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Un uomo tranquillo | Il nostalgico cuore d’Irlanda secondo John Ford

John Wayne e Maureen O’Hara, i contrasti con Herbert J. Yates, e quel quarto Oscar al Miglior regista

Un Uomo Tranquillo, alla riscoperta del film di John Ford
Un Uomo Tranquillo, alla riscoperta del film di John Ford

MILANO – «Una sciocca storia d’Irlanda che non guadagnerà un centesimo». Doveva essere un uomo molto pragmatico Herbert J. Yates. Perché, a conti fatti, Un uomo tranquillo avrebbe rappresentato un salto nel vuoto per lui e la sua Republic Pictures per cui il cinema era esclusivamente low-budget e rientrante principalmente in tre specifici generi: Western, d’azione, e commedie. John Ford però, specie per via dei suoi natali irlandesi (il padre John Augustine era di Galway, la madre Barbara di Kilronan), si era innamorato del romanzo originale di Maurice Walsh (The Green Rushes) pubblicato nel 1933 tra le colonne del Saturday Evening Post. Gli ricordava la sua Irlanda, quella dolce e benevola. L’altra faccia di quella violenta e indipendentista di cui raccontò le inerzie combattive ne Il traditore, opera del 1935 che gli valse il primo Oscar come Miglior regista. Ford ne acquistò i diritti nel 1944 per appena 10 dollari.

Una scena de Un uomo tranquillo

A progetto avviato Walsh ne incassò quasi 6000 da quella Republic che sapeva benissimo che Un uomo tranquillo sarebbe stato l’ultimo dei sette film previsti dal contratto di John Wayne. Diede così il benestare ma a una sola condizione: prima un Western così da rientrare dalle perdite previste/supposte: il fordiano Rio Bravo, del 1950, chiusura kolossal e ambiziosa della Trilogia della Cavalleria. Nel cast anche Maureen O’Hara che de Un uomo tranquillo sarà poi l’anima romantica e ribelle. Nonostante questo però Yates rese la vita difficile a Ford. A partire dal cambio di titolo. Credeva infatti che The Prizefighter and the Colleen/Il pugile e la ragazza sarebbe stato molto più accattivante per il suo pubblico de The Quiet Man/Un uomo tranquillo. Ford no, temeva che il titolo di Yates avrebbe potuto svelare l’intera trama: quella storia d’amore matura che anni dopo ammise di aver amato particolarmente. Vinse lui.

John Wayne e Maureen O'Hara in una scena de Un uomo tranquillo
John Wayne e Maureen O’Hara in una scena de Un uomo tranquillo

La condizione più insolita, e su cui Yates sembrava davvero irremovibile, riguardava però il minutaggio: non oltre le due ore. Questo perché secondo lui il pubblico non sarebbe mai rimasto seduto al cinema per oltre due ore di pellicola. E qui sorse il problema. Perché il cut licenziato da Ford a fine post-produzione recitava due ore e nove minuti. Ford si oppose strenuamente affermando di aver già tolto tutto il superfluo dal montaggio. Un paio di giorni dopo chiamò Yates informandogli che il cut definitivo era finalmente pronto secondo i suoi voleri. A 120 minuti esatti, cioè nel bel mezzo del leggendario combattimento climatico tra Wayne e McLaglen, fece segno al proiezionista di tagliare. Lo schermo divenne bianco e si accesero le luci in sala: «Come puoi chiaramente vedere Yates non c’è più niente da tagliare. Ecco il tuo Un uomo tranquillo da 120 minuti». Manco a dirlo li ottenne.

Maureen O'Hara in una scena de Un uomo tranquillo
Maureen O’Hara in una scena de Un uomo tranquillo

Fu in ogni caso una lavorazione che lo prosciugò mentalmente. Si racconta come Ford divenne particolarmente insicuro sul set. I continui scontri verbali con Yates lo avevano provato. Non tanto perché non riuscisse a tenergli testa, ma perché era della Republic che stavamo parlando (una casa di produzione di seconda classe) e lui un tre volte Oscar come Miglior regista. Dopo un brutto raffreddore ammise a Wayne le sue paure: «Non so se ho in mano un film». C’era da tenere conto di come il primo draft della sceneggiatura di Richard Llewellyn fosse parecchio politicizzato. Era ambientato durante la rivoluzione irlandese e raccontava degli scontri tra i repubblicani-indipendentisti e i neri britannici. Ford sentiva che la serietà politica – che nel precedente de Il traditore era invece la pietra narrativa portante – qui poco si mescolava con la spensierata storia d’amore.

