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Da Se La Strada Potesse Parlare ai documentari | Perché recuperare James Baldwin oggi

Un film, un documentario, i libri, il messaggio politico: James Baldwin protagonista di Hot Corn Library

ROMA – «Beale Street è una strada di New Orleans, dove sono nati mio padre, Louis Armstrong e il jazz. Ogni afroamericano nato negli Stati Uniti è nato in Beale Street, è nato nel quartiere nero di qualche città americana, sia a Jackson, Mississippi, o Harlem, o New York. Beale Street è la nostra eredità. Il mio romanzo parla dell’impossibilità e della possibilità, della necessità assoluta, per dare espressione a questo lascito. Beale Street è una strada rumorosa. Lascio al lettore il compito di discernere un significato nelle percussioni dei tamburi». È James Baldwin a scrivere queste parole quando, nel 1974, uscì quello che ad oggi rimane probabilmente il suo romanzo più celebre: If Beale Street Could Talk, riportato in libreria qualche anno fa da Fandango (pp. 214 – 18,50 euro) insieme a La stanza di Giovanni e Congo Square.

James Baldwin e Medgar Evers
James Baldwin e Medgar Evers.

In quelle poche righe scritte per accompagnare il suo romanzo più implicitamente schierato, Baldwin racchiude l’essenza del suo pensiero, dei suoi scritti, della sua vita. Solo una manciata di anni prima aveva visto morire Medgar Evers, Malcolm X e Martin Luther King, simboli della lotta per l’uguaglianza nell’America della segregazione razziale, dell’ arroganza del Klu Klux Klan, della violenza insensata verso gli uomini e le donne di colore, che sentiva come fratelli e sorelle. Un romanzo nato dal dolore e dalla rabbia ma intriso di dignità, fiducia, amore. Come quello dei due protagonisti, Tish e Fonny, nati come Baldwin a Harlem e come lui figli simbolici di quella Beale Street di cui hanno raccolto l’eredità.

James Baldwin, un'immagine dello scrittore.
James Baldwin e la sua macchina da scrivere.

Una storia poi portata sullo schermo (e riportata alla luce) da Barry Jenkins nel suo magnifico Se la Strada Potesse Parlare – lo trovate in streaming su CHILI qui – con il regista che prendeva le parole di James Baldwin per tramutarle in immagini, fedele e rispettoso del testo ma anche altrettanto capace di infondere il suo sguardo personale per creare un parallelo, sottile quanto potente, con la situazione socio-politica attuale degli Stati Uniti. Il risultato? Tre nomination e un Oscar vinto (da Regina King), ma soprattutto la dimostrazione di quanto fosse (ancora) rilevante Baldwin.

James Baldwin, Joan Baez e James Forman in una foto scattata a Selma.
James Baldwin, Joan Baez e James Forman a Selma. Era il 1965.

Lo aveva già fatto, più esplicitamente, Raoul Peck con I Am Not Your Negro – anche questo lo trovate su CHILI – documentario ispirato all’incompiuto Remember This House, memoir in cui Baldwin ricordava l’impegno civile dei suoi amici, in cui il regista creava un parallelo con il movimento e la rilevanza storica del #BlackLivesMatter. Primo di nove figli, cresciuto all’ombra di un patrigno predicatore, James Baldwin, allontanandosi da quell’America razzista e bigotta per rifugiarsi nel Sud della Francia, riuscì a tramutare la lontananza in lucidità così da permettergli di analizzare il suo Paese con maggiore incisività.

James Baldwin e Nina Simone.
James Baldwin e Nina Simone all’inizio degli Anni Sessanta.

Una voce scomoda. Nero, gay e di sinistra, sorvegliato dall’FBI e osteggiato da una porzione della sua stessa comunità per le sue preferenze sessuali e l’impegno pacifista. La sua risposta a qualsiasi tipo di intimidazione fu sempre la stessa: continuare a far sentire la sua voce, che fosse tra i banchi di un convegno o tra le pagine di un libro. E Se la Strada Potesse Parlare ne è una dimostrazione. Un romanzo che parla «dell’impossibilità e della possibilità», di provare a continuare a scegliere il proprio destino anche quando se ne perde il comando per la prevaricazione altrui. Un filo rosso che collega ogni suo romanzo, dall’autobiografico Gridalo forte al discusso La Stanza di Giovanni, da Dimmi da quanto è partito il treno fino a Sulla mia testa.

James Baldwin, un'immagine dello scrittore.
1963, James Baldwin manifesta a favore dei diritti civili degli afroamericani.

Razzismo, omofobia, conflitto religioso, incarcerazioni di massa, relazioni interrazziali. Molto più di una semplice carriera letteraria. Perché, tra quelle parole battute a macchina e quei personaggi che tanto gli somigliavano, c’era (e c’è) una lotta civile combattuta attraverso un’arma potente come la cultura, in grado di regalare una forma di libertà impossibile da negare: la consapevolezza. «La libertà non è una cosa che si possa dare. La libertà, uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo…».

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