai molto affezionati ai personaggi, quest’appuntamento ormai annuale di risata condivisa in famiglia ci siamo detti: “No, dobbiamo riuscire a trovare il modo di girare anche quest’anno”. Per farlo dovevamo aiutarci produttivamente, creando due puntate che fossero più semplici da girare. Riuscire a donare questo momento in cui si ride anche delle proprie disavventure ci sembrava la cosa migliore che potessimo fare. Mentre i medici fanno i vaccini, il nostro vaccino era far fare una risata ai nostri spettatori».

Uno scatto dal set de I delitti del BarLume condiviso da Roan Johnson su Instagram

IL BARLUME IN LOCKDOWN «Ci siamo interrogati su quando ambientare gli episodi: se all’inizio della pandemia o alla fine del lockdown. Quando ho chiamato il cast ho chiesto: “Se giriamo avete paura?”. Quasi tutti mi rispondevano: “Roan, io l’unica paura che ho è che non si giri il BarLume quest’anno”. E nel racconto è entrato prepotente anche il modo di comunicare a cui ci siamo abituati tutti: quello via computer. Anche lì da un problema – “Come lo giriamo?” – è uscita fuori una bella opportunità quando abbiamo visto cosa succedeva sullo schermo con più personaggi in video. Una cosa inedita per il BarLume. Quest’anno il montatore, Paolo Randolfi, ha lavorato molto di più perché ha dovuto comporre le diverse call certosinamente!».

Il Covid è arrivato a Pineta. Photo credit: Paolo Ciriello

LA TERAPIA BARLUME «Come ci siamo approcciati ai nuovi episodi? Eravamo tutti un po’ spaventati. Ci chiedevamo sempre come avrebbe funzionato una puntata girata per metà su Zoom. Poi vedendola mi sono detto che forse avremmo potuto osare anche di più. La cosa che mi sembra interessante è che anche noi, come Grey’s Anatomy e This is Us, ci siamo permessi di introdurre la pandemia perché gli spettatori conoscono bene i personaggi. Li vedono entrare da una situazione normale ad una eccezionale come hanno fatto loro nelle loro vite. Questo permette di immedesimarti ed empatizzare ancora di più. Siamo riusciti addirittura a riderci su e a esorcizzare questa situazione. È stato fattibile perché il BarLume nasce con questo presupposto: unisce un giallo – dove c’è qualcuno che muore, qualcuno che lo piange, qualcuno che s’intestardisce a scoprire perché è morto e qualcuno che l’ha ammazzato, quindi elementi tragici – da cui si riesce a tirare fuori una risata. Una cosa propedeutica al momento che stiamo vivendo. Abbiamo cercato di creare dei gialli più goffi e divertenti del solito e siamo stati attenti a parlare del Covid senza scadere nel cattivo gusto e restando sempre un po’ laterali. Tanto di cappello a Sky e Palomar che hanno detto: “Sì, proviamoci”. Questo ha permesso al BarLume una variazione sul tema, evitando di ripetersi, oltre che ridere della propria tragedia. Per me la migliore terapia. Dopo il vaccino! (ride, n.d.r.)».

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Roan Johnson e i suoi bimbi in uno scatto condiviso su Instagram dal regista

LA CORALITÀ «Il primo personaggio che abbiamo introdotto, poi diventato fisso, è stato Tassone. Il problema è che ci è venuto così bene e che Michele Di Mauro è così bravo che poi come fai a rinunciarci? Tutti dicevano: “No, Tassone non si tocca. È inamovibile”. È impossibile rinunciarci. Solo che ora abbiamo quattordici personaggi fissi, più uno che muore e uno che l’ammazza! È diventato una sorta di tetris. E puntualmente arriva un commento tipo: “Eh, in questa puntata c’è poco Marchino”. È diventato come quel gioco con i piatti che girano sugli stecchi. Ogni tanto, quando uno ti sta per cascare, gli devi dare una botta. Una delle ragioni per cui ora partiamo dai personaggi e non più dal giallo dei romanzi come facevamo all’inizio. Ognuno deve avere una sua linea e questo porta a una complicazione narrativa incredibile perché il tempo a disposizione è sempre lo stesso. Questa coralità è una grandissima risorsa ma anche una grandissima menata (ride, n.d.r.)».

