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L’Ultimo Valzer | Robbie Robertson, l’omaggio di Martin Scorsese e l’ultima volta della Band

Làszlò Kovàcs e Bob Dylan, Mannish Boy e quel ricordo. Celebrare Robertson e (anche) quel film

Jaime Robbie Robertson, classe 1943, scomparso il 9 agosto.

ROMA – Alla fine della prima metà degli anni Settanta, Robbie Robertson – appena scomparso a 80 anni – decise che per The Band, gruppo formato nel 1967, era tempo di appendere il microfono al chiodo e dire addio alle tournée per concentrarsi unicamente sulle sessioni in studio. Una decisione figlia di due fattori: da una parte il tour promozionale di Northern Lights – Southern Cross che non ebbe grande ritorno commerciale, dall’altra anche il grave infortunio al collo occorso a Richard Manuel (scomparso poi nel 1986) in un incidente in barca. Questo spinse Robertson a una riflessione: «Dissi ai ragazzi: mi piace la musica che facciamo, ma non voglio più portarla in giro. Non stiamo imparando da lei, non stiamo crescendo con lei…». Così giunse il momento di ritirarsi e andare oltre. Arrivò il momento de L’ultimo valzer.

L'ultimo valzer di Martin Scorsese fu distribuito nei cinema statunitensi il 26 aprile 1978
L’ultimo valzer di Martin Scorsese fu distribuito nei cinema il 26 aprile 1978

Quel momento fu il 25 novembre 1976 alla Winterland Ballroom di San Francisco. Promosso e organizzato da Bill Graham, l’ultimo valzer della Band fu un evento straordinario che vide coinvolte oltre 300 maestranze e un pubblico pagante di 5000 persone. A tenere banco furono anche e soprattutto gli ospiti d’eccezione con i poeti Lawrence Ferlinghetti, Lenore Kandel, Diane di Prima, Michael McClure, Robert Duncan Freewheelin’ Frank che tennero letture. Ma non solo, perché c’erano anche ospiti musicali come Muddy Waters, Paul Butterfield, Neil Diamond, Eric Clapton, Stephen Stills, Joni Mitchell, Ringo Starr, Ronnie Wood, Bobby Charles, Ronnie Hawkins, Van Morrison, Emmylou Harris e Bob Dylan. L’obiettivo di Robertson? Invitare tutti gli artisti che con la loro musica avevano in qualche modo contribuito a rendere unica la Band.

Il disclaimer in apertura de L'ultimo valzer di Martin Scorsese
Il disclaimer in apertura de L’ultimo valzer: un avvertimento meraviglioso…

E quindi il rock n’roll di New Orleans, il folk, il blues inglese e quello di Chicago. Ben presto – parafrasando la tagline de L’ultimo valzer It Started as a Concert. It Became a Celebration») quel concerto d’addio divenne una celebrazione della musica, della vita, della Band, e di riflesso della storia americana in un Novecento che stava per finire e aveva ancora molte ferite addosso. Qualcosa di straordinario se pensiamo che fu organizzato da Robertson e Graham in sole sei settimane in cui pensarono a tutto, perfino a chi si sarebbe occupato delle riprese. L’ambizione di Robertson era tale da spingersi a ingaggiare Martin Scorsese, fresco vincitore della Palma d’oro a Cannes per Taxi Driver, che sapeva essere uno sfegatato fan di Van Morrison: «Van Morrison? Stai scherzando? Devo farlo, non ho scelta», rispose Scorsese.

Il film racconta l'ultima volta dal vivo dei The Band di Robbie Robertson
L’ultimo valzer racconta l’ultima volta dal vivo della Band di Robbie Robertson

Assieme a Scorsese una squadra di operatori e tecnici degna di un kolossal, basti pensare che le telecamere de L’ultimo valzer (che oggi trovate solo su Apple Tv) furono gestite dai direttori della fotografia come Michael Chapman (che poi prese la nomination per Toro Scatenato), Vilmos Zsigmond (che un anno dopo vinse l’Oscar per Incontri ravvicinati del terzo tipo) e Làszlò Kovàcs (che aveva fatto Easy Rider e che poi Scorsese avrebbe portato su New York, New York). La scenografia del palco fu orchestrata da Boris Leven. Come se non bastasse, quando John Simon (il produttore del gruppo) gli fece avere i dettagli della scaletta, Scorsese creò gli storyboard di ogni canzone impostando l’illuminazione e i segnali della telecamera per adattarli alle interpretazioni. Una preparazione meticolosa che però dovette fare i conti con il caso. Perché, per ragioni logistiche, non fu possibile riprendere tutti i momenti del concerto, vedi la jam session di Stills passata agli annali. Ad un certo Scorsese ordinò una ricarica di pellicola per tutte le telecamere.

