ROMA – La sparizione di un bambino, una madre disperata, la totale incapacità della polizia a risolvere il caso. E il colpo di scena del ritrovamento di un ragazzino che però non porta a nessuna soluzione, anzi. Sarà solo l’inizio di un incubo senza fine. Sono questi gli elementi principali della vicenda di Christine Collins e del figlio Walter che hanno ispirato Clint Eastwood per il suo Changeling. Thriller, dramma in costume o omaggio alla grandezza di una donna coraggiosa, interpretata da Angelina Jolie? C’è tutto, ma più di ogni altra cosa Eastwood è interessato a mostrare quanto una società senza regole né umanità sia in grado di generare mostri. E sia incapace di garantire una vera giustizia. Ma chi era Christine Collins e perché la sua vita ha colpito così tanto il regista e lo sceneggiatore Joseph Michael Straczynski?
Los Angeles, anni ’20. Christine Ida Dunne Collins vive con il figlio Walter, avuto dal marito Walter Joseph Anson, nel quartiere di Lincoln Heights. Non è facile evitare per lei gli sguardi di riprovazione dei vicini, ma Christine è una signora coraggiosa e cerca in tutti i modi di non far pesare a Walter l’assenza di un padre finito in prigione per rapina (Collins è il nome che dà ai poliziotti che lo arrestano). Il 10 marzo 1928 Walter va al cinema e si allontana da casa senza farvi più ritorno. Le ricerche, cominciate immediatamente al rientro di Christine dal lavoro, risultano tutte infruttuose: il bambino sembra sparito nel nulla. La donna non si dà certo per vinta, ma non trova alcun sostegno da parte della polizia che nello specifico non brilla per tempestività e solerzia. In poche settimane il caso diventa uno dei più seguiti dall’opinione pubblica.
Pressata dai media e dai cittadini che cominciano a temere per la propria sicurezza, la squadra di agenti guidati dal capitano J.J. Jones viene messa alle strette. Dopo cinque mesi, la possibile svolta. In Illinois viene ritrovato un bambino che si pensa possa essere Walter. Le forze dell’ordine obbligano Christine ad accogliere in casa il ragazzino, per dare all’esterno un segnale positivo. La donna, sconvolta, accetta la proposta, ma dopo poche settimane si rivolge alle autorità per porre fine alla messinscena: quello non è il suo Walter.
Inizia così un altro inferno per Christine che, accusata di essere una pessima madre e di aver ridicolizzato la polizia, viene ricoverata in un ospedale psichiatrico con un Codice 12. Una pratica quanto mai comune all’epoca, rivolta in particolare a tutti gli “irregolari” – per la maggior parte donne – che rappresentavano un pericolo per la società. Dov’è Walter e chi è il bambino che è stato spacciato per lui? Solo quest’ultima domanda trova una risposta: si tratta di Arthur Hutchins jr. un dodicenne orfano, che nel dolore di Christine per la perdita del figlio trova una soluzione per fuggire dalla miseria, trasferirsi a Hollywood e conoscere il suo idolo, Tom Mix. All’ammissione del ragazzo, Christine viene liberata dopo 10 giorni di ricovero coatto.
Del vero Walter invece, nessuna traccia. Fino a quando gli inquirenti non iniziano a investigare sulla figura di Gordon Northcott, un immigrato canadese che si è trasferito in un ranch a Winewille assieme alla madre Sarah e al nipote tredicenne Sanford. Proprio quest’ultimo si rivelerà un testimone chiave per le indagini. Abusato ripetutamente dallo zio, confessa alla sorella Jessie di aver visto Gordon Northcott seviziare e uccidere dei bambini. Tra questi, forse, anche Walter Collins.
È la madre di Northcott a confessare l’omicidio di Walter e ad essere condannata all’ergastolo. Northcott, invece, viene giudicato per un’altra serie di omicidi, tra cui quello dei fratellini Winslow e di un giovane messicano senza identità. Fino al giorno dell’impiccagione, il 2 ottobre del 1930, negherà anche alla stessa Christine di aver ucciso il piccolo Collins. Nonostante la vittoria della causa contro il Dipartimento di Polizia di Los Angeles, Christine non vedrà mai un dollaro. E continuerà a cercare il figlio fino alla sua morte, avvenuta nel 1964.
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