Una foto dal set de I delitti del BarLume 8. Photo credit: Paolo Ciriello

LA PROVINCIA «Marco Malvaldi è pisano come me e ne capisco appieno i riferimenti e le fonti. Pineta fondamentalmente è Marina di Pisa. Il luogo di mare più vicino a Pisa. Un posto abbastanza depresso. Ma diverso da quella depressione e schizofrenia che trovi in tanti posti mare che d’estate vivono un momento magico. Marina di Pisa ha una certa depressione anche d’estate. Carlo Degli Esposti ha poi spostato la location a Marciana Marina dandogli un’atmosfera più idilliaca, ma dentro è rimasta quell’umanità che rispecchia una provincia annoiata, bipolare. Una delle caratteristiche del toscano che si crogiola in questa depressione, in questo far nulla. E quest’irriverenza e autoironia sono l’antidoto per non ammazzarsi (ride, n.d.r.). Il BarLume descrive una provincia specifica ma secondo me ne abbraccia tante altre in tutta Italia. Anche il dialetto aiuta. Alla base del dialetto toscano – anche se poi abbiamo aggiunto il romano, il veneto e il siciliano – c’è questa capacità di saper ridere del sacro. Il toscano ride di tutto, dei santi e, cosa ancor più importante, della morte. Il giallo si abbina a questa capacità e forse è stata una palestra per riuscire a ridere anche della pandemia».

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Dietro le quinte del BarLume in una foto condivisa da Roan Johnson su Instagram

IL FEMMINILE «La presenza femminile è fondamentale. È una cosa a cui tengo molto. La Tizi e la Fusco sono accerchiate da immaturità e stupidità, sia sopra che sotto. Il personaggio della Mascino, ad esempio, sopra ha Tassone e sotto Cioni e Govoni mentre di fianco ha Viviani. Eppure sono quelle che nei punti cardine del nostro racconto, il BarLume e il commissariato, tengono la barra dritta. Sono quelle che tirano fuori perspicacia, intelligenza, forza e una certa luce di modernità. C’è una battaglia in corso ma finalmente ci sono dei ruoli femminili in posti di comando e responsabilità e ci piace che ci siano questi modelli anche nel nostro BarLume».

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Lucia Mascino è il Commissario Fusco. Photo credit: Paolo Ciriello

IL BARLUME COME BREAKING BAD «Se ho avuto paura che il pubblico si allontanasse quando Viviani è uscito di scena? Onestamente? …Sì. E un po’ è successo. Anche sui social qualche offesa ci è arrivata. Il BarLume è una serie veramente strana. Le sono capitate talmente tante cose nel corso degli anni che se qualcuno si mettesse ad analizzare tutto diventerebbe un case study. Se si pensa che la prima e seconda stagione sono due prodotti davvero molto diversi, che a un certo punto va via il protagonista, che tra i libri e la serie ormai ci sono moltissimi punti andati in direzioni diverse, il BarLume ha davvero delle particolarità che la rendono unica. Quando Viviani ha lasciato Pineta è stato come se Walter White lasciasse Breaking Bad. La forza lì è stata che con Davide Lantieri, Carlotta Massimi e Ottavia Madeddu rivediamo sempre le puntate per riprendere personaggi che magari sono apparsi una sola volta quattro stagioni prima. Questo fa molto Pineta, un posto piccolo in cui i personaggi si ripetono perché è così che accade nella provincia. Un altro punto di forza è che avevamo iniziato a far diventare colare il BarLume prima che andasse via Viviani. Ci eravamo già creati una serie di racconti e personaggi con una loro linea propria».

Roan Johnson
Roan Johnson e parte della troupe del BarLume a riprese finite

LA MAGIA «Ho capito che gli attori che fanno teatro sono quelli con cui preferisco lavorare. Sono attori che hanno metodo, capacità e potenza e ti mettono alla prova. In più al BarLume abbiamo tanti attori che sono anche autori e registi, da Filippo Timi a Corrado Guzzanti passando per Alessandro Benvenuti. Questa per me è una ricchezza immensa. Tra di noi si è creata sintonia e sicurezza per cui ogni idea, anche un po’ folle, viene tirata fuori. Poi magari si dice di no e abbiamo la tranquillità di non offenderci. Come Stefano Fresi che mi prende in giro facendo il verso di me sul set con dei video in cui dice solo “No”. Poi però su otto “No” arriva il “Sì” che ti cambia la scena e te la fa diventare magica».

Qui potete vedere il trailer de I delitti del BarLume 8: 

 

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