in

Zombi | George A. Romero, le profezie e l’alba di un nuovo cinema horror

La notte dei morti viventi, la genesi, Dario Argento e quei differenti montaggi. Celebrare un capolavoro

Zombi - L'alba dei morti viventi di George A. Romero e dello zombie-movie moderno
Zombi - L'alba dei morti viventi di George A. Romero e dello zombie-movie moderno

ROMA – «Quando è uscito La notte dei morti viventi è stato analizzato e sovraanalizzato in modo sproporzionato. Gli zombie sono stati scritti come se rappresentassero la maggioranza silenziosa di Nixon o altro, ma non ci ho mai pensato in quel modo». Così George A. Romero a proposito del fraintendimento critico in cui incappò La notte dei morti viventi. Lo stesso accadde dieci anni dopo con il suo sequel spirituale, quel L’alba dei morti viventi meglio noto in Italia come Zombi, dove il non-morto romeriano passò da soggetto politico privo di coscienza, a vuoto simulacro degli effetti sull’individuo dei costrutti ideologici del capitalismo, della moralità e sull’anti-natalismo. Un fraintendimento figlio del fatto che Romero, in fondo, concepì gli zombie in maniera didascalica: «Per me, gli zombie sono sempre stati solo zombie. All’inizio non li pensavo nemmeno come zombie, ma solo come mangiatori di carne. Pensavo solo che esistessero».

Zombi - L'alba dei morti viventi di George A. Romero fu presentato in anteprima l'1 settembre 1978
Zombi – L’alba dei morti viventi di George A. Romero fu presentato in anteprima l’1 settembre 1978

Solo che, come spesso succede, dopo che un’opera ha trovato la sua via del mondo, questa prende vita e cambia forma, fino a vedere schiuso il proprio cuore creativo latente. Qualcosa che appare tremendamente evidente in Zombi. Un film solo apparentemente semplice nel suo essere, in verità, il capostipite dello zombie-movie moderno. A un primo livello di lettura, Zombi di Romero ci appare come la quintessenza del cinema d’assedio da apocalisse-zombie: un centro commerciale che funge da arena scenica, orde di zombie, redneck e motociclisti armati fino ai denti, quattro protagonisti costretti a fare squadra per necessità e sangue, viscere e tanta musica rock. Basterebbe questo per parlare di Zombi come di un film straordinario, ma Romero andò oltre, caricandolo di una feroce satira sull’America, i suoi uomini e i tipi sociali, che ha finito con il renderlo un classico senza tempo.

Il frame cult che da solo vale l'immortalità artistica di Zombi
Il frame cult che da solo vale l’immortalità artistica di Zombi

Perché oggi come ieri, quarantacinque anni dopo, Zombi è un ironico e impietoso ritratto di una società dove i media diffondono fake news pur di contenere gli animi, il caos fa da padrone e le minoranze vengono perseguitate dall’Autorità attraverso apparati repressivi che agiscono senza pietà e in modo (dis)umano. Emblematico, in tal senso, il prologo con la SWAT che assale un condominio di portoricani, tutta gente povera che vive di stenti, dove la carneficina riguarda più i sani che non i non-morti. E poi c’è l’arena scenica del centro commerciale come magico microcosmo della società fatto di luci, suoni, sale giochi e beni di consumo. Una bolla dove l’unica regola è spendere denaro. È l’unica condizione che il consumatore deve soddisfare per partecipare al ciclo infinito di sfruttamento e spesa della visione capitalista, un ciclo alimentato dal soddisfacimento di bisogni illusori.

Ken Foree e Scott H. Reiniger in un momento di Zombi
Ken Foree e Scott H. Reiniger in un momento di Zombi

D’altra parte l’ha sempre detto Romero: «Le mie storie parlano di esseri umani e di come reagiscono, o non reagiscono, o reagiscono stupidamente. Punto il dito contro di noi, non contro gli zombie, con loro cerco sempre di rispettarli e simpatizzare il più possibile». Quale migliore arena scenica quindi se non un centro commerciale nel pieno di un’apocalisse. Un evento fuori dal mondo, sconvolgente, che in Zombi – alla maniera del precedente La città verrà distrutta all’alba – diventa base drammaturgica nel ribaltare la percezione della società e delle sue regole, oltre che generatore automatico di caos, rivelatore degli istinti più subdoli degli uomini. E non è della sopravvivenza fine a sé stessa che parliamo, ma di come questa si rapporta all’essenza dell’individuo: se mantenere quindi il proprio mensch, la propria integrità, o farla soccombere, ritenendola non più necessaria, lasciando emergere invece la dimensione bestiale nella debolezza d’animo.

