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Mad Men | L’America di Don Draper, gli anni Sessanta e il sogno di un uomo

Matthew Weiner e Jon Hamm, ma anche Frank O’Hara e Manhattan. Ma perché dovreste (ri)vederla?

Mad Men
Jon Hamm nel ruolo di Don Draper, pubblicitario di Mad Men.

ROMA – New York, un’agenzia pubblicitaria a Madison Avenue (da cui il nome della serie) e tutto – o quasi – quello che riguarda l’America degli anni Sessanta, tra politica, sociologia e filosofia. Mad Men non è solo una semplice serie – conclusasi nel 2015 e ora su Infinity e MGM+ – ma uno sguardo affascinante sul mondo della pubblicità e sulla vita delle persone che lavoravano in quel settore in un momento storico in cui il consumismo e il boom economico fecero sì che il pubblicitario fosse uno dei ruoli più richiesti, l’uomo dei sogni. Il protagonista della serie è Don Draper (un Jon Hamm magnifico, enorme), direttore creativo talentuoso ed enigmatico di un’agenzia pubblicitaria chiamata Sterling Cooper. La serie ruota intorno alla vita professionale e personale di Don, oltre che a quella dei colleghi e della sua famiglia, a partire dalla moglie Betty (January Jones).

Mad Men
Lo stile: Roger Sterling e Don Draper ovvero e John Slattery Jon Hamm.

La serie di Matthew Weiner – già dietro ad un altro grande capolavoro, I Soprano di David Chase, di cui fu produttore – trasporta gli spettatori nel mondo affascinante della New York degli anni Sessanta, scenario in cui si intrecciano le vite e le carriere dei dipendenti della Sterling Cooper, e dello stesso Draper. Puntata dopo puntata, Mad Men esplora molti temi (incredibilmente) attuali, dall’identità personale all’ambizione, dalla moralità al cambiamento sociale passando per la famiglia, sempre attraverso personaggi complessi e ricchi di sfumature, che lottano per bilanciare le loro aspirazioni personali e professionali in un’America in continua evoluzione che corre senza freni in bilico tra la Coca-Cola e il Vietnam. Il Don Draper di Hamm è il fulcro di tutto, un personaggio stilosissimo (mai una cravatta fuori posto) che si ama e si odia senza vie di mezzo, carismatico, misterioso e in grado di illudere sia i propri clienti che se stesso. Un personaggio estremamente complesso, inespressivo, in continua lotta con il suo passato (misterioso), presente e futuro, così come con la famiglia, i colleghi e le amanti. Don Draper – di fatto – è l’America.

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Betty Draper, interpretata da January Jones, un ruolo chiave per la serie.

Ma non c’è solo Don, perché il cast include personaggi dalle storie differenti e profonde, ognuna meritevole di attenzione. Un esempio? Peggy Olson (Elisabeth Moss, che poi sarebbe diventata una diva), segretaria che si eleva a copywriter e dirigente; Roger Sterling (John Slattery), uno dei soci più arguti e cinici dell’agenzia; Joan Holloway (Christina Hendricks), esperta e seducente capoufficio; Pete Campbell (Vincent Kartheiser), un account executive ambizioso e spietato senza qualità; e poi Betty Draper, appunto, la bella (e infelice) moglie di Don, specchio lampante dell’emarginazione femminile dell’epoca. Betty infatti è in netto contrasto con le altre donne della serie, in particolare con Joan e Peggy, poiché esiliata dal mondo del lavoro a causa della sua educazione, della sua classe sociale, della sua istruzione e del suo stato civile.

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Don Draper e Peggy Olson, Elisabeth Moss, altra figura centrale di Mad Men.

Mad Men però ha il grande merito di non offrire (mai) risposte facili, anzi, non fa intendere chi abbia ragione e chi no. È una serie che sfida gli spettatori a pensare in modo critico ed empatico ai personaggi e alle loro scelte, nonché al contesto sociale e culturale in cui vivono. Rivela il lato oscuro del sogno americano, ma celebra anche la creatività e la resilienza dello spirito umano. È uno spettacolo che ritrae il mutevole panorama sociale e culturale degli anni Sessanta, dai diritti civili al femminismo al consumismo e ai mass media. È una serie che non si risparmia nell’esporre le contraddizioni e le ipocrisie dei suoi personaggi e della loro società e invita gli spettatori a riflettere sulla propria vita e sul proprio tempo, oltre che sulle somiglianze e le differenze tra allora e oggi.

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Jon Hamm legge Meditations in an Emergency di Frank O’Hara.

Perché Mad Men non è solo una serie televisiva, ma una rappresentazione magistrale degli anni ‘60 anche attraverso la musica, la letteratura, l’arte e il cinema dell’epoca: Don Draper viene visto leggere Meditations in an Emergency di Frank O’Hara, una raccolta di poesie che racchiude l’angoscia esistenziale degli anni Sessanta, non un dettaglio casuale, anzi una visione delle lotte interiori e della complessità emotiva di Draper. Allo stesso modo, i riferimenti ai Beatles e a Bob Dylan non sono solo cenni alla musica del periodo, ma servono anche a commentare il cambiamento delle mode e tendenze in atto in quegli anni. Ogni episodio poi sembra essere infuso con i marchi dell’epoca, dalle sigarette Lucky Strike al proiettore di diapositive Carousel della Kodak. Anche qui la scelta non è mai casuale, perché quei marchi sono spesso legati all’esplorazione del consumismo, dell’identità e dell’ascesa della pubblicità negli anni Sessanta.

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La fine della settima stagione: la California.

E poi c’è la storia, con la crisi dei missili di Cuba, l’assassinio di Kennedy, lo sbarco
sulla Luna, eventi tessuti nella narrazione, quasi in modo da influenzare la vita dei personaggi in modo profondo. La vera genialità di Mad Men sta nel fatto che questi riferimenti non sono mai casuali o semplicemente ostentati come conoscenze storiche, ma scelti di proposito e posizionati con attenzione per amplificare le trame, gli archi dei personaggi e i temi. Per esempio, il passaggio di Sally Draper (Kiernan Shipka) da bambina ingenua ad adolescente disillusa, sullo sfondo della perdita dell’innocenza della nazione dopo l’assassinio di Kennedy, è uno dei tanti casi di questo attento allineamento. Una serie potente, da studiare nelle scuole di comunicazione, che vi farà ridere, piangere e riflettere (tanto). Vi farà anche venire voglia di bere whisky, fumare Lucky Strike, indossare abiti classici e ascoltare Dean Martin fingendo di essere Don Draper. Imperdibile.

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