MILANO – Sport e politica, cinema e vita: dopo Ore 15:17 – Attacco al treno e il buon The Mule, Clint Eastwood ha poi dato forma a Richard Jewell, 42° film da regista ambientato nel 1996, ad Atlanta, ove si svolsero le Olimpiadi che segnarono forse l’apice degli Stati Uniti. E questo non solo dal punto di vista sportivo (111 medaglie e 44 ori), ma anche da quello geopolitico, perché furono i primi Giochi in cui la Russia partecipò con la nuova bandiera e il nuovo nome, a segnalare la vittoria della Guerra Fredda da parte degli States. Mentre Bill Clinton si apprestava a ri-vincere le Presidenziali, Michael Johnson, Carl Lewis e il secondo Dream Team del basket USA sembravano mostrare a tutti in che direzione stava andando il mondo: era il cuore degli Anni Novanta, in cui sembrava che la Storia fosse finita e che l’Occidente avrebbe per sempre vissuto tempi di pace, prosperità sotto il segno di un mite progressismo.
Forse non tutti lo ricordano, ma in quei giorni – più precisamente il 27 luglio – al Centennial Olympic Park di Atlanta ebbe luogo il primo di una serie di attentati organizzati dal suprematista bianco e cattolico Eric Rudolph, determinato a fermare in un solo colpo (e con la forza) la legalizzazione della pratica dell’aborto, la cosiddetta “homosexual agenda” di una società non ostile alle pratiche omosessuali, e il supposto “socialismo globale” propagandato dai giochi olimpici, che quell’anno avevano scelto la sovversiva (!) Imagine di John Lennon come colonna sonora. Il risultato della sua strategia fu una bomba nel parco che causò un morto e centoundici feriti.
Eastwood racconta la vicenda continuando sulla scia degli eroi-per-caso di cui fanno parte i recenti Sully e Ore 15.17 – Attacco al treno, che a ben vedere rappresentano solo un sottoinsieme di tutto un cinema eastwoodiano sulla specialità dell’uomo comune, il cui punto di vista ci racconta la guerra, o semplicemente ci mostra che cosa questi uomini insospettabili sono capaci di fare moralmente e fisicamente. L’eroe di turno è Richard Jewell, guardia giurata, che poco prima dell’esplosione della bomba si accorse di quel che stava avvenendo e permise un’evacuazione immediata. La bomba scoppiò, ma parleremmo probabilmente di una strage se l’uomo non si fosse accorta dello zaino incustodito e non avesse preso l’iniziativa.
Ma Richard Jewell (su Prime Video ed Apple TV+) sembra essere anche qualcosa di più di questo. Ispirato ad un articolo di Marie Brenner su Vanity Fair (e dal libro The Suspect di Kent Alexander e Kevin Salwen), il film ricorda la parabola del suo protagonista, che da eroe popolare esaltato dalla stampa diventò da un giorno all’altro un mostro, senza nemmeno il tempo di abbandonare le prime pagine dei giornali, a causa di una indagine che l’FBI stava facendo proprio sul suo conto, sospettandolo di essere coinvolto nell’organizzazione dell’attentato, poi totalmente scagionato. Purtroppo Jewell morirà, a soli 44 anni per il diabete, il 29 agosto 2007.
Così Clint si è avvicinato ad un altro dei suoi amati filoni, ovvero quelli legati al sospetto, al pregiudizio e alle vicende legali (ricordate Changeling?) nei sottili e tremendi confini che separano l’innocenza dalla colpevolezza, la gogna pubblica dall’esaltazione delle masse, la verità dei fatti dalla verità processuale. Temi portanti del suo cinema, riproposti anche questa volta senza dare risposte, ma offrendo allo spettatore molte (necessarie) domande.
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Qui potete vedere il trailer di Richard Jewell:
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