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Uccellacci e Uccellini | Marx, il corvo e quell’incontro tra Pier Paolo Pasolini e Totò

Un corvo politicizzato, Ninetto Davoli, Marx e il principe De Curtis. La storia dietro ad un capolavoro

Totò e Pasolini, la strana coppia di un cult: Uccellacci e Uccellini

MILANO – «Perché sono passato dalla letteratura al cinema? […] Per cambiare tecnica. Avevo bisogno di una nuova tecnica per dire una cosa nuova. O il contrario: che dicevo la stessa cosa sempre e perciò dovevo cambiare tecnica». Del resto – e l’estratto qui riportato de Una premessa in versi parla chiaro – il rapporto tra Pier Paolo Pasolini e il cinema è sempre stato atipico. Un singolare caso di scrittura unificata il suo: girare il materiale e al contempo scriverne il testo (come nel caso di Teorema) così da far convergere attraverso due linguaggi la propria visione. Una produzione – quella del Pasolini-regista – fondata su di una solida certezza: «Uccellacci e uccellini è stato il mio film che ho amato e continuo ad amare di più». Un assolutismo netto figlio delle circostanze e del successivo retaggio: «Prima di tutto perché, come dissi quando uscì, è il più povero e il più bello. E poi perché è l’unico mio film che non ha deluso le attese». Sarà in concorso a Cannes nel 1966, con Sophia Loren Presidente di giuria e Signore & signori di Pietro Germi Palma d’Oro ex aequo con Un uomo, una donna di Claude Lelouch. Per Uccellacci e uccellini saranno (solo) applausi a scena aperta.

Totò e Ninetto Davoli
Totò e Ninetto Davoli

La lavorazione – iniziata nell’ottobre del 1965 – arrivò in un momento florido e vivace nella vita di Pasolini. Nemmeno un mese dopo avrebbe pubblicato Alì dagli occhi azzurri, raccolta narrativa contenente al suo interno gli abbozzi dei romanzi de Il Rio della grana, La Mortaccia, nonché le sceneggiature dei suoi precedenti cinematografici (La notte brava, Accattone, Mamma Roma, La ricotta). E non solo. Dirigerà una serie culturale della rivista Nuovi Argomenti su invito di Alberto Moravia e Alberto Carocci; curerà la regia di un’opera lirica alla Piccola Scala; per poi, a Capodanno, partire per un viaggio avventuroso in Nord Africa. Larga parte del successo di Uccellacci e uccellini è tuttavia ascrivibile a presenza scenica e valenza di Totò: cuore e anima del racconto, personalmente scelto da Pasolini che riteneva la sua maschera esemplare. «Perché riuniva in maniera armoniosa, indistinguibile, due momenti tipici dei personaggi delle favole: l’assurdità/il clownesco, e l’immensamente umano». È lecito pensare come, senza di lui, l’intera inerzia narrativa Uccellacci e uccellini avrebbe preso ben altra piega.

uccellacci-e-uccellini
Proprietà Privata! Il corvo marxista…

La maschera dell’icona Totò fungeva da elemento chiave e cardine nel codificare la forza poetica di un racconto che – tra il mistico e il picaresco, l’onirico e la critica sociale – testimoniava il tramonto dell’ideologia e la sfiducia degli uomini raccontando neo-realisticamente di sterilità politica attraverso il verboso becco di un corvo con cui ragionare di marxismo e di lotta di classe in chiave ideocomica. Un’opera di spiccata modernità che viveva di intuizioni sorprendenti. Su tutti i titoli di testa cantati da Domenico Modugno su musica di Ennio Morricone che – a conti fatti – rappresentano un unicum del cinema italiano (e non solo). E fu una scelta vincente anche se difficile. Pur non condividendo il personaggio e la poetica pasoliniana, Totò accettò il ruolo per necessità. Non voleva essere dimenticato dal pubblico e dopo anni di interpretazioni con il cambio automatico sentiva l’esigenza di mettersi in gioco in pellicole di maggior spessore (I soliti ignoti, I tartassati, Risate di gioia, La mandragola, Operazione: San Gennaro). Manco a dirlo l’esperienza sul set di Uccellacci e uccellini fu inedita per Tòtò. Pasolini ne smorzava l’istinto da improvvisatore per attenersi alle esigenze del copione. In ogni caso fu positiva. Tra i due c’era chimica e reciproca stima, tanto che Pasolini ebbe a definirlo: «Un uomo buono e senza aggressività. Una statua ricca di dolce cera».

Lo sguardo su Roma di Pasolini
Lo sguardo su Roma di Pasolini

Oltre che per la sua originalità narrativa Uccellacci e uccellini riuscì nei suoi intenti filmici grazie al contrasto recitativo tra Totò e quel Ninetto Davoli definito da Pasolini un attore per forza. Il professionista rodato e il giovane inesperto. Una musicalità attoriale che Pasolini comparò al suono combinato di uno Stradivari con uno zufolo. I due (anzi i tre compreso il regista) sapranno ripetersi ne La Terra vista dalla Luna (episodio dell’opera collettiva Le streghe) e in Che cosa sono le nuvole? (episodio dell’opera collettiva Capriccio all’italiana). Eppure, stando alle cronache dell’epoca, i pronostici non erano esattamente a loro favore. Il primo incontro della strana coppia infatti non fu proprio dei più esaltanti. Fu a casa di Totò. C’era anche Pasolini che a un certo punto scoppiò a ridere istericamente. Ninetto si presentò con dei jeans sporchi (praticamente da buttare). Finito di parlare del progetto, quando i due se ne andarono, Totò spruzzò dell’insetticida sul posto prima occupato da Ninetto. Nei mesi successivi a Uccellacci e uccellini Pasolini vide il cronicizzarsi di un’ulcera con cui conviveva da svariati mesi. L’evento lo costrinse a letto dove ebbe modo di rileggere i Dialoghi di Platone. Ispirazione eccellente nel delineare l’impianto narrativo delle opere formanti il suo opus teatrale (Calderòn, Pilade, Affabulazione, Porcile, Orgia, Bestia da Stile), del romanzo in sceneggiatura Bestemmia, e dei successivi Teorema e l’Edipo Re.

Sul set di Uccellacci e Uccellini
Sul set di Uccellacci e Uccellini

Per Totò invece, al tramonto della carriera e della vita, il raggiungimento di quello che sembrava essere un insperato riconoscimento internazionale culminato in una menzione speciale a Cannes. Intenti oggi a celebrare vita e opere del Pasolini-autore divenuto centenario. Rievocarne la morte e con essa lo spettro luttuoso di quella brutale aggressione avvenuta all’Idroscalo di Ostia potrebbe perfino apparire come fuori-fuoco. Un tradimento insomma. Eppure un’azione doverosa e necessaria. Secondo Pasolini infatti è soltanto attraverso la morte che possiamo conoscere veramente la vita di qualcuno. Capirne le azioni. Decifrarne il mistero attorno al caos di possibilità e interpretazioni. La immaginava come fosse un fulmineo montaggio della vita. Una raccolta di momenti significativi messi in successione in modo che passato e presente, instabile e incerto, si compenetrassero in un piano-sequenza di frammenti di soggettive infinite. Ecco, da spettatori e posteri, ci piace pensare che nel montaggio finale di momenti ci sia stato anche Uccellacci e uccellini e che abbia perfino avuto un ruolo centrale: tra le opere chiave dell’opus pasoliniano, il dichiarato film del cuore di PPP, e per molti dei suoi spettatori…

 

 

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