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Tokyo Vice | Ansel Elgort, lo sguardo di Michael Mann e il lato oscuro del Giappone

Ken Watanabe, Tokyo, il libro di Jake Adelstein, la yakuza: perché recuperarla in streaming

Tokyo Vice
Ansel Elgort e Ken Watanabe ovvero Jake e Hiroto.

ROMA – Attesa per molto tempo e poi approdata su Paramount+ senza troppo clamore (ma perché?), Tokyo Vice è la serie crime creata da un drammaturgo come J. T. Rogers e diretta da un maestro come Michael Mann, di cui vedremo in futuro Ferrari con Adam Driver e già dietro a cult come Heat, Collateral e – ovviamente – Miami Vice, a cui (evidentemente) rimanda il titolo di questa nuova produzione, già rinnovata da HBO per una seconda stagione. Sebbene sia stata distribuita negli Stati Uniti l’anno scorso su HBO Max, in Italia però è arrivata in sordina qualche mese dopo, a novembre, su Paramount+ e non se ne è parlato molto. Peccato, perché questo viaggio attraverso la parte meno conosciuta del Giappone rimane un’avventura godibile e potente dal primo all’ultimo episodio, sigla compresa.

Tokyo Vice
Ansel Elgort, primo a sinistra, nel ruolo del giornalista Jake Adelstein.

Tokyo Vice è costruita sull’omonimo romanzo del 2009 scritto da Jake Adelstein (in Italia pubblicato da Mondadori), un giornalista americano trasferitosi a Tokyo negli anni Novanta per lavorare per il più grande periodico del paese, lo Yomiuri Shinbun. Lì, Adelstein ha iniziato ad investigare sul mondo della criminalità organizzata, raccogliendo informazioni sui clan e sul loro modus operandi. L’adattamento di Rogers (recuperate il suo Oslo su NOW se potete) romanza il libro conservando alcuni dettagli e il personaggio principale, perché segue proprio le vicende di Jake Adelstein, interpretato da un Ansel Elgort spettinato e molto distratto (con vaga ispirazione al Don Johnson di Miami Vice). Con lui una serie di figure con cui si intrecciano le storie: tra questi, il membro della yakuza Sato (Shô Kasamatsu, noto per aver recitato nella serie nipponica Love You as The World Ends), il detective e mentore di Jake, Katagiri (Ken Watanabe), la hostess Samantha (Rachel Keller) e lo spietato boss Tozawa (Ayumi Tanida).

Tokyo Vice
La coppia Ansel Elgort & Ken Watanabe.

L’ambientazione in una frenetica Tokyo (un po’ alla Black Rain di Ridley Scott) viene presentata in tutta la sua dinamicità già dal pilot, diretto dallo stesso Mann, che con una colonna sonora incalzante (firmata da Danny Bensi & Saunder Jurriaans, scopritela qui perché merita) ci catapulta nella vita del giornalista e nelle vie piene di neon di Tokyo, quasi cyberpunk, una città viva che non è solo lo sfondo di una serie di crimini o di storie di gangster, ma anche tradizione, scherzi dietro ad un bancone, problemi legati al mondo lavorativo, vita familiare. Le performance degli attori sono notevoli, in particolare – nemmeno a dirlo – quella di Ken Watanabe, che regala al suo detective Hiroto Katagiri un’anima profonda ed enigmatica. Elgort invece è più umano, spesso spaesato, goffo ed estraneo: è il nostro punto di vista all’interno della serie e, nonostante la sua passione per la lingua, la cucina e i manga, è spesso sorpreso dai colpi di scena, ricordandoci che è solo un gaijin (straniero) in terra straniera.

Tokyo Vice
Luci, colori, insegne: la città vista da Tokyo Vice.

Il fulcro di Tokyo Vice è rappresentato dal rapporto tra Adelstein e Katagiri, allievo e mentore, padre e figlio, insicurezza e determinazione. La loro dinamica è uno degli aspetti più interessanti della serie, impegnati ad esplorare le rispettive storie, a rincorrere il proprio scopo e a cercare di tenersi a galla. L’altro protagonista indiscusso? La yakuza, bestia silente che agisce sotto gli occhi di tutti, ma di cui pochi parlano ed è interessante vedere quante differenze ci siano tra il concetto di mafia in Occidente e in Giappone. Se qui è un termine associato alla criminalità, nel Sol Levante è – paradossalmente – addirittura legalizzata, considerata libera associazione e non perseguibile penalmente. E qui i cliché legati agli yakuza, tra katane e rituali, vengono abbattuti, con imprenditori e uomini d’affari talmente influenti da essere infiltrati in società quotate in borsa e partiti di governo. Per chi vuole immergersi in un mondo affascinante e intrigante, ma anche per chi ama Mann e ha nostalgia di Miami Vice, una visione obbligata.

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