John Wayne e Maureen O’Hara in una scena de Un uomo tranquillo

Frank Nugent scrisse così il secondo (e definitivo) draft ma i dubbi su quanto la componente romantica avrebbe tenuto in piedi l’intero film perduravano. Qui intervenne l’amico Wayne che girò alcune sequenze d’azione da cui straripò una gioia filmica tale da contagiare Ford per osmosi fino a rimetterlo in piedi: «Sembrava la fine di un momento travagliato nella mia vita. Galway è nel mio sangue. È l’unico posto in cui ho trovato pace» scrisse a un suo vecchio amico irlandese. Non a caso, all’indomani dell’ultimo sussulto western (Il grande sentiero), ci vorrà tornare in Irlanda raccontandola ancora ne Il magnifico irlandese, salvo poi trovarsi costretto dopo due settimane a lasciarla per problemi di salute affidando la regia a Jack Cardiff. Quello che traspare dalle maglie narrative de Un uomo tranquillo però è proprio questo: un senso di pace da bisogni nostalgici finalmente appagati.

Maureen O'Hara in una scena de Un uomo tranquillo
Maureen O’Hara in una scena de Un uomo tranquillo

Un’opera che nel restituirci l’ingenua e quasi fiabesca rappresentazione di un’Irlanda idealizzata sia nella società (pacifica e dalle divisioni basate sulle religioni) che nelle caratterizzazioni stereotipate (gli irlandesi di Ford sono tutti scommettitori con pipa in bocca e pinta di birra in mano), marcatamente antitetica nei valori e nello spirito rispetto a quella raccontata ne Il traditore e più vicina alle opere giovanili de Il tornado/La corsa a ostacoli di Shamrock, vive come di un orgoglioso senso di appartenenza alla terra che è ricongiungimento con le proprie radici familiari. Desiderio d’essenza vitale che l’autore trasla narrativamente nel respiro filmico del topos del viaggio (di ritorno) di uno Sean Thornton/John Wayne personalissimo alter-ego del ritrovato irlandese John Ford avvolgendolo infine in formidabili scorci registici dalla colorata e verdissima costruzione d’immagine dove la valenza narrativa delle fordiane Monument Valley viene qui fatta rivivere nelle pacifiche e composte campagne irlandesi.

John Wayne e Maureen O'Hara in una scena de Un uomo tranquillo
John Wayne e Maureen O’Hara in una scena de Un uomo tranquillo

Eppure, nel suo retaggio settantennale in cui la giocosa (e inaspettata) citazione contenuta nello spielberghiano E.T. – L’extra-terrestre ha certamente fatto la differenza, più che delle aspettative disattese di Yates, del quarto (e ultimo) Oscar come Miglior regista di Ford, o della performance sexy di Wayne, ciò che resta vivido nella memoria dello spettatore è la presenza scenica di una O’Hara strepitosa che con Un uomo tranquillo ha sempre sentito di avere un legame particolare. E non solo per l’amicizia e l’alchimia recitativa eccezionale che aveva con Wayne (poi riproposta nel Western umoristico McLintock! di Andrew McLaglen del 1963), ma anche per ragioni personali. Come nel 1986 quando, dopo una sparatoria, un giovane agente della Polizia di New York rimase paralizzato. La moglie raccontò ai cronisti che Un uomo tranquillo era il film preferito di suo marito. Lo sentiva suo.

John Wayne e Maureen O'Hara in una scena de Un uomo tranquillo
John Wayne e Maureen O’Hara in una scena de Un uomo tranquillo

La notizia colpì così tanto la O’Hara da decidere di andare nella Grande Mela al capezzale dell’agente per offrirgli conforto. Tra loro nacque una bellissima e inaspettata amicizia. Pensate che la O’Hara fu coinvolta attivamente durante la riabilitazione dell’agente e fece da madrina al battesimo del loro bambino. Scomparsa nell’ottobre 2015 all’età di 95 anni si dice che nei suoi ultimi istanti di vita abbia chiesto ai familiari di potersene andare ascoltando la colonna sonora del film composta da Victor Young. Richiesta analoga, stando alle parole usate dalla famiglia nel comunicato a mezzo stampa con cui ne comunicarono il decesso, a quella del padre degli zombie-movie, George A. Romero andatosene nel luglio 2017 dopo una lunga malattia. Un uomo tranquillo, o del cinema dei buoni sentimenti destinato a rimanere per sempre nella memoria comune.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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