ROMA – C’è sempre stato qualcosa di tragico nella figura esile di Judy Garland. Come se la sua voce potente e profonda non riuscisse a proteggere del tutto quella donna in perenne lotta coi suoi fantasmi. Il suo era un talento cristallino, privo di imperfezioni. Ugola d’acciaio in un corpo da scricciolo, fragile e vulnerabile. Il biopic di Rupert Goold, Judy, dedicato agli ultimi anni di carriera di Mrs. Garland e ispirato al lavoro di Peter Quilter, End of the rainbow, la immortala nella fase crepuscolare della sua vita professionale, quando, ormai sola e in crisi finanziaria, decide di trasferirsi a Londra per una serie di concerti al Talk of the Town.

Nell’inverno del 1968, dunque, la diva attraversa La Manica per provare quel brivido che Hollywood le ha negato da tempo e vivere anche l’amore per Mickey Deans, suo quinto e ultimo marito. Ad interpretarla, Renée Zellweger, magra e sciupata, perfetta nel restituire sul grande schermo le paure di un’artista che teme di non saper essere più grande. Un ruolo da Oscar, come nelle previsioni. Ma chi era Judy Garland? Una cantante dalla classe indiscutibile, che inizia la carriera nel trio formato con le sorelle Mary Jane e Dorothy. Baby, questo il soprannome che le danno i genitori Marion e Frank, respira sin da piccola l’atmosfera del vaudeville e quando lascia il Minnesota, patria d’origine, alla volta di Los Angeles nel 1926, ha già in mente cosa vuol diventare da grande. Si iscrive con le sorelle ad una scuola di danza e lavora per diventare un’artista di varietà.

Nel 1935, l’arrivo a Hollywood, alla MGM, e l’inizio del sodalizio artistico con Mickey Rooney. Sono anni difficili, in cui la notorietà della Garland cresce pian piano, al pari dei problemi con droga e alcol. In tre anni arricchisce il sui curriculum professionale, fino ad arrivare ad uno dei ruoli chiave: quello di Dorothy in Il mago di Oz di Victor Fleming. Un film che la consacra come star, ma che tuttavia impiega qualche anno per diventare il cult movie che ancora oggi amiamo. Una delicata favola sul desiderio di una ragazzina di tornare a casa, impreziosita da una canzone leggendaria come Over the rainbow. Nel 1944, l’incontro con uno degli uomini più importanti della sua vita, quel Vincente Minnelli che la dirige nel bellissimo Incontriamoci a St. Louis e che sposerà nel 1945. Con Minnelli, padre della sua prima figlia, Liza, girerà altri due film, The Clock e Il pirata, sul set del quale avrà un grave esaurimento nervoso.

Negli anni ’50, carriera e vita privata sono destinate a cambiare ancora una volta. Divorzia da Minnelli, sposa Sid Luft, con il quale ha due figli, Lorna e Joey e gira la pellicola più dolorosa e matura, È nata una stella di George Cukor. Gli anni ’60 sono quelli della televisione, con una serie di programmi sulla CBS (uno dei quali cancellato nel 1964 dopo poche settimane), e dei concerti, compreso il memorabile show alla Carnegie Hall di New York che le frutterà 4 Grammy con la pubblicazione del doppio album dal vivo. Judy Garland, attrice, cantante sublime, icona gay, artista completa e autodistruttiva muore a Londra il 22 giugno del 1969, per overdose di barbiturici, 12 giorni dopo del suo quarantasettesimo compleanno.
- Qui potete vedere il trailer originale di Judy
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