ROMA – Il terzo capitolo della saga del tenero orsetto porta stavolta Paddington (Ben Whishaw/Francesco Mandelli) a raggiungere l’amata zia Lucy (Imelda Staunton), che ora risiede presso la Casa per orsi in pensione a Lima, in Perù, della Reverenda Madre (Olivia Colman). Con lui la famiglia Brown – Henry (Hugh Bonneville), Mary (Emily Mortimer), Jonathan (Samuel Joslin) e Judy (Madeleine Harris) – al seguito in un’avventura elettrizzante che li porterà assieme ai navigatori Hunter Cabot (Antonio Banderas) e la figlia Gina (Carla Tous) in un viaggio inaspettato attraverso la foresta amazzonica e fin dentro le viscere di un mistero leggendario: le porte della città di El Dorado. Dal 20 febbraio al cinema con Sony Pictures arriva Paddington in Perù, opera prima di Dougal Wilson che prende il timone registico dopo Paul King che aveva curato la resa per immagini dei predecessori.

La sfida di Wonka era fin troppo grande perché King potesse essere della partita per Paddington in Perù. Non prima, però, di darvi la sua impronta. Il soggetto alla base della terza avventura dell’orsetto nato dalla penna e dalla fantasia di Michael Bond nel 1958 è, infatti, co-firmato proprio da King che nel 2017 propose un concept poi sviluppato in sceneggiatura da Mark Burton, James Lamont e Jon Foster, su di un’avventura esotica e misteriosa per Paddington che raccontava di leggende Inca, di ossessioni secolari, di barche con cui risalire il Rio delle Amazzoni e del tesoro perduto della mitica città di El Dorado. No, non è un caso – e i cinefili di ferro avranno già intuito di cosa stiamo parlando – su diretta ammissione di King il concept alla base del film è dichiaratamente ispirato ad Aguirre: Furore di Dio e Fitzcarraldo di Werner Herzog!

Ma ovviamente è sempre di un film di Paddington che stiamo parlando. Il (doppio) viaggio fluviale herzoghiano diventa qui una magnifica, coloratissima e dolcissima parabola sul compiere il primo passo con cui uscire dalla propria comfort-zone, prendere la vita di petto, avventurarsi nel mondo e magari provare ad arrivare così lontano da scoprire qualcosa di più di sé stessi. E non solo, perché ci ricorda della forza dei legami, Paddington in Perù, ci parla di tribù e famiglia, di distanza e appartenenza, e di quanto può essere buona la marmellata d’arance. E se per farlo ti servi di un Banderas villain caotico e buffo e di una Colman esilarante con cui citare apertamente Tutti insieme appassionatamente, tutto diventa talmente naturale e puro da sembrare semplice. Un miracolo, un film che vi farà commuovere e divertire come davvero sanno fare in pochi.
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