in

Martin Scorsese: «Il valore del restauro, il ritiro e l’evoluzione del cinema»

Al Museo del Cinema di Torino, Scorsese parla a ruota libera tra passato, presente e futuro del cinema

Martin Scorsese
Martin Scorsese

TORINO – Il Museo del Cinema di Torino omaggia Martin Scorsese con il Premio Stella della Mole a cui seguiranno due giorni dedicati al regista americano a cui seguirà una masterclass e una retrospettiva. In mattinata, però, la conferenza stampa. L’incontro si è aperto con la consegna da parte del Museo Enzo Ghigo e del direttore Domenico De Gaetano dei negativi originali dell’immortale Cabiria. Pellicola del 1914 di Giovanni Pastrone con cartelli di Gabriele D’Annunzio che quest’anno festeggia il centenario. Ha poi iniziato a tenere banco Scorsese, parlando a ruota libera di serialità e streaming, di un nuovo e vecchio pubblico, di cinema e della situazione politica americana.

Martin Scorsese in un momento della conferenza stampa al Museo del Cinema di Torino
Martin Scorsese in un momento della conferenza stampa al Museo del Cinema di Torino

RESTAURI E Z-CHANNEL – « È iniziato tutto quando abbiamo cercato di trovare buone copie di film che volevamo vedere. A quell’epoca dovete capire che le possibilità di trovare materiali erano poche tranne con i repertory theatre. Erano piccoli cinema dove si potevano vedere piccoli film. Ma presto, con Jay Cocks, Brian De Palma e lo stesso Spielberg, ci siamo resi conto che i film che guardavamo, a meno che non riuscivamo ad ottenere l’autorizzazione a vedere i negativi originali, sarebbero comunque andati perduti. Erano lavori, opere che andavano dal 1935 al 1960, film che ci avevano ispirati a diventare registi. Al tempo lo studio system era collassato, non c’era ancora la Z Channel, e una volta che uscivano le stampe finiva tutto e i soldi del film venivano reinvestiti. Non c’era nessuno che si prendeva cura della longevità del lavoro. Non solo dei negativi, ma anche delle stampe e fino al 1952 si parlava di nitrati che potevano esplodere e bruciali. I negativi originali di Quarto Potere bruciarono negli anni Settanta. Iniziammo così a chiedere i film in giro, e trovammo perfino versioni complete di film perduti. Facemmo pellegrinaggi da un cinema all’altro per trovarli e non parlo solo di film in bianco e nero, ma anche di film a colori. Solo che al tempo la stampa a colori divenne poco costosa e la qualità era limitata, in pochi anni i rossi diventavano rosa. Con la Z-Channel cambiò tutto, i film venivano mostrati senza interruzioni e lì iniziai a scoprire il cinema di Polanski, Johnny Guitar…».

Johnny Guitar di Nicholas Ray, uno dei film del cuore di Scorsese scoperti con la Z-Channel
Johnny Guitar di Nicholas Ray, uno dei film del cuore di Scorsese scoperti con la Z-Channel

THE FILM FOUNDATION – «Fino al 1989 non ebbi molti risultati finché non cominciò a girare la voce che stavo iniziando a girare Quei Bravi Ragazzi. La Warner si mostrò interessata, con Lucas, Kopler, Kubrick, Allen, Pollack, ci mettemmo assieme e fondammo la The Film Foundation sotto l’egida di Bob Rosen. Con la The Film Foundation presentammo a ogni capo di studio un volume di film che possedevano. Mentre giravo Quei Bravi Ragazzi mi occupavo anche di questo. Pensai, ok, mettiamo assieme questi volumi per la Warner, MGM, Columbia, Paramount, Universal, e arriviamo al front-office. Volevamo provare a contattare gli archivisti in modo da collegare gli Studios dove spesso venivano trattati come ladri. Gli archivisti non erano ladri. Non siamo ladri. Volevamo solo salvare il cinema per mostrare i film all’UCLA, agli studenti. scegliendo quali titoli far selezionare per la conservazioni e quali agli Studios. Messi insieme i finanziamenti riuscimmo a fare in modo da poter sviluppare più entità di oltre duemila film».

Un'immagine promozionale di Quei Bravi Ragazzi di Martin Scorsese
Un’immagine promozionale di Quei Bravi Ragazzi di Martin Scorsese

RITIRO? – «Intanto, il film su Frank Sinatra è stato rimandato, su quello su Gesù ci ci sto lavorando, ma no, non intendo minimamente dire arrivederci al cinema. Intendo fare molti film e spero che Dio mi dia la forza (e i soldi) per poterli fare. Io lavoro anche nell’ambito non fiction. Mi piace molto il mix tra fiction e non fiction passato e presente. Guardo al mondo antico e mi sono appassionato a vedere gli scavi archeologici in persona per vedere come funzionava nei mondi di tanti anni fa, tipo in Sicilia, ed ecco perché sono executive di un docufilm sull’archeologia, ed ecco il perché della mia visita nel Sud Italia. Spero di visitare dove è nato il mio nonno, Francesco Scorsese, anzi, Scorzese, sono gli americani che glielo hanno cambiato. È un viaggio sentimentale il cinema, spero di poter pensare a dei film nati da quest’esperienza».

