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Mon Crime | Isabelle Huppert, Fabrice Luchini e il gioiellino firmato François Ozon

Un grande cast per un giallo d’epoca godibile e assolutamente irresistibile. Ecco perché vederlo

Mon Crime
François Ozon con Isabelle Huppert e Fabrice Luchini sul set di Mon Crime.

MILANO – Colto, sofisticato, cinefilo, citazionista, imprevedibile, prolifico: sono solo alcuni degli aggettivi con cui potremmo a ragion veduta definire François Ozon, uno dei più importanti registi francesi contemporanei arrivato a venticinque anni dal suo primo film (Sitcom, 1998) e ovviamente più volte protagonista della nostra rubrica French Touch (trovate qui le altre puntate) dedicata al cinema transalpino. Siamo ancora in attesa del suo Peter Von Kant, remake al maschile del capolavoro di Fassbinder con Denis Ménochet, ma arriva già nelle sale il successivo Mon Crime – La colpevole sono io in cui, comme d’habitude, il regista parigino cambia totalmente registro, tornando ai toni della commedia. Liberamente ispirato all’omonima pièce del 1934 di Georges Berr e Louis Verneuil, Mon Crime ci riporta proprio agli anni Trenta per narrare la vicenda di Madeleine Verdier (Nadia Tereszkiewicz), una giovane attrice prossima allo sfratto.

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L’accusata e la difesa: Nadia Tereszkiewicz e Rebecca Marder.

Madeleine, con la complicità della coinquilina avvocatessa Pauline Mauléon (Rebecca Marder), trarrà beneficio dall’omicidio (non commesso) di un rispettato produttore per denaro. Non è stata però lei a uccidere il facoltoso Montferrand, ma dichiararsi colpevole le darà l’occasione di entrare in tribunale per quello che sarà il primo grande ruolo da attrice. «Questo caso è uno spasso»: una frase non casuale in un film molto parlato riassume al meglio la vocazione dell’opera di Ozon che – evidentemente – si diverte nel riportare in vita la tradizione della screwball comedy, la commedia classica statunitense degli anni Trenta e Quaranta, adattandola (e fortunatamente neanche troppo) ad una sensibilità più moderna. Ozon ne approfitta per citare il suo stesso cinema, facendo coesistere sullo schermo tantissimi volti che hanno popolato il suo universo più o meno recente.

Mon Crime
Isabelle Huppert tra Rebecca Marder e Nadia Tereszkiewicz

Un gioco nel gioco durante la visione con un mix di divi e caratteristi magnificamente assortito: Isabelle Huppert (con Ozon già in Otto donne e un mistero), l’amico Fabrice Luchini (che era in Potiche e Nella casa), André Dussollier (È andato tutto bene), Félix Lefebvre (Estate ‘85) e la new entry d’eccezione Dany Boon si alternano in scena in un trionfo di performance memorabili e sopra le righe. È evidente quanto tutti loro si siano divertiti nel prestare voce e gestualità a personaggi così eccentrici in un’opera che mai vuol celare la matrice teatrale. Eppure, non c’è interpretazione che stoni o distragga dall’intreccio principale in cui brillano Nadia Tereszkiewicz, reduce dal César come miglior promessa in Forever Young – Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi (curiosamente anche lì interpretava un’attrice) e Rebecca Marder, già splendida protagonista del bel Une jeune fille qui va bien, debutto alla regia di a Sandrine Kiberlain e mai distribuito in Italia dopo il passaggio al Torino Film Festival.

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Fabrice Luchini e la new entry nel mondo di Ozon: Dany Boon.

Sia ben chiaro che – come spesso accade per le opere di Ozon – la sofisticatezza della pellicola va saputa riconoscere e apprezzare, perché è ben celata dietro un’estrema naturalezza di intenti che rischia di apparire poco sostanziosa ad un occhio più distratto o alla sua prima volta nel mondo ozoniano. Tutto in Mon Crime concorre alla creazione di un’atmosfera, ancor prima che alla veicolazione di sacrosanti messaggi femministi. Raccontando spassosamente i paradossi della condizione femminile negli anni Trenta, pur con un evidente riferimento all’oggi, il film si pone peraltro come ideale punto d’arrivo di una trilogia iniziata più di vent’anni fa con Otto donne e un mistero (poi rifatto anche in Italia con 7 donne e un mistero) e proseguita poi con Potiche – La bella statuina (protagonista di un French Touch targato Hot Corn proprio qui).

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L’imputata Nadia Tereszkiewicz in una scena del film.

Alla riuscita dell’operazione di Mon Crime concorre anche la bella colonna sonora firmata da un veterano come Philippe Rombi (potete ascoltarne qui un estratto) che chiarisce la natura farsesca della pellicola, coadiuvata da uno splendido lavoro su scenografia e costumi che fanno del film un prezioso divertissement. Sostanzialmente Ozon invita così lo spettatore a sedersi in sala e a lasciarsi andare alla bellezza della sua opera d’arte per se stessa, non potendo evitare di inserire qui e là le preziosità di cui è sempre intriso il suo modo di far film e il suo cinema di alta qualità. Qui ci ricorda in più passaggi la lezione di Ernst Lubitsch, Howard Hawks, George Cukor e Billy Wilder e per noi spettatori è solo un gran regalo…

  • FRENCH TOUCH | Il cinema francese secondo Hot Corn
  • VIDEO | Il trailer di Mon Crime:

 

 

 

 

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