Stephen-zombie!
Stephen-zombie!

Un film straordinario insomma, all’altezza del suo predecessore, quel La notte dei morti viventi dove le tensioni razziali amplificarono la valenza semantica dello zombie di Romero dipingendo l’intera narrazione come una critica allegorica, ora alla Guerra Fredda, ora al Vietnam. Dalla sua però Zombi – anello di congiunzione della trilogia originale (La notte dei morti viventi, Il giorno dei morti viventi) che poi andò ad ampliarsi nelle forme più varie (La terra dei morti viventi, Le cronache dei morti viventi, Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti) – seppur meno estremo e ramificato in termini politici, appare come il capitolo più intenso, solido e compiuto nelle soluzioni narrative e nelle costruzioni d’immagine. Perfino nel modo in cui Romero diede inconsapevolmente vita a un intero sottogenere del cinema horror (l’apocalisse zombie) costruendone la grammatica filmica. Ironicamente il film nacque per volere del caso e nel modo più coerente possibile.

Gaylen Ross in una scena del filmGaylen Ross in una scena del film
Gaylen Ross in una scena del film

Nel 1974 infatti Romero fu invitato in Pennsylvania dall’amico Mark Mason della Oxford Development Company a visitare il Monroeville Mall gestito dalla compagna di lui: un centro commerciale! Per Zombi non poteva che essere altrimenti del resto. Durante quella visita a Romero furono mostrate le parti nascoste del centro commerciale, quelle inaccessibili al pubblico. Pubblico che nel suo eterno vagare di negozio in negozio appariva felice come non mai. Poi una battuta di Mason: «Semmai si verificasse un’emergenza, sono certo che qualcuno sarebbe in grado di sopravvivere qui dentro». Detto, fatto! Sarà proprio il Monroeville Mall il centro commerciale che ospiterà la narrazione di Zombi. Rientrato dal viaggio contattò l’executive Richard P. Rubinstein per iniziare a sondare il terreno in cerca di finanziamenti presentando il progetto come sequel diretto de La notte dei morti viventi sotto il titolo di Dawn of the Living Dead (che sarà anche il working-title di Zombi).

La definitiva trasformazione di Roger in non-morto
La definitiva trasformazione di Roger in non-morto

La notizia arrivò casualmente alle orecchie di Dario Argento che assieme al fratello Claudio e al produttore Alfredo Cuomo, si fecero avanti accettando di co-finanziare Zombi in cambio dei diritti di distribuzione internazionale. Iniziò così la realizzazione di Dawn of the Living Dead con Argento che, da grande fan dei lavori di Romero (e viceversa), lo aiutò attivamente nella stesura dello script pur non risultando in alcun modo accreditato. Script, tra l’altro, che nel draft originale prevedeva un climax decisamente differente, molto più cupo. In origine infatti Peter (Ken Foree) e Fran (Gaylen Ross) avrebbero visto la loro vita narrativa concludersi in modo decisamente macabro: entrambi morti suicida perché sopraffatti dall’orda di zombie. Peter sparandosi in testa, Fran, invece, infilando la testa tra le pale rotanti dell’elicottero sul tetto. Durante la lavorazione di Zombi però fu deciso di cambiare il finale del film.

Nel cast di Zombi anche Tom Savini
Nel cast anche Tom Savini

Da quanto risulta tra le immagini del making-of di Zombi (Document of the Dead) il climax originale era effettivamente previsto nel piano di lavorazione e fu pure programmato, ma mai girato. Romero, su suggerimento di quella che sarebbe stata la sua futura moglie, l’attrice Christine Forrest, scelse il finale poi definitivo, quello in cui Peter e Fran, nonostante l’apocalisse sia ormai inarrestabile, hanno un ultimo sussulto di vitalità e provano a fuggire assieme in elicottero. Un climax grandioso reso poi leggendario da quello scambio dialogico: «Quanta benzina abbiamo? Non molta. Okay…» che da una parte dà speranza sul loro futuro, ma dall’altra sembra quasi prefigurare una fuga (molto) breve. Il cambio di finale avvenne e per una ragione ben specifica: Romero si innamorò dei personaggi.