Un momento di Gangs of New York
Un momento di Gangs of New York

L’AMERICA – «Quando abbiamo girato Gangs of New York a Cinecittà abbiamo scavato nelle memorie del passato, nella nascita del paese America e di questo esperimento di governo noto come Democrazia. L’idea dell’immigrato, di chi va da qualche parte come fecero gli italiani negli USA, la possibilità di gestire con successo questo esperimento. All’epoca c’era Bill il Macellaio e quei gruppi ci sono ancora. Succede di nuovo, ancora, avremo le stesse lotte, Non sapremo cosa può accadere nelle prossime settimane, può continuare come può finire l’esperimento della Democrazia, ma per motivi culturali, legati alla smania di informazione e disinformazione. È un momento che non pensavo che avrei vissuto. Durante Gangs of New York pensavo sempre a Fellini e al Satyricon. Quella era una fantascienza al contrario, una previsione tragicamente azzeccata».

Robert De Niro, Al Pacino e Ray Romano in una scena di The Irishman
Robert De Niro, Al Pacino e Ray Romano in una scena di The Irishman

EVOLUZIONE – «Il cinema evolve, è ancora al livello di infanzia, che sia Tik Tok, o un lungometraggio sul grande schermo, ma c’è una domanda che dobbiamo porci: Come si continua a raccontare storie? Perché vogliamo raccontarle? Chi siamo noi e cosa vogliamo dire loro? Chi siamo per poterci identificare a vicenda. Il cinema per come lo conoscevamo, può finire su un tablet o magari in un chip sottocutaneo, è un discorso comune parlare di realtà virtuale. l’Amleto in realtà virtuale, ve lo immaginate? Dipende da ciò che si vuole dire, dalla propria passione, e quanto ci si tenga a dire qualcosa. Se si è in grado di comunicare al fine di migliorare gli aspetti positivi della civiltà anziché strappare e demolire tutto. Informazione, conoscenza ma anche disinformazione. Il cinema può essere espresso in ogni modo, anche su Tik Tok, perché no?!? Gli strumenti sono infiniti, il cinema è infinito, siamo solo all’inizio».

Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, al cinema dal 18 ottobre per 01Distribution
Una scena di Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese

LA VIOLENZA – «La violenza è parte di ciò che siamo. E credo che sia qualcosa di essenziale, è l’essenza della storia, del vivere in strada, ho visto gente provare a vivere vite decenti con tanta violenza intorno e gente decente fare cose (molto) brutte. C’è attrazione nella violenza, non ci divertiamo a essere violenti, ma fa parte del nostro essere, A volte la violenza è brutta ma è la vita che ho visto quand’ero giovane, la vita che mi circondava, a esserlo. La strada è una cosa, ritrovarsi in una riunione in uno studio e tutta un’altra cosa. C’è una violenza civilizzata, quando si evita di guardare, quando si ostracizza. Questa è violenza, ma intendo esplorare questi aspetti, è scomodo eh? A volte lo sono stato (violento nda). Ora ho 82 anni, non lo so, in Killers of the Flower Moon, guardatelo, il protagonista adora i nativi ma sa già che moriranno. Noi arriviamo, prendiamo la loro terra e loro devono sparire».

Sul set di Boardwalk Empire
Sul set di Boardwalk Empire

LA TELEVISIONE – «Di Boardwalk Empire sono stato produttore, la serie è andata bene ma, a dirla tutta, non ho potuto fare quello che ha fatto Sorrentino con Young Pope che si è occupato di tutte le sequenze. Per quella serie avrei avuto bisogno di una vita intera, non credo che avrei potuto avere il supporto tecnico adatto. Riguardo lo streaming, penso che l’elemento di svolta sia stato The Irishman. Ci tenevo molto a realizzarlo con De Niro, Pesci e Pacino, ma sapevamo che ci saremmo ritrovati ad adottare tecniche nuove che costavano parecchio. Richiedeva molti fondi il film, fondi che solo Netflix ci ha voluto dare. Al cinema sarebbe rimasto per 6-7 settimane, ma è diverso, è la passione nel voler raccontare la storia ad animare il progetto, ma qual è la forma ideale? Renderlo un film di sei ore come Novecento o quattro come C’era una volta in America? Ora c’è un pubblico diverso. Un pubblico che guarda sul divano 3-4 ore di qualcosa, e questo può essere trasferito al cinema? Ci passerebbe quel tempo al cinema? Si può sperimentare quel tipo di storytelling in sala? Con The Irishman e Killers of the Flower Moon, guardarli al cinema, tutto d’un fiato, è una cosa, vederlo sul divano un’altra. Penso più a una forma romanzesca che non a un racconto per così dire».

  • OPINIONI | Killers of the Flower Moon, la recensione
  • LONGFORM | Fuori Orario, la storia di un cult
  • ROCK CORN | L’ultimo Valzer, l’ultima volta dei Band
  • VIDEO | Qui per il trailer di Alice non abita più qui: 

Lascia un Commento

Un estratto dalla locandina ufficiale di Starting 5, dal 9 ottobre su Netflix

VIDEO | LeBron James, Anthony Edwards e una clip in anteprima di Starting 5

Una scena di Máquina - Il Pugile, dal 9 ottobre su Disney+

VIDEO | Gael García Bernal, Diego Luna e una clip di Máquina – Il Pugile