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Paddington 2 | L’empatia di un orso e quel film che dovreste rivedere

La seconda avventura dell’orsetto pasticcione? Perfetta, sotto tutti i punti di vista

Paddington 2
L'orsetto Paddington

ROMA – Perché dovreste rivedere Paddington 2? Semplice, perché è uno dei migliori film del decennio, capace di sfiorare nel 2018 addirittura gli Oscar, con una candidatura poi sfumata che ha mandato su tutte le furie i critici di mezzo mondo. E, in un’Era fatta di stelle, stelline e percentuali, il sequel co-scritto e diretto da Paul King, arrivato dopo il successo del 2014, è tra i film che hanno registrato la più alta media di positive reviews. Da Rotten Tomatoes e IndieWire, fino al prestigioso Guardian, che lo ha messo tra le cento pellicole più belle prodotte dopo il 2000. Alla faccia di chi dice che i sequel non sono all’altezza dell’originale.

Paddington, orsetto di quartiere

Ma, tralasciando la freddezza dei numeri, e abbracciando invece il calore del piccolo, pasticcione orso creato dalla mente di Michael Bond, eccoci di nuovo insieme a lui e ai Brown, famiglia (adottiva) che l’ha accolto come fosse uno di loro. Infatti, se nel primo film Paddington era un vero e proprio rifugiato, dovendosela vedere con la diffidenza della comunità verso un diverso, nel secondo capitolo è ormai il beniamino di Londra. A proposito, lì l’orsetto è un vero e proprio simbolo popolare, divenuto anche una metafora politica per far capire quanto inutile sia la Brexit, in un Paese che da sempre ha una forte connotazione liberale, nonché di inclusione. Digressione sociale a parte, la poetica dell’orso ghiotto di marmellata all’arancia, qui, è ancora più forte.

Paddington e quel carcere colorato di rosa

Si parla ai piccoli, è chiaro, con una comicità fisica irresistibile, ma i messaggi più potenti sono tutti rivolti ai grandi. Il valore della gentilezza, la forza delle idee, l’unione, la condivisione. E allora, se le immagini in CGI sono strabilianti, la sceneggiatura (firmata insieme a Simon Farnaby) è di marmo: un intreccio di situazioni e svolte, dove Paddington, accusato ingiustamente di aver rubato un libro pop-up (che avrebbe dovuto regalare a sua zia, il giorno del compleanno…), viene rinchiuso in un carcere vittoriano, oscuro e spaventoso, ma capace di cambiare proprio grazie all’empatia dell’orso; grazie alla sua (in)volontaria dote di scovare il buono nelle persone, qualunque esse siano.

La famiglia Brown al completo

Dall’altra parte, il cattivo di turno. Non una macchietta, né un comprimario, ma un villain a regola d’arte, interpretato da uno Hugh Grant tanto giggione quanto perfetto nel suo prendersi poco sul serio, vestendo i (molteplici) panni di un attore decaduto e finito ad essere fenomeno da baraccone. In mezzo, riecco Henry, Mary Brown (Hugh Boneville e Sally Hawkins), i loro figli (Madelein Harris e Samul Joslin) e la signora Bird (Julie Walters), ad indagare caparbiamente su chi abbia sottratto davvero il prezioso libro. Infatti, Paddington, nonostante gli occhi puliti e il cuore buono, diventa il paragone di una giustizia sommaria (!), frettolosa nel giudicare e poco avvezza ad approfondire. Messaggio enorme per un film bellissimo. Anzi, perfetto. Proprio come la pancia tonda di un orsetto goloso.

Qui potete vedere il trailer di Paddington 2:

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