Il quartetto di protagonisti di zombie si fece voler bene da Romero
Il quartetto di protagonisti si fece voler bene da Romero

Se ne rese conto dopo aver visionato alcuni giornalieri. Al punto che – rispetto a La notte dei morti viventi come anche Il giorno dei morti viventiZombi appare decisamente meno cupo e nichilista, tanto da permettersi un paio da battute esilaranti e un momento comico irresistibile come il lancio delle torte in faccia agli zombie da parte dei motociclisti. Merito, oltre che allo stile fumettoso del film, della spontanea empatia figlia delle interazioni di Peter, Fran, ma anche Stephen (David Emge) e Roger (Scott H. Reiniger). In quel misto di amicizia, rispetto e umanità conservata carburata da un’alchimia tagliente, c’è una delle tante ragioni che hanno reso Zombi uno dei grandi classici del genere horror. Un film capace di trascendere il genere per porsi al pubblico in termini universali. Non a caso sarà un successo straordinario al botteghino.

L'uccisione più spiazzante (e divertente) di Zombi
L’uccisione più spiazzante (e divertente) di Zombi

A fronte di un budget di poco più di 640.000 dollari, Zombi (presentato in anteprima mondiale l’1 settembre 1978 a Torino) incasserà oltre 66 milioni di dollari world-wide. Questo nonostante il film sia stato oggetto di numerosi rimontaggi e licenziato in ben quattro cut diversi. Una scelta dettata dai diritti distribuzione internazionale da parte di Argento di cui ha curato l’European Cut da 119 minuti. Questa versione di Zombi, oltre che dotata della colonna sonora progressive rock degli immancabili Goblin che soppiantò del tutto quella scelta da Romero con delle campionature e brani originali selezionati dalla De Wolfe Music Library, è caratterizzata da un ritmo narrativo più netto e da alcune extra inquadrature cruenti che non sono presenti in nessuno dei cut di Romero. Il primo, vero, cut di Zombi, è la Extended Cut da 139 minuti che Romero licenziò per il Cannes Film Market del 1978.

La scena iniziale di Zombi
La scena iniziale del film

Dalla Extended/Director’s Cut – un cut frettoloso figlio della necessità di ottenere visibilità tra i distributori esteri – Romero tirò fuori quella che poi è la versione ufficiale di Zombi, il Theatrical Cut per il mercato statunitense da 128 minuti (distribuito nelle sale il 13 aprile 1979), che dai censori dell’MPAA (Motion Picture Association) fu sul punto di ricevere un incredibile rating X (cioè equiparato a pornografia hardcore) a causa della violenza esplicita. Contro ogni pronostico Romero riuscì a convincere la United Film Distribution a rilasciare Zombi senza rating. In cambio però – anche per addolcire un po’ una MPAA sul piede di guerra – furono realizzati molti trailer e spot pubblicitari che esplicitarono come non ci fosse alcuna sequenza di sesso esplicito nel film, solo violenza, tanta violenza, e tanto basta per parlare di Zombi come un film leggendario, profetico, semplicemente incredibile.

  • LONGFORM | Un uomo tranquillo, il cuore d’Irlanda di John Ford
  • REVISIONI | Hot Fuzz, il colore blu della Trilogia del Cornetto
  • LONGFORM | Halloween, la notte delle streghe di John Carpenter

Qui sotto potete vedere il trailer del film: 

Lascia un Commento

Giacomo Giorgio al nostro Hot Corner alla Festa del Cinema di Roma

VIDEO | Giacomo Giorgio: «Io, Per Elisa, Noi Siamo Leggenda e il mito di Marcello Mastroianni»

Lorenzo Tomio ospite al nostro Hot Corner alla Festa del Cinema di Roma

VIDEO | Lorenzo Tomio: «Io, Tutto Chiede Salvezza e il talento di Jóhann Jóhannsson»