Joni Mitchell e Neil Young in un momento de L'ultimo valzer
Joni Mitchell e Neil Young in un momento de L’ultimo valzer

Solo che la chiese proprio nel momento in cui Muddy Waters (!) si stava esibendo con il suo cavallo di battaglia: Mannish Boy. Ora, Kovàcs, che proprio non riusciva più a gestire le continue e assillanti richieste di Scorsese, si tolse le cuffie, non avendo la minima idea che proprio in quel momento avrebbe dovuto fermarsi e aspettare istruzioni. Il risultato fu che, per usare le parole di Scorsese: «È stata solo fortuna se riuscimmo ad avere Mannish Boy nel film», una delle migliori esibizioni di Waters tra l’altro. Oltre a lui, accanto ai cavalli di battaglia dellaBand (It Makes No Difference, The Night They Drove Old Dixie Down, Life Is A Carnival, The Shape I’m In, The Weight), Joni Mitchell (Coyote) e Neil Young (Helpless).

Muddy Waters si esibì con Mannish Boy in L'ultimo valzer
Muddy Waters si esibì con Mannish Boy in L’ultimo valzer

Non ultimi Neil Diamond (Dry Your Eyes), Eric Clapton (Further on Up the Road) e Van Morrison (Tura Lura Lural). Ma, soprattutto, Bob Dylan l’unico a esibirsi più volte sul palco (Baby, Let Me Follow You Down, I Don’t Believe You, Forever Young, I Shall Be Released) complice le frequenti collaborazioni che ebbe con i The Band tra gli anni Sessanta-Settanta con tanto di tour promozionale nel 1974. Eppure, paradossalmente, è tra gli artisti meno presenti in L’ultimo valzer. Il motivo è da ricercarsi nel contemporaneo Renaldo e Clara, mastodontico documentario sul Rolling Thunder Revue da 232 minuti contenente il footage del concerto, interviste e bizzarre improvvisazioni teatrali con cui Dylan firmò la sua prima e unica regia cinematografica: un flop clamoroso al box-office.

Bob Dylan e Robbie Robertson in una scena de L'ultimo valzer
Bob Dylan e Robbie Robertson in una scena del film

In ogni caso fu un problema visto che la Warner Bros accettò di finanziare L’ultimo valzer con poco più di un milione e mezzo di dollari di budget principalmente per la corposa presenza proprio di Dylan. Solo il provvidenziale intervento di Graham permise al film-concerto di avere salva la presenza nella pellicola (si vede in Forever Young e I Shall Be Released) e di riflesso la sua stessa realizzazione. Seguirà una lunga post-produzione inframezzata dagli impegni di Scorsese per New York, New York e Ragazzo americano (il breve documentario su Steven Prince), in cui l’audio delle esibizioni fu ripulito e il film-concerto fu arricchito della sua altra componente madre: l’intervista-fiume che Scorsese fece con Robertson e i membri dellaBand da cui emerge cuore, anima e riflessioni a ruota libera su sedici anni di carriera.

L'ultimo valzer fu presentato fuori concorso al Festival di Cannes 1978
L’ultimo valzer fu presentato fuori concorso al Festival di Cannes 1978

Quest’ultima fu un’intuizione di Brian De Palma che – dopo una aver visionato un cut preliminare de L’ultimo valzer – disse a Scorsese che l’unico modo per dare un senso a quelle interviste era di potenziarne la resa nell’intensità e nei contributi così da non renderle un corpo estraneo. Ci vide bene. A onor del vero al box-office L’ultimo valzer incassò una manciata di migliaia di dollari. Distribuito nei cinema statunitensi il 26 aprile 1978, totalizzò poco più di 340.000 dollari, ma poco importa, perché lì cominciava la leggenda. Quello di Scorsese fu infatti l’omaggio più genuino, spontaneo e sentito possibile per uno dei più grandi gruppi musicali di tutti i tempi, parola dello stesso Robertson: «Ci salutammo l’un l’altro come se avessimo appena realizzato una delle migliori celebrazioni musicali nella storia del rock».

L'ultimo valzer di Martin Scorsese, il concerto d'addio dei The Band e la celebrazione di un mito
L’ultimo valzer di Martin Scorsese, il concerto d’addio e la celebrazione di un mito

Tra Robertson e Scorsese nacque un rapporto di vera amicizia, un sodalizio quarantennale che lo ha visto accreditato poi come consulente musicale di alcuni grandi classici di ieri e di oggi: Toro Scatenato, Re per una Notte, Gangs of New York, Shutter Island, Silence e The Irishman. Non solo: il prossimo film del regista, Killers Of The Flower Moon, avrà proprio la colonna sonora postuma dell’amico Robbie. Non stupisce quindi di come, all’indomani della scomparsa, Scorsese abbia espresso simili parole sul suo amico: «Robbie è stato uno dei miei più cari amici, una costante nella mia vita e nel mio lavoro. La musica della Band e poi quella da solista di Robbie sembravano provenire dal luogo più profondo nel cuore di questo continente, dalle sue tradizioni, tragedie e gioie. Non c’è mai abbastanza tempo con chi ami. E io ho adorato Robbie». E noi con lui.

  • LONGFORM | Toro Scatenato, la rinascita di Scorsese e LaMotta
  • PREVIEW | Killers of the Flower Moon, Scorsese e l’altra America
  • ROCK CORN | Quando la musica incontra il cinema

Qui sotto potete vedere una clip del film: 

 

 

 

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